In Italia, secondo dati Istat, sono otto milioni e 800mila le partite iva registrate, di cui oltre tre milioni quelle individuali. Negli anni scorsi l’Isfol, Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori, ha calcolato la presenza in Italia di almeno 300mila lavoratori autonomi con la finta partita Iva, ai quali aggiungere circa 700-800 mila persone con contratti di collaborazioni a progetto (co.co.pro) e le collaborazioni coordinate e continuative (co.co.co.).
Insomma, parliamo di un vero e proprio esercito di lavoratori temporanei, se consideriamo che nel 2012 è aumentato di oltre 210mila unità il numero di lavoratori autonomi con meno di 35 anni. “Una crescita – spiega Magda Maurelli, segretario generale della UilTemp – che probabilmente nasconde la realtà di parecchi giovani italiani formalmente liberi professionisti con la partita iva, ma che in realtà lavorano in regime di mono-committenza”. Come possono tutelarsi questi lavoratori? E soprattutto quando cambierà la situazione?
I dati sconcertanti di Uiltemp – “E’ relativamente difficile – continua Maurelli – riuscire ad avere un quadro completo dei lavoratori a partita Iva in Italia, se si considerano coloro che rientrano dentro gli albi professionali, come architetti, avvocati o giornalisti, unitamente a tutti quelli che versano alla gestione separata Inps. In questo secondo caso possiamo trovare figure professionali molto differenti dagli informatici, ai pubblicitari, ma anche i ricercatori, designer, amministratori di condominio, guide turistiche, grafici, interpreti, bibliotecari, enologi, archeologi, musicisti, fumettisti. Tutti con un reddito medio mensile lordo di mille euro che al netto diviene di 545,00 euro, in cui l’onere è tutto sul lavoratore”. Decisamente ben al di sotto della soglia necessaria non al guadagno, ma bensì alla sopravvivenza.
Riforme e cambiamenti – Come si è arrivati a questa situazione? “La crisi ha colpito ovviamente più il lavoro dipendente di quello autonomo ma, mentre il primo usufruisce di protezioni sociali, al lavoratore a partita iva non è rimasto altro che tentare di reinserirsi all’interno del mercato del lavoro svalutando anche la propria professionalità”, ci spiega il segretario generale della UilTemp.
E la tanto “titolata” riforma del lavoro Fonero che si prefiggeva l’obiettivo di garantire ammortizzatori sociali universali, secondo Maurelli, ha di fatto lasciato senza protezioni adeguate tutta la sfera del lavoro autonomo. “Inoltre, l’innalzamento dei contributi ha scaricato su migliaia di professionisti l’onere della contribuzione senza dedicare un sistema o indicare un modello di welfare dinamico a sostegno dei professionisti”.
Panorama catastrofico – Così avviene che gli autonomi cercano sempre da soli le risposte ai loro problemi in caso di malattia, maternità, infortuni, considerando che per loro non sono predisposte: “Per questo – aggiunge Maurelli – crediamo che sia assolutamente necessaria una riconsiderazione complessiva delle prestazioni sociali e degli ammortizzatori, che possa finalmente valere per tutti, nessuno escluso. Se la cultura del lavoro è cambiata allora, dobbiamo rivedere il nostro sistema che deve includere tutti all’interno di un nuovo progetto sociale”.
Futuro – E’ necessario, secondo UilTemp, monitorare sempre più il lavoro così da scovare quello formalmente autonomo dal rapporto che cela in realtà la subordinazione all’azienda. “Gli italiani sono all’ultimo posto nella classifica europea di chi, tra i 15 e i 35 anni, desidera aprire un’attività in proprio ma, a tutti gli effetti, le partite Iva di giovani fino a 39 anni sono 1,4 milioni, cioè il numero più alto d’Europa. Non solo l’Italia (seconda soltanto alla Grecia) presenta una maggiore percentuale di lavoratori autonomi, ma ha anche registrato il maggior incremento di questa percentuale dal 2008 al 2012”.
Una contraddizione che sottolinea come si sia verificata un’evoluzione dei processi produttivi e il conseguente cambiamento dell’organizzazione del lavoro, ma anche certifica la possibilità di poter eludere diritti da rapporto di natura dipendente con finte collaborazioni autonome, con la conseguente ‘trappola’ di poter scaricare sul lavoratore gli oneri di contribuzione. “In un momento di forte crisi, in cui chiudono mille imprese al giorno far aprire la partita iva al lavoratore può essere l’escamotage per poter continuare il ciclo produttivo ma, a scapito della persona “, conclude Maurelli.