La ripresa dell’economia italiana passa per la riforma del lavoro e la riforma della formazione aziendale e professionale. Per potenziare la formazione serve un’estensione della legge che renda obbligatoria la formazione; favorire il credito alla formazione; aumentare e certificare la qualificazione della formazione; riformare il sistema dei Fondi Interprofessionali; rivedere il sistema dell’accreditamento regionale delle strutture formative.
Queste le proposte principali che provengono dal mondo della formazione al termine di una indagine dell’“Osservatorio nazionale sulla formazione ExpoTraining” svolta nei mesi scorsi tra gli imprenditori e i professionisti della formazione, i Fondi Interprofessionali ed i principali attori del sistema.
In questo settore operano 35 mila soggetti (di cui 7 mila accreditati presso le Regioni), con un giro d’affari annuo di 3 miliardi di euro, impiegando 600 mila lavoratori (diretti e indiretti). Relativamente al giro d’affari, 500 milioni sono attribuibili al settore privato e 2.500 al settore pubblico (800 milioni dai Fondi Interprofessionali, il resto dall’Unione Europea, dal Ministero del Lavoro e dalle Regioni).
Le proposte del comparto della formazione verranno presentate e dibattute alla 4° edizione di “ExpoTraining, la fiera della formazione professionale, del lavoro e della sicurezza sul lavoro”, che si terrà a Milano dall’1 al 3 ottobre 2014 in Fiera Milano City.
“Dobbiamo rifarci alla riforma del lavoro della Germania nel 2003, la cosiddetta riforma Hartz – spiega Carlo Barberis, Direttore dell’Osservatorio nazionale sulla Formazione ExpoTraining – che era centrata sulla formazione, affiancandola ai bisogni dell’impresa e finalizzata a ridurre drasticamente la disoccupazione. Presenteremo il nostro Manifesto al Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, al Parlamento ed al mondo del lavoro”.
Il Manifesto per il potenziamento della formazione può essere riassunto nei seguenti punti:
- Rendere obbligatoria la formazione continua, come già avviene in materia di sicurezza del lavoro e nel campo dell’aggiornamento dei professionisti;
- Incentivare politiche creditizie che premino le aziende e le organizzazioni eccellenti nell’uso della formazione;
- Aumentare il livello di qualificazione dell’offerta formativa che deve soddisfare l’analisi dei contenuti, l’analisi dell’ingegneria formativa, l’analisi delle competenze del personale, il monitoraggio periodico dei risultati;
- Riduzione del numero dei Fondi Interprofessionali, accorpando i Fondi minori in un unico Fondo nazionale. Oggi operano in Italia 21 Fondi Interprofessionali, creati bilateralmente da lavoratori e imprese dalla legge 388 del 2003 che obbliga le aziende a versare all’INPS la quota dello 0,30% del monte salari annuo di ogni dipendente per la formazione professionale. I costi di gestione di tanti Fondi Interprofessionali si avvicinano al limite massimo del 30% del capitale (stabilito dalla legge);
- Promuovere meccanismi di trasparenza dell’impiego dei fondi pubblici, tramite la tracciabilità dei flussi finanziari;
- Riformare il sistema dell’accreditamento Regionale delle strutture formative centrandolo sulle competenze degli addetti e non già sulla disponibilità di strutture, come avviene oggi;
- Formulare piani di riqualificazione e formazione degli 800 mila lavoratori finiti in Cassa Integrazione;
- Raccordare le politiche formative con quelle educative in uscita dai cicli scolastici ed universitari.