“Lo scenografo è la persona che si deve occupare in modo creativo di tutto ciò che riguarda la parte visiva di un film. Scenografo, direttore della fotografia e costumista sono quelli che danno allo spettatore l’opportunità di partire con la fantasia, di immaginare i luoghi che sono rappresentati”.
A spiegarci in cosa consiste l’arte della scenografia è Francesco Frigeri, noto scenografo italiano, nonché docente responsabile del corso di scenografia del Centro Sperimentale di Cinematografia. “È quella persona che manca nella lettura di un libro- aggiunge- Quando si legge un’opera, la si immagina. Lo scenografo è la persona che realizza quell’immaginazione, che la rende visibile, che la rende tridimensionale”.
Figura dalla spiccata sensibilità estetica ed artistica, lo scenografo progetta, cura e realizza l’allestimento delle scene, provvedendo alla costruzione di ambienti scenografici in coerenza con il contesto storico e lo stile espressivo della storia. Ma per vestire uno spazio, regalando così una scena dove far vivere e muovere una vicenda, bisogna conoscere lo script e lavorare in collaborazione con il regista per comprenderne le intenzioni e poterle interpretare, senza tuttavia limitare la propria libertà espressiva. “Uno scenografo non si deve adattare ai vari registi – precisa Frigeri- Deve leggere la storia o la sceneggiatura, discuterne con il filmmaker, perché è il responsabile dell’opera cinematografica, ma il suo ruolo è autoriale, nel senso che è quello di saper consigliare, aiutare e proporre cose creative in funzione della storia che si va a realizzare. La sua è una funzione creativa, mai secondaria”.
Ma che cos’è una scenografia? Emanuele Luttazzi, uno dei più importanti e noti illustratori italiani, nonché abile scenografo di fama mondiale, scomparso nel 2007, la definì come uno degli elementi chiarificatori del testo, che tuttavia avrebbe dovuto sottomettersi alle esigenze dello scritto per non correre il rischio di soffocarlo. La scenografia, infatti, dev’essere un elemento di chiarificazione e, aggiungo, di supporto al testo e all’azione degli attori. Dev’essere subordinata, ma in modo creativo – spiega lo scenografo di pellicole del calibro di “Non ci resta che piangere” e “La leggenda del pianista sull’oceano” – Lo scenografo deve tener conto delle esigenze del copione e di regia, ma questo non significa che la sua creatività venga condizionata. Dopo un approfondimento, fatto in prima istanza con un regista, inizia la sua attività che è quella di proporre e mettere in moto la sua fantasia, la sua abilità. Proporre con genialità uno spazio adatto che faccio da background a quella che sarà la battuta dell’attore”.
Come diventare scenografo – L’iter formativo standard per diventare scenografo comincia con un percorso artistico, spesso un liceo o una scuola d’arte, per poi proseguire con l’Accademia delle Belle Arti (www.accademia.firenze.it), Istituzione di Alta Formazione Artistica e Musicale, parte del comparto universitario italiano. Molti atenei, inoltre, hanno introdotto nuovi indirizzi in ambito cinematografico, come, ad esempio, il “Corso di Laurea Specialistica in Progettazione delle Scenografie, degli Allestimenti e delle Architetture di Interno” presso la Facoltà di Architettura “Ludovico Quaroni” dell’Università La Sapienza di Roma.
L’istruzione accademica può essere poi accompagnata dalla frequenza di corsi specificatamente orientati alla formazione di giovani scenografi. Il Centro Sperimentale di Cinematografia (www.fondazionecsc.it), con sede principale a Roma, offre corsi finalizzati alla preparazione di professionalità legate alle discipline della scenografia, dell’arredamento e del costume cinematografici. In tal senso, in qualità di docente, Francesco Frigeri rivela come, oltre che sulla formazione, il suo metodo d’insegnamento punti sull’autonomia e la creatività degli allievi. “Io posso insegnare delle tecniche, elementi di mestiere a livello di bottega, come si faceva nelle vecchie botteghe del ‘400 delle scuole di pittura, ma non voglio e non posso intervenire sulla fantasia e la creatività dei ragazzi. Cerco di stimolarli ad essere liberi. Faccio questo a tal punto che, come metodologia, ho tolto la visione dei miei film e l’analisi delle pellicole che ho fatto perché altrimenti non sarei obiettivo con loro. Certo, li influenzo da un punto di vista tecnico, nel senso che certe regole gliele insegno, ma sono quelle basilari. Non gli insegno a scrivere un libro o il contenuto del testo, ma la grammatica”.
Oltre ad una buona preparazione tecnica ed una discreta abilità nel disegno, qualità indispensabili per uno scenografo sono l’amore e la conoscenza per la storia dell’arte. Su questo Frigeri è irremovibile, “Ciò per cui ci stiamo battendo molto è la preparazione culturale, abbastanza definita, sulla storia dell’arte. Non si può fare lo scenografo se non si conosce e non sia ama la materia. Aggiungo che purtroppo tale preparazione non è più riscontrata nei registi. Questa è una grossa mancanza, una grossa deficienza delle giovani regie italiane, a differenze dei grandi registi di un tempo; non voglio arrivare ad Antonioni, perché sarebbe abbastanza facile, ma anche quelli della commedia all’italiana la conoscevano benissimo. Si partiva sempre da qualche riferimento alla storia dell’arte. Uno scenografo che non la conosce è uno scenografo a metà – asserisce con convinzione- Al mio fianco nell’insegnamento ho un professore di storia dell’arte che tiene quattro ore di lezione a settimana ai vari corsi e va di pari passo con l’analisi del periodo che io sto facendo di un film. Una volta al mese, inoltre, è obbligo dei ragazzi, e io li accompagno ben volentieri, far visita a mostre o eventi culturali”.