Milano, 30 dicembre 2016 – La Corte di Cassazione con una recente sentenza ha sancito per la prima volta nel nostro ordinamento la possibilità di poter licenziare un lavoratore per giustificato motivo oggettivo anche per ragioni legate al profitto e alla migliore redditività dell’azienda. Fino ad oggi le possibilità di licenziamento (per giustificato motivo) erano vincolate allo stato di crisi di un’azienda e questa situazione rendeva accettabile il licenziamento anche per evitare conseguenze più drastiche. Solo una situazione straordinaria, come la crisi aziendale o la perdita del fatturato, permetteva la giustificazione del licenziamento. Oggi, dopo la sentenza della cassazione del 7 dicembre 2016 scorso tra le ragioni per licenziare c’è anche la redditività dell’azienda e quindi in definitiva il profitto. Fatto storico per l’ordinamento italiano.
“Tra le motivazioni della storica sentenza – spiega Luca Failla, avvocato, giuslavorista e co-fondatore di LabLaw – l’applicazione dell’articolo 41 della Costituzione che letto come quel principio per cui l’imprenditore è libero, pur nel rispetto della legge, di assumere quelle decisioni atte a rendere più funzionale ed efficiente la propria azienda, senza che il giudice possa entrare nel merito della decisione. In altre parole – continua Failla – con questa sentenza i giudici della Cassazione hanno affermato per la prima volta una vera in modo netto e inequivocabile che un licenziamento non sarà giustificato solo per ragioni di crisi aziendale o calo di fatturato o, nei casi più gravi, in cui è in gioco la sopravvivenza stessa dell’azienda, ma anche – questa la novità storica – per una migliore e più efficiente organizzazione produttiva dell’azienda e per la ricerca di una maggiore produttività e redditività, quindi per generare maggior profitto”.
Le motivazioni della sentenza – “La sentenza della Corte di Cassazione del 7 dicembre 2016 n. 25201 – continua l’avvocato Failla – si riferisce ad una sentenza della Corte d’Appello di Firenze del 29 maggio 2015 che , ribaltando il giudizio di primo grado, ha ritenuto illegittimo il licenziamento intimato ad un dipendente della R.S. Spa per giustificato motivo oggettivo”. Tale sentenza, infatti, non aveva condiviso l’assunto del primo giudice che aveva considerato invece legittimo il licenziamento in quanto “effettivamente motivato dall’esigenza tecnica di rendere più snella la cd catena di comando e quindi la gestione aziendale”. La Corte di Appello di Firenze ha sostenuto che in mancanza di prova da parte del datore di lavoro l’esigenza del licenziamento “risulta motivata soltanto dalla riduzione dei costi, e quindi dal mero incremento del profitto”. La Corte di Cassazione è intervenuta confermando la valenza della prima sentenza di legittimità del licenziamento, indicando l’articolo 41 della Costituzione letto come “quel principio per cui l’imprenditore è libero, pur nel rispetto della legge, di assumere quelle decisioni atte a rendere più funzionale ed efficiente la propria azienda, senza che il giudice possa entrare nel merito della decisione”. Si argomenta che “concedere” all’imprenditore “la possibilità di sopprimere una specifica funzione aziendale solo in caso di crisi economica finanziaria e di necessità di riduzione dei costi rappresenti un limite gravemente vincolante l’autonomia di gestione dell’impresa, garantito costituzionalmente” e peraltro neppure imposto dall’art. 3 della legge 604/1966 come invece interpretato per decenni dai nostri tribunali. Con il secondo motivo si denuncia ancora violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 5 della legge 15 luglio 1966 n. 604, in relazione all’art. 41 Costituzione. Si sostiene che, anche ove la soppressione della funzione fosse stata dettata da una mera scelta di più economica gestione dell’impresa, tale decisione aziendale sarebbe comunque legittima, in quanto attinente alla libertà economica dell’imprenditore. Si contesta, richiamando talune pronunce di legittimità, che ai fini della giustificazione del motivo oggettivo di licenziamento, debba sussistere esclusivamente “il requisito economico dato dall’esistenza di sfavorevoli situazioni o necessità di sostenere notevoli spese straordinarie”.
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Chi è Luca Failla – Avvocato e Giuslavorista, Professore a contratto presso l’Università LUM Jean Monnet di Casamassima (Bari). Avvocato dell’Anno per il Contenzioso Giuslavoristico (LegalCommunity 2013). È Socio Fondatore di LABLAW, il primo studio italiano per professionisti e diffusione capillare sul territorio specializzato in diritto del lavoro e relazioni sindacali. Ha maturato una specifica competenza nel settore della consulenza straordinaria/M&A, del diritto sindacale, commerciale e societario, del contenzioso in ambito giuslavoristico oltre che civile internazionale, dei contratti dei dirigenti e responsabilità degli Amministratori. Ampiamente riconosciuto nell’ambito legale ed accademico italiano, è molto richiesto come docente nelle università e svolge attività di formazione ed aggiornamento per le imprese.