Distanza sociale di un metro, mascherine, visiere? E poi classi a metà o aule allargate? E che fine farà la didattica a distanza? Sono tanti gli interrogativi che in questi giorni circondano il mondo della scuola che, se da un lato, per molti allievi è ormai praticamente agli sgoccioli, dall’altro per quanto riguarda invece la progettazione del nuovo anno scolastico alla luce del Coronavirus, è ancora ancora alle battute iniziali. Si ritornerà in aula a settembre, sì, ma molto è ancora da definire anche in attesa che il decreto scuola venga convertito in legge. E poi al di là delle norme, ci sono tanti aspetti da chiarire per quanto riguarda la sicurezza, la gestione del personale, degli allievi, degli spazi e tanto altro ancora. Insomma la discussione è più aperta che mai.
La vera fase 2 della scuola. E anche considerando il fatto che è quando suonerà la campanella che il mondo scolastico conoscerà la sua vera fase 2, a differenza di quanto sta succedendo nel mondo del lavoro. Stando alle ultime notizie, la sicurezza dovrebbe essere affidata al distanziamento sociale, alla mascherine, alle visiere che garantiranno la presenza in aula di tutti gli allievi. No dunque alle classi divise a metà con chi va a scuola e chi resta a casa, facendo dei turni e sì al pensare a una nuova dimensione del fare lezione in presenza.
Problemi strutturali da affrontare. Ma al di là dei dettagli, ovviamente importantissimi e che verranno chiariti nelle prossime ore, quali sono le criticità che la scuola si troverà ad affrontare una volta che ci sarà la ripresa a settembre? E come tutto quello che è successo finora si coniugherà con le lezioni dal vivo? Ne abbiamo parlato con Antonello Giannelli, presidente nazionale di ANP, Associazione Nazionale presidi che lo dichiara fin da subito: questa per il governo deve essere l’occasione per intervenire in modo strutturale sui tanti problemi da affrontare: “Se non ora, quando? Servono obiettivi e protocolli di sicurezza chiari, risorse adeguate e responsabilità ben definite. I dirigenti della scuola sono pronti, come sempre, a impegnarsi al massimo ma non devono essere lasciati soli. Le scuole”, prosegue Giannelli “dovrebbero avere a settembre una ripresa ordinaria. I fondi per quanto riguarda i sistemi di protezione sono arrivati e saremo dotati di tutto quello che è necessario per contenere l’insorgenza del virus. Certo, stiamo aspettando le indicazioni che devono arrivare dal comitato di esperti presieduto dal professor Patrizio Bianchi e ovviamente ogni giorno che passa per noi è un giorno in meno. I tempi sono molto stretti”.
Agli enti locali spetta l’ampliamento delle aule. Peraltro, la presenza in aula di tutti gli allievi nello stesso momento sommata al necessario distanziamento sociale pone un problema oggettivo di spazio: “Questo non riguarda tanti noi presidi quanto gli enti locali che dovranno reperire gli spazi per garantire il distanziamento. Pertanto tutte le aule dovranno essere sottoposte a lavori di ampliamento”.
Quello su cui l’Associazione Nazionale Presidi vuole però ragionare è la “lunga distanza” come precisa Giannelli: “Le nostre proposte da un lato sono in controtendenza, ma l’intenzione è di cambiare le regole per migliorare il sistema. La didattica dell’emergenza ha reso ancora più urgente il ripensamento delle prassi didattiche e docimologiche al fine di motivare gli studenti, accrescerne l’autonomia e favorirne il successo formativo.A nostro avviso, è quindi necessario che il governo si impegni a risolvere i problemi che si sono cristallizzati nel corso dei decenni e che oggi sono resi più visibili dalle ulteriori difficoltà causate dalla pandemia, a cominciare dalla messa a norma degli edifici scolastici la cui inadeguatezza determina quotidianamente rischi per studenti e lavoratori”.
La necessità di un middle management. Ma non solo, le scuole vorrebbero somigliare sempre più a delle imprese, almeno nella gestione: “I presidi hanno la responsabilità di organizzazione della scuola e allo stesso tempo sono datori di lavoro, ma non possono gestire tutto da soli. Viviamo infatti la mancanza di quello che nelle aziende è il cosiddetto “middle management”, ossia di una struttura intermedia tra i docenti e i presidi. Noi dirigenti ci avvaliamo di collaboratori ma non è la stessa cosa, ecco perché chiediamo che venga previsto un livello professionale per l’appunto intermedio che ci permetta un’organizzazione più efficace”.
Ma le richieste di “lungo corso” per risolvere problemi esistenti prima del Covid-19 non finiscono certo qui: “Chiediamo”, aggiunge Giannelli “un incremento degli organici, basti pensare alle segreterie, il personale è molto di meno di quando le scuole non erano autonome, ma nonostante tutto deve produrre una grossa mole di lavoro”.
Aggiornare i docenti per coinvolgere gli studenti. Altro tasto dolente è l’aggiornamento: “È necessario un aggiornamento capillare di tutti i docenti, e la pandemia l’ha messo in evidenza. Lì dove i docenti sono riusciti a coinvolgere gli studenti, grazie anche alle loro conoscenze, questi hanno risposto molto bene. Ci sono stati allievi che nella didattica ordinaria erano scadenza e che invece con la didattica a distanza, grazie a un migliore ingaggio, sono stati più presenti”.
Cosa resta della didattica a distanza. E proprio a proposito della didattica a distanza, che fine farà? “Credo che tale tipo di formazione ci abbia permesso di accumulare un’esperienza di rilievo che ha consentito di sviluppare delle competenze, ma è evidente come sia più consona per ragazzi delle superiori o tutt’al più delle scuole secondarie di primo grado, ossia le medie. Però non deve essere messa da parte perché potrebbe servire in diverse situazioni. Pensiamo a quei ragazzi che, magari, a causa dell’influenza sono costretti a restare lontano da scuola, a chi si rompe una gamba e a tutti quei casi in cui gli allievi non sono lungodegenti (per loro è prevista la scuola in ospedale). Per questi ragazzi la didattica a distanza può essere un modo per non perdere la scuola e a cui in effetti non si è mai pensato. Come può essere un aiuto in più per chi magari fa il pendolare e in tal caso si può pensare a delle esercitazioni ad hoc”, conclude Giannelli.
Per la scuola il post emergenza potrebbe dunque essere un modo per risolvere – o quantomeno iniziare a parlarne – le criticità. E se si dovesse ripresentare nuovamente un’emergenza o focolai come in Israele? “Saremo certo più preparati anche grazie a docenti più aggiornati (se appunto si va in questa direzione), ma è indubbio che non ci può essere soluzione diversa dall’isolamento e dal chiudere le scuole il prima possibile visto che sono il più importante veicolo di contagio e che la scuola ogni giorno ha un impatto su quasi la metà della popolazione”.