Con la sentenza n. 7376 del 28 marzo 2014, la Corte di Cassazione ha confermato il principio secondo cui un rapporto di lavoro subordinato con un ente pubblico non economico, se nullo in quanto non assistito da un regolare atto di nomina o perché vietato da norma imperativa, è pur sempre soggetto all’applicazione dell’art. 2126 c.c., con conseguente diritto del lavoratore a percepire il trattamento retributivo e la contribuzione previdenziale per il tempo in cui il rapporto ha avuto materiale esecuzione.
La pronuncia della Suprema Corte trae origine dall’impugnazione della sentenza della Corte d’Appello di Firenze, che aveva confermato quanto stabilito del Tribunale di Livorno in accoglimento delle domande avanzate dalla ricorrente volte ad ottenere la condanna dell’ente al pagamento – ai sensi dell’art. 2126 c.c. – delle retribuzioni non corrisposte, dell’indennità di preavviso e del TFR e ciò in conseguenza dell’accertamento della sussistenza di rapporto di lavoro subordinato tra le parti.
In estrema sintesi, la lavoratrice aveva prestato la propria attività lavorativa in favore dell’ente pubblico dal 1989 al 1999, in forza di contratti di collaborazione coordinata e continuativa. Nel corso del giudizio di primo grado veniva accertato che la ricorrente aveva lavorato in qualità di segretaria addetta all’amministrazione ed ai contatti con il pubblico e, all’esito della prova per testi, era emerso il carattere continuativo e regolare della prestazione svolta, soggetta a specifici orari e turni di lavoro.
Avverso la sentenza della Corte d’Appello, l’ente pubblico proponeva ricorso per Cassazione deducendo, a contrario, che tra le parti era intercorso un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa e rilevando altresì che, anche qualora il rapporto fosse considerato di lavoro subordinato, sarebbe – in mancanza di positivo superamento di concorso pubblico – nullo per illiceità della causa e dell’oggetto, con conseguente inapplicabilità dell’art. 2126 c.c. Con la sentenza in commento la Suprema Corte ha respinto in toto il ricorso presentato dall’ente.
Sotto il profilo della dedotta inapplicabilità dell’art. 2126 c.c., la Corte ha ribadito il proprio consolidato orientamento (cfr. Cass. 17.10.05, n. 20009 e Cass. 20.05.08, n. 12749) affermando che, anche al rapporto di lavoro subordinato nullo in quanto sorto con un ente pubblico non economico in assenza di un regolare atto di nomina, deve applicarsi l’art. 2126 c.c., con conseguente diritto del lavoratore, per il tempo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, al trattamento retributivo ed al versamento dei contributi previdenziali.
Per quanto riguarda, invece, la sussistenza nel caso di specie di un rapporto di lavoro subordinato, gli Ermellini hanno evidenziato che la rilevanza della volontà delle parti, ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro, non può essere disgiunta da una verifica in concreto delle caratteristiche e modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, per cui assume rilevanza la continuità della prestazione, l’inserimento stabile e prolungato nell’organizzazione dell’ente, nonché l’assoggettamento a specifici turni e orari di lavoro.
Sulla base di quanto esposto, la Corte di Cassazione ha, dunque, respinto le censure dell’ente, confermando la sentenza della Corte d’Appello di Firenze.