“Ci sono persone che sognano di uscire, noi invece entriamo lì ogni giorno”. Roberto Brocato, insieme alla moglie Shiela, ha fondato nel 2001 la Gsp, global service provider, un’azienda che si occupa di assistenza hardware. Negli anni, però, gli obiettivi, la location e la mole di lavoro si è notevolmente trasformata: “Nel 2004 – mi spiega Brocato, ideatore e promotore dell’iniziativa e amministratore della società – ho iniziato a pormi il problema della ‘sopravvivenza’. Avevamo bisogno di non essere inghiottiti dalla crisi e abbiamo deciso di far evolvere la Gsp. Ci siamo buttati nel campo della digitalizzazione e abbiamo iniziato un intenso percorso all’interno del carcere di Opera, alle porte di Milano”.
Oggi Gsp, che a tutti gli effetti vive in quasi mille metri quadrati all’interno della casa di reclusione milanese, si avvale della collaborazione di oltre 30 dipendenti reclusi, tutti con contratto a tempo determinato o indeterminato full time, e ha postazioni per inserire fino a 75 collaboratori. Gsp dispone poi di tre centri di scansione per un totale di 23 scanner di proprietà, con una capacità produttiva di oltre 300mila scansioni al giorno: “A tutti gli effetti facciamo business, non siamo una cooperativa. Abbiamo software gestionali e specifici, connessioni internet e ogni strumento in grado di far svolgere i servizi nel modo più rapido e automatico possibile per soddisfare le esigenze dei nostri clienti”.
Essere profit in carcere – Gsp è un’azienda profit che offre servizi informatici esattamente come altri competitors sul mercato: “Ci sono voluti parecchi anni per arrivare a questa maturazione, frutto anche della continua collaborazione con agenti, deputati alla sicurezza, ma anche con gli educatori del carcere e con i nostri dipendenti. Con loro si è instaurato un rapporto di reciproca fiducia, esattamente come accade in tutti gli ambienti lavorativi”.
Ogni giorno un membro della società entra all’interno dell’istituto di reclusione per coordinare le attività e ogni mese ci sono incontri con i dipendenti con i quali si analizza l’operato di ognuno, i margini di miglioramento e il fatturato: “Voglio essere onesto – ammette Brocato -. Quando ho deciso di provare ad aprire la mia attività in un ambiente come quello carcerario la mia esigenza era di sopravvivere alla crisi e abbassare il costo della manodopera. Era un modo per ridurre i costi del servizio che io proponevo ai clienti, mantenendo alta la qualità. Poi, però, sono riuscito a creare un’azienda normale, esattamente come quelle che ci sono ‘fuori’, e mi sono reso conto dei benefici che portava questa realtà nei meccanismi carcerari: sono sotto gli occhi di tutti i benefici sociali per un detenuto che svolge una vera e propria attività lavorativa. La mia azienda permette loro di avere uno stipendio, di arrivar prima a beneficiare di eventuali misure alternative per buona condotta e anche, è stato dimostrato, riduce la recidività una volta usciti dal carcere”.
Il lavoro – La casa di reclusione di Milano, mi spiega Brocato, si adatta facilmente a semplificare ogni genere di problema logistico: “È uno degli istituti più grandi d’Europa – dice – e questo permette il facile accesso, al suo interno, dei documenti cartacei da digitalizzare. Tuttavia il contatto diretto tra dentro e fuori è un valore aggiunto dell’iniziativa ed è svolto nel massimo rispetto della sicurezza: per esempio il telefono e la connessione internet sono gestiti attraverso password messe a disposizione solo di alcuni di noi”.
Il processo di trasformazione dall’analogico, la carta, al digitale, cioè in file, necessita di un elevato potenziale umano: “dobbiamo occuparci del ritiro della carta, della sua normalizzazione come, per esempio, togliere graffette e allineare bene la carta prima della scansione. Poi, una volta che la carta è stata preparata e digitalizzata, si passa alla parte più complessa che è l’indicizzazione. Stabilendo delle chiavi, cerchiamo di suddividere le immagini scannerizzate attraverso le informazioni che contengono”.
I flussi documentali di cui Gsp si occupa hanno paternità di tutto rispetto: da due anni, per esempio, è stato avviato un progetto, volto alla digitalizzazione degli atti della Procura di Milano e Monza, nel quale sono stati inseriti 14 operatori in articolo 21 che quotidianamente – dagli Istituti di Bollate e di Monza – svolgono la propria attività nei tribunali delle due città.
Riconoscimenti – Negli anni non sono mancate le soddisfazioni: “Di fatto – racconta Brocato – quando un dipendente viene rilasciato smette di lavorare per noi. Nonostante questo è capitato che qualcuno ci tenesse a contattarci a distanza di tempo per ringraziarci dell’opportunità datagli”.
Per saperne di più – www.gsp01.it