I dati comunicati oggi da Istat sull’occupazione a marzo 2021 offrono una fotografia del mercato del lavoro ad un passo, speriamo, dalla riapertura della maggior parte delle attività d’impresa in attesa dei sostegni economici dell’Europa.
Il dato che emerge più forte è quello relativo al calo complessivo degli occupati rispetto a un anno fa. Questi infatti sono quasi 900 mila in meno e il tasso di occupazione è più basso di 2 punti percentuali. Il calo si è registrato in costanza del blocco dei licenziamenti e quindi chi ne ha fatto le spese sono stati soprattutto gli occupati a termine che non hanno visto prorogare i loro contratti o attivarne di nuovi, o i lavoratori autonomi. I risultati evidenziano come l’occupazione sia diminuita per tutti i gruppi di popolazione, ma il calo risulta più marcato proprio tra i dipendenti a termine (-9,4%), gli autonomi (-6,6%) e i lavoratori più giovani (-6,5% tra gli under 35). _
La crisi del settore turistico ha inciso in modo determinante sul crollo degli occupati. Il mercato del lavoro ora guarda con preoccupazione la fine del blocco dei licenziamenti che potrebbe determinare un ulteriore aggravamento dei numeri. Si parla di possibili 600 mila dismissioni di lavoratori. Cosa fare? Quello che purtroppo non è stato fatto in questi anni.
Potenziare le politiche attive e le protezioni di chi perde il lavoro, sbloccare i contratti a termine superando il decreto Dignità, raccordare le tante inutili agevolazioni all’occupazione, che esistono solo sulla carta per la difficoltà oggettiva di essere applicate, ed infine modificare strutturalmente gli ammortizzatori sociali. Le PMI giocheranno un ruolo fondamentale nella ripresa ma devono essere sostenute la loro integrazione e i contratti di rete per favorire la competizione anche su mercati esteri.
Lo smart working costituirà l’elemento differenziale per tracciare le imprese più innovative
rispetto alle altre e anche l’imprenditore deve essere sostenuto nel cambio di paradigma altrimenti a breve rischierà di essere messo fuori dal mercato. Ultimo elemento, ma non in termini di importanza, gli investimenti sulla sostenibilità e sull’inclusione sociale devono obbligatoriamente connettersi al sostegno alla competitività delle imprese: quelle che punteranno sul rispetto delle regole del gioco, su
principi di responsabilità sociale, che non competeranno con dumping sociale, devono avere riconoscimenti tangibili negli appalti, nelle forniture e nei futuri incentivi.