La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4984 del 4 marzo 2014, ha statuito che è legittimo il licenziamento del lavoratore che utilizzi i permessi di cui all’art. 33 della L. n. 104/92 per motivi estranei a quelli previsti dalla legge, anche qualora l’accertamento del fatto avvenga grazie all’utilizzo di agenzia investigativa.
Nel caso di specie il datore di lavoro, in ragione del sospetto ingenerato da voci circolanti in azienda, incaricava un’agenzia di investigazione privata al fine di verificare come il dipendente impiegasse il tempo di fruizione dei permessi previsti dalla legge n. 104/92 (permessi per lavoratori disabili o per famigliari di disabili). Dall’attività investigativa svolta, emergeva che il lavoratore avesse utilizzato il predetto permesso per recarsi in vacanza con amici, con ciò rendendo manifesta l’impossibilità di prestare l’assistenza alla madre, in ragione della quale il dipendente poteva godere dei permessi in questione.
La società licenziava dunque il lavoratore che proponeva ricorso avanti al Giudice del lavoro, assumendo l’illiceità del controllo effettuato e, di conseguenza, l’invalidità del provvedimento espulsivo. Secondo la prospettazione del lavoratore, condivisa dal Tribunale, l’espletata attività investigativa sarebbe stata posta in essere in violazione dei divieti di controllo – ad opera di soggetti diversi dal datore di lavoro e suoi collaboratori – sull’adempimento della prestazione lavorativa previsti dallo Statuto dei Lavoratori, il che avrebbe inficiato la validità del licenziamento. Tale impostazione non veniva condivisa dalla Corte d’Appello, che riformava la sentenza di primo grado.
Il lavoratore proponeva dunque ricorso in Cassazione, la quale, sulla scorta delle argomentazioni rese dalla Corte territoriale, ha accertato la legittimità del licenziamento, attribuendo ai controlli effettuati natura diversa rispetto a quella prospettata dal Tribunale. In particolare la Cassazione, pur confermando il divieto di controllo a mezzo di personale di vigilanza per la verifica dell’adempimento o meno dell’obbligazione contrattuale del lavoratore di prestare la propria opera, ha ritenuto che il controllo effettuato non avesse avuto ad oggetto l’attività lavorativa.
Sotto tale profilo, infatti, la Cassazione ha ravvisato che il controllo volto all’accertamento dell’utilizzo improprio dei permessi ex art. 33 L. 104/92 – condotta, questa, suscettibile di avere altresì rilevanza penale – fosse stato effettuato al di fuori dell’orario di lavoro e in una fase di sospensione dell’obbligazione principale di rendere la prestazione lavorativa.
Gli Ermellini hanno anche ribadito, nel solco di un consolidato principio giurisprudenziale, che le agenzie di investigazione privata (incaricate dal datore di lavoro) non devono sconfinare nella vigilanza dell’attività lavorativa vera e propria, riservata direttamente al datore di lavoro e ai suoi collaboratori, restando, di converso, giustificato l’intervento in questione non solo per l’avvenuta perpetrazione di illeciti e l’esigenza di verificarne il contenuto, ma anche in ragione del solo sospetto o della mera ipotesi che illeciti siano in corso di esecuzione. La Corte di Cassazione ritenuto, quindi, che la società non fosse incorsa in alcuna violazione dello Statuto dei Lavoratori e che la condotta del lavoratore fosse tale da tale integrare gli estremi della giusta causa di licenziamento in quanto lesiva del rapporto fiduciario, ha accertato la legittimità del licenziamento irrogato al dipendente “vacanziero”.