Dal 17 marzo è in vigore il Decreto Legge n. 18, passato alle cronache anche come Decreto Cura Italia. Che ci riesca davvero a somministrare una giusta cura al paziente Italia dovremmo augurarcelo tutti in questi giorni di ritrovata coesione nazionale, tenuto conto del momento di crisi e degli scenari – neri come la più buia delle notti – che ci si parano innanzi. Mentre l’intero Paese è in protezione domiciliare le imprese devono fare i conti con i fermi produttivi e l’abbattimento degli ordini, che lasciano vuote le casse a loro volta comunque chiamate a fare fronte ai costi del personale. Le misure di sostegno messe in campo dal Governo vogliono offrire un aiuto concreto, ma le norme per attuarle sono complesse, scritte in maniera frettolosa e per questo impongono grande attenzione e cautela nella loro applicazione, in attesa che circolari ministeriali e dell’INPS facciano chiarezza per gli aspetti applicativi.
Gli ammortizzatori sociali in campo. Sono state previste misure speciali per affrontare il periodo di emergenza fino al mese di agosto 2020. In questo frangente le imprese possono fare ricorso: i) agli ordinari strumenti di cassa integrazione, ordinaria (CIGO) o straordinaria (CIGS), laddove ne ricorrano i presupposti di legge ma che hanno un “costo” difficilmente sostenibile in tempi di crisi di liquidità, sottoforma di contributo di solidarietà pari ad una percentuale sul costo del lavoro delle risorse sospese; ii) ad uno strumento ad hocindividuato dall’art. 19 del Decreto nel trattamento ordinario di integrazione salariale o assegno ordinariocon causale COVID-19; iii) per le imprese che non possono accedere allo strumento di cui al punto ii), è stata disposta una cassa integrazione in deroga (CIGD) ad ampio spettro.
A chi spetta l’assegno ordinario causa COVID e come fare per richiederlo. Alle imprese che rientrano nell’ambito soggettivo di applicazione della CIGO e del FIS (Fondo Integrazione Salariale, se occupano mediamente più di 5 dipendenti). Nel caso di sospensione o riduzione dell’attività per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica (ci deve essere quindi un rapporto causa-effetto tra emergenza e sospensione, non essendo possibile il ricorso indiscriminato allo strumento!) le imprese possono presentare domanda di concessione del trattamento con causale “emergenza COVID-19”, per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 e per una durata massima di nove settimane. La richiesta è deformalizzata: occorre inviare al sindacato un’informativa cui deve fare seguito, nei 3 giorni successivi, una consultazione ed un esame congiunto, anche telematicamente, senza obbligo di accordo. La misura non ha alcun costo per l’impresa ma è previsto che sia il datore di lavoro ad anticipare mensilmente l’assegno al posto dell’INPS, salvo che per le imprese aderenti al FIS o che si versi in difficoltà finanziarie da comprovare.
È previsto un tetto massimo di spesa? Si, per la somma di 1.3 miliardi di euro, raggiunta la quale l’INPS non prende in considerazione ulteriori domande.
Cosa succede ai datori di lavoro che hanno altri ammortizzatori in corso? In questo caso le aziende possono presentare domanda di concessione del trattamento ordinario ai sensi dell’art. 19 per un periodo non superiore a nove settimane. La concessione del trattamento “COVID” sospende e sostituisce il trattamento di CIGS in corso e può riguardare anche i medesimi lavoratori. Ciò vale sia nel caso di CIGS (quindi anche di contratti di solidarietà) che FIS con assegno di solidarietà.
Quale misura per tutti gli altri datori di lavoro privato (es. negozianti, ristoratori, ecc.). Si è previsto (art. 22 del Decreto) che ai datori di lavori privati – compresi quelli agricoli, della pesca, del terzo settore ed enti religiosi civilmente riconosciuti – per i quali non trovano applicazione le tutele in materia di ammortizzatori sociali (CIGO, CIGS o FIS) sia concessa la facoltà di accedere alla cassa integrazione in deroga (CIGD) per un periodo non superiore a nove settimane. Potranno essere sospesi i dipendenti in forza al 23 febbraio, il trattamento è erogato dalle Regioni e Province Autonome previa intesa con i sindacati più rappresentativi (in Campania l’intesa è stata firmata il 20 marzo) ed è liquidato alle persone direttamente dall’INPS.Alle imprese non si richiede, a quanto pare dalla lettura della norma (davvero criptica), nessun accordo sindacale. Attenzione, la disponibilità finanziaria è limitata alla cifra di 3.3 miliardi di euro, raggiunti i quali l’INPS non prende più in considerazione alcuna domanda.
E’ vietato licenziare! Con una disposizione in forte odore di incostituzionalità – tutto sommato comprensibile nel suo fine: mantenere gli assetti produttivi in periodo di crisi ed evitare il “liberi tutti” – si è scelto (all’art. 46) di impedire licenziamenti collettivi a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto e per i 60 giorni successivi. Assai meno comprensibile la previsione della sospensione delle procedure di licenziamento collettivo avviate dopo il 23 febbraio: in questo modo si bloccano processi riorganizzativi che nulla hanno a che vedere con l’emergenza e che, magari, nemmeno possono essere gestiti con gli ammortizzatori con causale COVID.Nello stesso periodo è inoltre previsto il divieto ai licenziamenti individuali per ragioni oggettive, ma non per quelli dovuti a motivi disciplinari.
Diritto al congedo e all’astensione dal lavoro per la cura dei figli. Stante la chiusura delle scuole, a decorrere dal 5 marzo e per un periodo continuativo o frazionato di massimo 15 giorni, i dipendenti privati hanno diritto di fruire, per i figli di età inferiore ai 12 anni, di un congedo con indennità pari al 50 per cento della retribuzione e contribuzione figurativa, con costi a carico dello Stato (ed anticipazione da parte del datore).Il diritto è riconosciuto alternativamente ad entrambi i genitori ed è subordinato alla condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o altro genitore disoccupato o non lavoratore. Il limite di età non si applica nel caso di figli con handicap in situazione di gravità accertata. Nel caso di figli di età compresa tra i 12 e i 16 anni, se un genitore è costretto a rimanere a casa e l’altro non sia disponibile o percepisca già misure di sostegno, ha diritto di astenersi dal lavoro ma non percepirà nessuna retribuzione salvo il diritto a mantenere il posto (e conseguente divieto di licenziamento per l’impresa).
L’estensione dei permessi ex Legge 104. Per i mesi di marzo e aprile 2020 sono incrementati di dodici giornate complessive i permessi retribuiti per l’assistenza al familiare disabile. Il beneficio è riconosciuto anche al personale sanitario, compatibilmente con le esigenze delle aziende impegnate nell’emergenza COVID-19.
La quarantena è equiparata alla malattia. Il periodo trascorso in quarantena è equiparato a malattia ai fini del trattamento economico e non è computabile ai fini del periodo di comporto, occorrendo a tal fine idonea certificazione del medico curante che indichi anche gli estremi del provvedimento che ha dato origine alla quarantena.I lavoratori (sia pubblici che privati) disabili gravi o in condizione di rischio (soggetti immunodepressi, affetti da patologie oncologiche o sottoposti a terapie salvavita) hanno diritto di assentarsi dal lavoro e l’assenza è equiparata al ricovero ospedaliero.Il costo della malattia è a carico dello stato per le aziende che ne fanno richiesta, ma nel limite di spesa di 130 milioni.
Il lavoro agile diventa un diritto per alcuni. Fino al 30 aprile, i lavoratori dipendenti disabili o che assistono un familiare disabile in condizioni di gravità (Legge 104) hanno diritto di svolgere la prestazione in modalità agile, a condizione che ciò sia organizzativamente possibile per l’azienda. Ai lavoratori del settore privato affetti da gravi patologie con ridotta capacità lavorativa è riconosciuta la priorità nell’accoglimento delle istanze di smart working.
La mascherina deve essere fornita obbligatoriamente se… La fornitura di mascherine è obbligatoria se la lavorazione non garantisce la distanza interpersonale minima di 1 metro.
Il premio di 100 euro. I lavoratori con reddito inferiore a 40.000 euro hanno diritto ad un premo di 100 euro per il mese di marzo 2020, che il datore di lavoro anticiperà per poi conguagliare l’importo.
di Avv. Alessandro Paone, LabLaw