LabItalia – “La percentuale di successo delle start up è certa, per un’impresa su due, nel caso di un’idea imprenditoriale ben strutturata. Viceversa, l’80% delle start up improvvisate e prive di un piano concreto alle spalle è destinato a fallire”. Parola di Federico Barilli, segretario generale di Italia Startup, che con Labitalia fa il punto sull’andamento del settore.
“Dunque, il successo delle start up italiane -sostiene- non è così scontato come sembra. Se da una parte si registra un livello di fallimento fisiologico, in media, più alto rispetto alle imprese ‘normali’, dall’altra il successo cresce in maniera proporzionale alla solidità del progetto. Oltre alla bellezza e all’idea che sta alla base di un’azienda -spiega Barilli- è importante, infatti, la rete e il mercato in cui va a inserirsi. Una rete di rapporti capaci di rendere forte qualsiasi ‘business plan’ si voglia implementare”.
Un aiuto concreto – “In questo contesto, si inserisce -avverte il segretario generale di Italia Startup- l’attività della nostra associazione che cerca di aiutare le imprese a interagire con il mondo dell’industria, in un’ottica di futura internazionalizzazione. Italia Startup punta a diffondere -ricorda- la passione del fare impresa e a promuovere la cultura dell’intraprendere. In particolare, il suo obiettivo è far conoscere e valorizzare le giovani iniziative imprenditoriali, avvicinandole al consolidato mondo dell’industria italiana, oltre che agli investitori internazionali e nazionali, per rafforzare e rendere più competitivo l’intero ecosistema italiano. Certo, esistono realtà aziendali -ammette Federico Barilli- che riescono a farcela da sole, ma l’invito è sempre questo di farsi consigliare. Anche perché i dati relativi al settore sono più che confortanti”.
In Italia, infatti, sono ormai registrate 2.716 star tup innovative (erano 1.227 nel 2013), come rileva la ricerca realizzata da Italia Startup e gli osservatori Digital innovation della School of Management del Politecnico di Milano, in collaborazione con Smau e con Cerved Group e con il supporto istituzionale del ministero dello Sviluppo economico.
I finanziamenti – “Sono 197 -si legge- le start up finanziate (113 nel 2013); 36 (32) gli investitori istituzionali di cui 6 pubblici e 30 privati; 100 (97) gli incubatori e acceleratori di cui 60 pubblici e 40 privati; 38 (40) i parchi scientifici di cui 35 pubblici e 3 privati; 62 (63) gli spazi di coworking; 52 (33) le competizioni dedicate alle start up. Le start up innovative -chiarisce la ricerca- sono dislocate 57% al Nord (62% delle finanziate), 21% al Centro (23% finanziate) e 22% al Sud (15% finanziate). Gli investitori istituzionali sono dislocati rispettivamente 75% al Nord, 19% al Centro e 6% al Sud”.
Il crowdfounding – “Le piattaforme di crowdfunding -continua- sono al 65% al Nord, 20% al Centro, 15% al Sud. Gli incubatori-acceleratori: 58% Nord, 21% Centro, 21% Sud. I parchi scientifici e tecnologici: 50% Nord, 24% Centro, 26% Sud. Gli spazi di coworking: 69% Nord, 19% Centro, 12% Sud. I fablabs: 52% Nord, 26% Centro, 22% Sud. Le competizioni per start up si svolgono: 60% Nord, 25% Centro, 15% Sud. Hackatons: 71% Nord, 29% Centro, 0% Sud. Empowerment programs: 58% Nord, 21% Centro, 21% Sud. Bandi: 39% Nord, 35% Centro, 26% Sud. Associazioni, risorse on line e community: 48% Nord, 44% Centro, 8% Sud”, prosegue.
Gli investimenti in start up hi-tech, dice, “sono diminuiti del 15% nel 2014, dai 129 milioni del 2013 ai 110 di quest’anno”. “Sono aumentati del 17% gli investimenti da parte di business angel, family offices e incubatori e acceleratori (per un totale di 55 milioni), e diminuiti del 33% quelli provenienti da investitori istituzionali (altri 55 milioni)”, conclude.