L’emergenza Covid-19 ha comportato un radicale e repentino ripensamento dell’organizzazione del lavoro in nome della tutela della salute delle persone all’interno di aziende e Pubbliche Amministrazioni. Per la prima volta lo smart working è diventato, dunque, una modalità necessaria, sebbene solo fino a qualche mese fa fosse ritenuto un’alternativa ancora sperimentale, una componente parziale di un più ampio processo di digitalizzazione del lavoro.
I dati. A fare il punto sullo smart working arrivano i nuovi dati, elaborati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, relativi alle attivazioni nel nostro Paese. Al 29 aprile 2020, complessivamente risultano 1.827.792 lavoratori attivi in modalità smart working; di questi, ben 1.606.617 sono stati attivati a seguito delle norme sull’emergenza epidemiologica.
Lo smart working si sta rivelando, dunque, per imprese e PA, un alleato fondamentale per consentire la continuità delle prestazioni lavorative. Lo dimostra anche il successo della campagna social #iolavorosmart, lanciata lo scorso 27 marzo dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in collaborazione con il Ministero per la Pubblica Amministrazione, a cui hanno aderito centinaia di cittadini e imprese che hanno condiviso sui social riflessioni e scatti fotografici della propria “vita da smart worker” tra le mura domestiche.