Tecnico di presa diretta, microfonista, montatore del suono, creatore di effetti sonori speciali, fonico e sound engineer sono solo alcune delle professionalità analoghe ed affini, ma non corrispondenti, che la dicitura tecnico del suono racchiude in sé. “Si lavora tutti sul suono. C’è chi collabora durante le riprese e vive la nascita del film, chi realizza il montaggio e chi esercita la propria professione in studio, dove allestisce, mette insieme tutti i suoni e dà vita alla colonna sonora. Poi c’è colui che registra musica in studio o chi fa la ripresa di un concerto; il fonico di palco, per esempio, si occupa dell’allestimento di un’esecuzione musicale, cioè la riproduzione di tutti i suoni verso una platea. Insomma ci sono delle specializzazioni: di base c’è chi lavora sulla musica o chi su un’immagine. Il primo deve evocare un’immagine con la musica, mentre chi fa film parte da una componetene visiva a cui deve adeguarsi”.
Ad aiutarci a fare chiarezza sul mondo della tecnica e della registrazione sonora è Federico Savina, maestro del suono di fama internazionale che iniziò la sua attività negli anni ’60, collaborando con registi e musicisti del calibro di Fellini, Antonioni, Visconti, Losey, Morricone e Goldsmith. “In ambito cinematografico, nel mio specifico lavoro di post-produzione, prendo i suoni che mi arrivano dal set, aggiungo quelli informativi mancanti, per poi “impacchettare” ed amalgamare il tutto come supporto ad un’immagine nella supposizione di chi, andando al cinema, stando a casa o guardando il proprio telefonino, rivedrà le stesse immagini rivivendo col suono le stesse sensazioni. Il problema è che nel nostro lavoro non abbiamo la reazione dell’utente finale, dobbiamo perciò immaginare come lo spettatore possa essere coinvolto emotivamente tramite l’ascolto”.
Dialoghi, rumori, suoni e musica sono tasselli fondamentali nella realizzazione di un’opera cinematografica. Per questo la figura del tecnico del suono risulta essenziale nel cinema, dove, in qualità di libero professionista, collabora con il filmmaker e la troupe. È l’orecchio di una mente pensante, quella del regista, come spiega il presidente dell’Aits (Associazione italiana tecnici del suono), Maurizio Argentieri. È colui che deve saper cogliere il suono, registralo e missarlo.
“In genere un fonico è una persona che sta in mezzo tra colui che parla e colui che ascolta. L’unico problema è che non sono uno di fronte all’altro, ma distanti, divisi da un vetro, una parete, una città, una nazione, un mondo. Per questo, serve qualcuno che, nel miglior modo possibile, raccolga il contenuto sonoro di chi parla e lo trasferisca per farlo arrivare al destinatario. Il tutto può essere eseguito in tempo reale oppure dilazionato nel tempo, nel senso che il suono viene registrato, manipolato, codificato prima di arrivare all’utente finale: lo spettatore – spiega Savina- In questo aspetto tecnico, riconosco nel nostro lavoro una capacità di conoscenza della ripresa sonora, di capire il lato emozionale-espressivo e di tenerlo, là dove possibile, non facendolo sparire tramite le alchimie tecnologiche. Noi non generiamo emozioni, sono le emozioni a passare attraverso di noi: il compito del fonico è quello di non rovinarle. E se non ci sono, provare a ricrearle sapendo come trasmetterle e condirle al punto giusto”.
Ma il ruolo di un esperto del suono non si esaurisce nel solo aspetto tecnico, ha in sé una componete creativa ed una forte interpretazione psicologica. “Psicologica nel senso mentale ed uditivo. Se si sta guardando una scena che fortemente le interessa, non si “sente” la musica che c’è sotto, ma comunque ci assorbe. Il corpo, la mente e l’orecchio prendono ciò che in quel momento non identifichiamo. Ecco che allora si prova un’emozione: quella provocata, per esempio, da una particolare musica, un suono o un dialogo opportunamente livellati e proposti, che si rincorrono in una scena. Questo è ciò che identifico come creatività. È un guizzo, una ricerca di equilibri tra maniere di pensare, capacità e idee. Naturalmente il suono è sempre accompagnamento ad un’immagine, soprattutto dall’azione o dalla forte espressione che si ricava, per esempio, dagli occhi degli attori. A mio parere, se, uscendo dal cinema, si sentono commenti del tipo “Bella la musica”, “Bella la fotografia”, “Bravo l’attore”, il film è scappato di mano; ho avuto tempo di distrarmi e valorizzare cose di supporto, perdendo così la concentrazione sulla storia, che è la cosa fondamentale”.
Per comunicare attraverso il suono bisogna quindi creare un’entità espressiva che conviva con un’immagine, ovvero un’altra entità espressiva che, interagendo con essa, crei o amplifichi emozioni. Ma come si fa a capire quale suono sia il più atto ad essere scelto per poter essere correlato ad un’immagine all’interno di un racconto filmato? “È come l’attore. Quando gira un ciak, a meno che non sia un attore meccanico, è difficile che riesca a ripetere venti volte la stessa cosa senza innovarsi, senza cambiare mai. Ad un interprete che va d’istinto basta avere di fronte una persona che assuma un’espressione diversa e lui prende un altro andamento, un’altra musicalità anche della parola stessa. La scelta dei suoni è una coerenza mentale del regista. È necessario che abbia ben chiaro cosa vuole dal suo film e che sia affiancato da collaboratori che sappiano realizzare la sua idea”.
Il mestiere di tecnico del suono, però, in Italia non trova molto spazio nell’ambito della formazione. Nel nostro Paese sono solo due gli istituti ufficiali, non privati, che instradano i giovani verso la professione con percorsi formativi volti alla creazione di figure professionali in ambito cinematografico. L’istituto di Istruzione Superiore Statale “Roberto Rossellini” (www.cine-tv.it), con sede nella capitale, all’interno dell’indirizzo audiovisivo, offre un piano didattico organizzato in un biennio, un monoennio con relativo esame finale ed un biennio post qualifica. Al termine del quinto anno, gli studenti affrontano l’Esame di Stato e conseguono il Diploma di Tecnico dell’Industria Audiovisiva e Cinematografica in una delle cinque diverse specializzazioni fornite dalla scuola.
La Scuola Nazionale di Cinema di Roma, parte del Centro Sperimentale di Cinematografia (www.fondazionecsc.it), mette a disposizione di ragazzi diplomati o laureati un’offerta formativa triennale volta all’approfondimento e alla conoscenza dell’iter realizzativo del suono in un film, che prevede tre distinte fasi di applicazione: presa diretta sul set, montaggio di tutti i componenti sonori e successive lavorazioni effettuate in studi di registrazione.
“Quello della formazione è un problema che oggi mi pongo. Il nostro lavoro nel cinema è un lavoro da bottega artistica. Tutti i grandi registi, Rosi e Zeffirelli, solo per citarne alcuni, sono entrati nel cinema come aiuti-registi di Visconti e altri nomi illustri; la bottega d’arte insegna anche a noi tecnici come acquisire la conoscenza del proprio lavoro. Purtroppo, però, credo non ci siano molte botteghe di buon livello. Esistono professioni, specialmente oggi, dove chiunque abbia un computer può fare musica, può fare tutto, anche senza una formazione precisa ed adeguata. La scuola deve invece offrire una certa perizia e pratica: ci deve essere la possibilità di mettere in atto ciò che si apprende – asserisce Savina, che nel ruolo di docente di tecnica del suono del Centro Sperimentale di Cinematografia dichiara – Ringrazio la scuola che mi permette, per esempio, di organizzare con colleghi i laboratori di musica per film. Li realizziamo tutti con la partecipazione di Premi Oscar come Direttori Artistici. Al musicista non insegniamo a scrivere musica, quella la si impara al conservatorio, ma lo facciamo ragionare su modi e maniere di farla specificatamente. Abbiamo i film e i registi perché questa è una scuola di cinema e, attraverso esercitazioni mirate, cerchiamo di consentire ai partecipanti di consolidare l’apprendimento teorico e pratico del come, quando e cosa necessita una storia narrata filmicamente. La tecnica è necessaria, ma va integrata al lavoro artistico della bottega; ed è anche bello per me viverci. Per far ciò, bisogna però avere al fianco registi e montatori che pensino e lavorino con te in mutuo apprezzamento”.