Smart working, ovvero lavoro agile. Viene definita così l’attività lavorativa che si svincola dagli orari di ufficio, dalla presenza in sede, quella che, soprattutto grazie a computer, rete, cloud, può essere svolta in modo flessibile ovunque e in qualsiasi momento. Per molti è il lavoro del futuro e, anche in politica, c’è chi ci crede e ha lanciato una proposta per disciplinarlo e promuoverne la diffusione. Si tratta di un progetto di legge bipartisan presentato alla Camera all’inizio di febbraio da Irene Tinagli (Scelta Civica), Alessia Mosca (Partito Democratico) e Barbara Saltamartini (Nuovo Centrodestra): il testo è il risultato di contributi, testimonianze, suggerimenti, critiche raccolti dalle deputate tramite il blog La27esima ora del Corriere della Sera.
Il perché del progetto di legge – Fermamente convinte che, come si legge nell’introduzione della proposta, “dove il lavoro incontra le nuove tecnologie nascono occasioni che non possiamo permetterci di ignorare e che ci portano a un importante cambiamento”, le deputate esprimono la necessità di disciplinare a livello legislativo una nuova modalità di lavoro finora inattuata o comunque poco utilizzata al fine di promuoverne la diffusione. Definire tutto questo “telelavoro” sarebbe riduttivo: si tratterebbe invece di uno strumento nuovo con obblighi e regole per lavoratore e datore, di una diversa concezione del lavoro basata sull’autorganizzazione dello stesso purché nel rispetto di obiettivi e scadenze. I vantaggi? Per l’azienda un notevole incremento della produttività e per il lavoratore la possibilità di conciliare tempi di vita e di lavoro.
I dettagli della proposta – Il testo definisce smart working l’attività lavorativa che si svolge al di fuori dei locali aziendali per un orario medio annuale inferiore al 50 per cento dell’orario di lavoro normale, se non diversamente pattuito, che preveda l’utilizzo di strumenti informatici e che elimini l’obbligo di utilizzare una postazione fissa durante i periodi di lavoro svolti fuori sede. I dettagli riguardo alla modalità di svolgimento del lavoro agile sono demandati a un contratto stipulato tra lavoratore e datore di lavoro che sia tempo determinato o indeterminato e della durata massima di due anni. Il progetto si esprime poi su stipendi e possibilità di carriera suggerendo che debbano essere uguali a quelli di chi lavora all’interno dell’azienda. Anche in tema di salute e sicurezza il datore di lavoro deve tutelare il lavoratore per esempio fornendo materiali informativi e richiamandolo a colloqui a cadenza annuale. Per quanto riguarda gli strumenti tecnologici il testo propone che sia il datore di lavoro il responsabile della fornitura e del mantenimento degli stessi, ma prevede anche che il collaboratore possa metterne a disposizione. Il lavoratore è tenuto invece a garantire l’integrità e la protezione degli strumenti forniti oltre che la riservatezza dei dati aziendali ricevuti.
Lo smart working in Italia- Secondo una ricerca dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, l’Italia è al 25° posto nella diffusione di questa modalità di lavoro su un totale di 27 Paesi europei. Segnali positivi arrivano invece da alcune iniziative, come la Giornata del Lavoro Agile indetta dal Comune di Milano lo scorso 6 febbraio, e dal dato che, nel 2013, ha visto aumentare dal 17% al 25% i dipendenti che operano in telelavoro. Se le grandi aziende sono più proiettate verso il lavoro agile, per quanto riguarda le Piccole Medie Imprese, solo il 25% prevede una flessibilità di orario (ma è applicata al 10%) e solo il 20% contempla il telelavoro (ma lo concede per meno del 2%.) Eppure, sempre secondo l’indagine dell’Osservatorio, i vantaggi in termini economici dello smart working non sono da sottovalutare: un aumento della produttività del 5,5% (27 miliardi), una riduzione dello 0,5% delle trasferte (dunque riduzione di spesa per auto e benzina, meno traffico e inquinamento) e un risparmio di 10 miliardi di euro sui costi diretti (soprattutto sugli spazi) per le aziende.