I riders sono dipendenti. Questa l’idea di partenza del neo ministro del Lavoro Luigi Di Maio sulla regolamentazione del lavoro nel settore della Gig Economy e in particolare per le aziende del Food Delivery come Foodora o Deliveroo. Non solo, ma l’assunto, nelle intenzioni iniziali era quello di procedere per decreto, ossia con il primo decreto ribattezzato “dignità” dallo stesso ministro e che contiene altre ipotesi di riforma. Qualcosa (o qualcuno) tuttavia, deve aver fatto cambiare idea al leder pentastellato. A seguito dell’incontro al ministero dello scorso 18 luglio con le aziende del settore, infatti, la linea è cambiata. Non si procederà più per decreto ma è stato convocato un tavolo tra le parti che dovrà trovare un’intesa tenendo conto delle esigenze di tutti. Tra l’altro, il capo di Foodora Italia in un’intervista al Corriere della Sera aveva già ammonito il Ministro sulle conseguenze di una assimilazione dei riders al lavoro dipendente spiegando che in quel caso “l’azienda sarebbe stata costretta a lasciare l’Italia.
Oltre la marcia indietro sul decreto – che rimane tuttavia come una spada di Damocle sull’esito della trattativa – sembra che anche sull’idea di equiparare i riders al lavoro dipendete si stia tornando sui propri passi. Il Ministro si è limitato a dettare alcune condizioni: eliminazione del pagamento a cottimo, minimo orario garantito, estensione a tutti di assicurazione, malattia e maternità. Su questa ipotesi i dirigenti delle aziende del Food Delivery sembrano favorevolmente predisposti. I sindacati, per parte loro (da sottolineare la stoccata di Di Maio che ha evidenziato come non rappresentino questi nuovi lavoratori) vorrebbero applicare il contratto della logistica. Vedremo cosa accadrà nelle prossime settimane. Di Maio profetizza la realizzazione del primo contratto nazionale della gig economy.
Rimane il tema di chi o cosa ha fatto cambiare rotta in modo repentino al neo Ministro che sulla questione delle tutele dei Riders ha deciso di giocarsi le sue prima carte, anche in termini di comunicazione politica. Michele Arnese su Dagospia ha tracciato un elenco di varie voci, esperti, politici che avrebbero indotto Di Maio a maggior cautela. Ciò che manca, tuttavia, in questa ricostruzione è il ruolo della Lega e soprattutto, così dicono i “rumors”, di uno degli esperti di diritto del lavoro interpellati dagli sherpa del partito di Salvini, ossia l’Avvocato e Giuslavorista Francesco Rotondi. Sembra, che dietro ci sia proprio il suo “zampino”.