Intervista a Rosario Rasizza (nella foto), Amministratore delegato di Openjobmetis, una delle principali Agenzie per il Lavoro italiane nonché presidente di Assosomm, la seconda associazione di Agenzie per il Lavoro in Italia, sul Jobs Act del Governo Renzi e sul ruolo che le Agenzie potrebbero svolgere in un mercato del lavoro riformato e flessibile.
La riforma del mercato del lavoro è il tema dominante in questo periodo nel dibattito pubblico. Sembra, tuttavia, mancare la voce delle Agenzie per il Lavoro. Eppure siete importanti operatori del mondo del lavoro. Qual è il ruolo che potreste giocare e cosa pensa delle riforme in discussione?
Ancora una volta il nostro ruolo non è riconosciuto dal Governo. Non siamo stati consultati e coinvolti nei tavoli di discussione di questi giorni, nonostante siamo operatori del mercato autorizzati dal ministero stesso. Noi siamo ogni giorno sul territorio a contatto con le aziende e conosciamo grazie ad un’esperienza quotidiana sul campo le esigenze reali degli imprenditori e del mercato del lavoro. Potremmo portare un contributo importante alla riforma in discussione soprattutto in termini di conoscenza diretta della realtà. Noi siamo pronti a svolgere la nostra parte.
Cominciamo a sgombrare il campo una volta per tutte, però, da un equivoco non più tollerabile: la legge sul lavoro comunque riformata non crea un solo posto di lavoro. Non l’ha creato la riforma Fornero, non l’ha creato la legge Poletti e non lo creerà il Jobs Act. Mettere in stretta relazione la riforma con la creazione di occupazione è una mistificazione. Lo sappiamo tutti che così non è. Sono reduce da un recente incontro con imprenditori del bresciano e il problema fondamentale che è emerso è sempre lo stesso: se non hanno nessuna commessa come fanno ad assumere? In che modo posso fare formazione? Quindi, la questione centrale è far ripartire l’economia, lo sviluppo e gli ordinativi. E’ questo l’unico modo per creare occupazione. Il lavoro non si crea per decreto. Chi meglio delle Agenzie per il Lavoro potrebbe accompagnare lo sviluppo attraverso una flessibilità positiva del mercato del lavoro? Noi garantiamo una flessibilità tutelata e una conoscenza diretta delle problematiche.
Con la legge Poletti, però, si sono semplificate un po’ le cose togliendo l’obbligo di indicare la causale nei contratti a termine e in quelli in somministrazione. Si tratta comunque di un passo in avanti oppure no, dal suo punto di vista?
Tutto ciò che va nella direzione di una semplificazione del mercato del lavoro è positivo. In questo senso il decreto Poletti lo giudico positivamente. Il mio rammarico è che ci sono voluti più di 13 anni per arrivare ad una scelta di buon senso che avremmo potuto realizzare molto prima. In azienda una decisione simile l’avremmo presa in 10 minuti.
La semplificazione nel ricorso ai contratti a termine e in somministrazione, tuttavia, è bene ribadirlo, non crea nuova occupazione o, come sostengono coloro che sono contrari a tale scelta, non aumenta la flessibilità del mercato del lavoro. Niente di tutto questo. Il risultato più immediato della riforma Poletti è sul piano giudiziario e del contenzioso perché abolendo l’obbligo della causale verranno meno molti dei presupposti per ricorsi giudiziari da parte dei lavoratori contro la legittimità dell’utilizzo del contratto a termine o in somministrazione. Su questo fronte ci saranno i risultati più probabili. Inoltre, per altri aspetti introduce un ulteriore irrigidimento con l’indicazione per legge di un limite massimo di utilizzo del contratto a termine del 20 per cento sul totale dei dipendenti. Percentuale che può essere modificata, tuttavia, dalla contrattazione nazionale di settore.
Un ruolo importante che le Agenzie per il Lavoro potrebbero svolgere è nelle politiche attive del lavoro. I primi risultati sul Piano Garanzia Giovani resi noti hanno evidenziato come su circa 9.500 posti di lavoro messi a disposizione quasi 9 mila vengono dalle Agenzie per il Lavoro. Questi dati dicono che il vostro ruolo in questo ambito potrebbe essere decisivo, mentre risulta ancora deludente quello dei Centri per l’Impiego. Siete pronti?
Non solo siamo pronti ad un ruolo maggiore nelle politiche attive del lavoro, cosa che nel nostro piccolo già facciamo, ma mi convince molto l’idea di strutturarle in modo duale, ossia basate su due gambe, una pubblica e un’altra privata. Una dualità competitiva che mette in competizione tra loro, attraverso un sistema premiante in base alle difficoltà di collocazione di una persona, le Agenzie con i Centri per l’Impiego. In questa direzione sta andando la sperimentazione del contratto d’inserimento prevista dall’ultima Legge di Stabilità e proposta dal professor Ichino e che spero diventi la bussola per una riforma organica delle politiche attive del nostro Paese. A questo punto conteranno solo i risultati ottenuti sul campo e il conseguente finanziamento premierà chi saprà fare meglio. Una competizione a tutto vantaggio del merito e delle attività di collocazione delle persone.
Un tema scarsamente affrontato dal punto di vista della riforma dei contratti di lavoro è la collocazione o ricollocazione di chi è sopra i 29 anni. Siamo in un mercato del lavoro flessibile in cui l’esigenza di apprendere un nuovo mestiere o professione per facilitare la ricollocazione non è presente solo in età giovanile ma anche in età più avanzata e durante tutto il percorso lavorativo di una persana. Perché non abolire il limite dei 29 anni per il contratto di apprendistato magari partendo proprio dall’apprendistato in somministrazione?
Condivido pienamente l’idea di dotarci di strumenti anche contrattuali che facilitino la ricollocazione e la riqualificazione professionale di coloro che perdono il lavoro oltre la soglia anagrafica dei 29 anni e attivabili in qualsiasi momento durante tutto l’arco del percorso lavorativo di una persona. E’ auspicabile quindi abolire il limite di età dei 29 anni per l’apprendistato o prevedere un nuovo contratto specifico per gli over 29.
Si tratta di un’ipotesi ragionevole e che dovremmo affrontare quanto prima. Le dirò di più. A me non piace il Piano Garanzia Giovani perché così com’è pensato è discriminante dal punto di vista anagrafico. Il problema dell’occupazione oggi non ha età e riguarda tutte le fasce anagrafiche. Anzi, aggiungo che trovo più urgente e prioritario favorire interventi per coloro che perdono il lavoro a 45 anni, magari con famiglia e mutuo della casa a carico piuttosto che ragazzi di 15 o 20 anni che hanno tutta la vita davanti e non hanno ancora delle responsabilità familiari. Allora, trasformiamo il piano Garanzia Giovani in piano Garanzia Lavoro tout court.
In un’ipotesi di riordino della normativa sulla somministrazione dove bisognerebbe intervenire per il potenziamento di questo strumento e quali sarebbero le priorità?
Dovremmo individuare una serie di norme per il settore della somministrazione in deroga a tutti i cavilli previsti per le Agenzie per il Lavoro. In Svizzera, per esempio, il lavoratore in somministrazione viene pagato ogni venerdì e questo grazie a quanto previsto dal contratto di settore. Come Assosomm stiamo lavorando in questo senso ad una proposta che tenga conto delle specificità della somministrazione e che preveda una estesa semplificazione burocratica oltre a varie agevolazioni. L’attuale normativa nazionale sulla somministrazione non risponde in modo preciso alle esigenze di velocità e di duttilità che le aziende clienti ci chiedono. Vorrei evitare di dover spesso rispondere con la parola “pazienza”. Cito alcune nostre proposte per migliorare la normativa di riferimento:
– Una legislazione speciale per il settore della somministrazione così come è avvenuto per la Direttiva Europea: una sul tempo determinato ed una sul lavoro temporaneo. In Italia, il continuo riferimento alle leggi sul tempo determinato, il decreto legislativo 368/2001 e l’estensione al lavoro somministrato dei suoi principi genera confusione ed incertezze. La somministrazione è un servizio e richiede una normativa speciale.
– Definire in modo chiaro quali apporti possono dare al mondo del lavoro le agenzie autorizzate, soprattutto nei processi di collocazione e ricollocazione. Le agenzie che sono autorizzate a livello nazionale a svolgere i compiti previsti dalla normativa se vogliono operare devono richiedere ad ogni regione un’autorizzazione, una diversa dall’altra, ciò è bloccante e ci mette in difficoltà.
– Operare una semplificazione della normativa, superando alcuni vincoli che ormai sono anacronistici, per esempio il limite numerico dei lavoratori da mandare in missione in base alle previsioni dei singoli CCNL, normativa del 1997, quando il timore era che il lavoro temporaneo, senza limiti, potesse destrutturare il lavoro stabile.
Il lavoro somministrato ha una penetrazione pari all’uno per cento della popolazione attiva, ma tali vincoli ricadendo su ogni singola impresa utilizzatrice, bloccano le assunzioni e si perdono occasioni di lavoro