E’ pienamente legittimo il licenziamento per giusta causa intimato ad una cassiera impiegata in un supermercato che, approfittando del fatto che alcuni clienti fossero sprovvisti della carta fedeltà, ha caricato i punti della loro spesa sulla propria tessera. Con questo espediente la cassiera era riuscita ad accumulare i punti necessari per il ritiro di ben 72 premi dal 2002 al 2004. Il datore di lavoro, scoperto l’abnorme accumulo di punti da parte della dipendente, ha avviato un procedimento disciplinare nei confronti della stessa, culminato con il suo licenziamento per giusta causa.
Il licenziamento “in tronco” adottato nei confronti della cassiera è legittimo. Lo ha recentemente stabilito la Corte di Cassazione – Sezione Lavoro – che con sentenza del 31 ottobre 2013 n. 24588, in linea con quanto sancito dal giudice di prime cure e, successivamente, dalla Corte d’Appello di Catania, ha confermato la piena legittimità del provvedimento espulsivo adottato dall’azienda, negando la reintegrazione della lavoratrice sul posto di lavoro.
Nel caso di specie, infatti, la sanzione espulsiva inflitta dall’azienda è stata ritenuta proporzionata a fronte della reiterazione della condotta dolosa da parte della dipendente – che per lungo tempo aveva operato in spregio delle direttive aziendali – anche in considerazione delle particolari mansioni di cassiera affidatele, con conseguente lesione irrimediabile del vincolo fiduciario.
La Suprema Corte ha rigettato la doglianza avanzata dalla lavoratrice la quale, con il proprio ricorso, aveva lamentato la mancata affissione del codice disciplinare in azienda, con conseguente impossibilità di conoscere il divieto in cui è incorsa con il proprio comportamento e la relativa sanzione prevista. A tal riguardo, gli ermellini hanno confermato quanto stabilito dalla Corte d’Appello di Catania secondo cui, ai fini della legittimità del licenziamento nel caso in esame, non si configura come necessaria l’affissione del codice disciplinare prevista dall’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori, posto che la condotta tenuta dalla cassiera ha integrato un comportamento contrario all’etica comune o comunque una violazione dei doveri fondamentali connessi al rapporto di lavoro.
Il principio ribadito dalla Cassazione è quello secondo cui, ai fini della legittimità del licenziamento intimato per ragioni disciplinari, in presenza di violazioni di norme di legge o di doveri fondamentali del lavoratore riconoscibili come tali senza la necessità di una specifica previsione, non è richiesta la previa affissione del codice disciplinare; ne deriva che quando un licenziamento ha natura ontologicamente disciplinare, per la sua legittimità è sufficiente la preventiva contestazione al dipendente dell’addebito.