Con la sentenza n. 2904 del 13.2.2015 la Corte di Cassazione è di recente intervenuta, ancora una volta, in tema di licenziamento per giusta causa. Il caso di specie riguarda un lavoratore che, durante l’orario di lavoro, per fare uno scherzo ad una collega impegnata sulla linea di assemblaggio dello schienale di un’autovettura, inseriva volutamente carte ed altro materiale di scarto nel ciclo produttivo.
Tale condotta determinava l’avvio di un procedimento disciplinare nei confronti del lavoratore, conclusosi con l’intimazione del licenziamento per giusta causa. A seguito del ricorso proposto dal lavoratore avverso il predetto recesso datoriale, il Tribunale del Lavoro rigettava parzialmente la domanda attorea, convertendo il licenziamento per giusta causa in licenziamento per giustificato motivo soggettivo e respingendo la domanda riconvenzionale formulata dalla Società datrice di lavoro al fine di ottenere il risarcimento dei danni patiti a seguito della condotta del lavoratore.
Avverso la predetta sentenza il lavoratore proponeva ricorso in appello, domandandone la totale riforma. La Corte di Appello di Torino, disattendendo la pronuncia del Tribunale del Lavoro, dichiarava illegittimo il licenziamento e condannava la società datrice di lavoro a reintegrare il lavoratore, nonché a corrispondergli il risarcimento del danno ai sensi dell’art. 18, L. n. 300/1970.
In particolare, la Corte, pur avendo accertato che i fatti contestati erano stati effettivamente commessi dal lavoratore e che peraltro fatti identici a quelli in esame erano già stati posti in essere dallo stesso in passato, riteneva la sanzione del licenziamento sproporzionata, opinando che i fatti fossero da imputare a scherzi e precisando altresì che “tale comportamento non rientrava in alcuna delle ipotesi previste dal ccnl quali causa di licenziamento”. La società datrice di lavoro proponeva allora ricorso in Cassazione, sostenendo l’erroneità, nonché la contraddittorietà della sentenza impugnata.
La Suprema Corte, in accoglimento del ricorso promosso dalla società datrice di lavoro, con la pronuncia in commento, ha cassato la sentenza della Corte d’Appello di Torino, accertando la legittimità del licenziamento per giusta causa.
In particolare, i Giudici di legittimità hanno rilevato la contraddittorietà della sentenza impugnata laddove da un lato, aveva correttamente ritenuto la condotta del lavoratore “come un grave inadempimento degli obblighi di diligenza e correttezza gravanti sul lavoratore subordinato” e dall’altro aveva, però, escluso “la legittimità della massima sanzione qualificando i fatti come un presunto gioco o scherzo perpetrato nei confronti dell’addetta ai controlli”.
Peraltro, la Corte di Cassazione ha altresì ricondotto il reiterato comportamento del lavoratore nella previsione di cui all’art. 10 del CCNL di categoria, che legittima il licenziamento del lavoratore in caso di danneggiamento volontario del materiale aziendale, precisando che in tale fattispecie rientra certamente anche “il danno immateriale, consistente nello svilimento e nella manipolazione del materiale aziendale (…) ripetuto per lunghissimo tempo”, in quanto “idoneo a rendere quel materiale inaccettabile dai clienti dell’azienda, esponendola ad una seria lesione della propria immagine presso la clientela qualora l’addetta al controllo non si fosse accorta della manipolazione ed i sedili fossero stati in conseguenza recapitati all’ordinante riempiti di cartacce”.
Sulla base di tali premesse, pertanto, la Corte ha ritenuto la legittimità del licenziamento, stante la reiterata condotta del lavoratore ed il “grave nocumento morale o materiale” arrecato alla Società, tale da comportare la lesione irreparabile del vincolo fiduciario. In conclusione, con la pronuncia in esame, la Corte di Cassazione è intervenuta, ancora una volta, per confermare l’importanza del rispetto degli obblighi di diligenza e correttezza da parte del lavoratore, la cui violazione è suscettibile di condurre al recesso datoriale.