Raccontare il lavoro che c’è, che c’è stato o che ci sarà, nelle proiezioni e nei sogni, utilizzando carta, penna, pensieri, memorie, riflessioni, partendo da una pagina bianca. In un mondo così veloce e sempre connesso, questo ritorno al passato sembra anacronistico, fuori luogo, irreale. Eppure Stefano Saladino (presidente dell’associazione culturale “Luoghi di relazione” e ideatore del Digital Festival) ha concepito l’idea in collaborazione con il giornalista freelance Vito Verrastro (ideatore di Lavoradio e del Jobbing Fest) e ha accettato la sfida, realizzando e autoproducendo “White book of job”, il primo esperimento di scrittura collaborativa sul tema del lavoro nato in Italia.
«Abbiamo pensato che si parla sempre del lavoro che non c’è e si dà ancora poco spazio alle esperienze, alle persone, che attraverso il loro vissuto possono essere di esempio e di sostegno agli altri – dichiara Saladino -. E allora abbiamo deciso di materializzarlo, questo vuoto, creando una sorta di tempo sospeso su carta che potrà essere riempito da microstorie, aneddoti, episodi, sfide, perché ognuno possa aggiungere un proprio personale tassello all’opera. E lo farà nella propria lingua, con la propria grafia, e quindi con la massima personalizzazione possibile, perché ognuno possa leggere quel pezzettino di vissuto e farlo proprio, in una condivisione atipica e arricchente».
Chi potrà collaborare? Sono diversi i percorsi possibili, ma ogni copia del White Book of Job sarà unica e diversa dall’altra. Un “ambassador” assumerà la “paternità” di una copia e, dopo aver lasciato il proprio contributo (anche la copertina del libro è bianca e, quindi, personalizzabile) avvierà il passaggio del libro ad un nuovo collaborativo, il quale effettuerà la stessa operazione fino a quando l’ultimo contributore avrà il compito di riconsegnare la copia a Stefano Saladino, come da istruzioni contenute nel libro. Non c’è limite di tempo, né di spazio. Alcune copie sono state inviate all’estero, altre viaggeranno in Italia, altre ancora compiranno percorsi assolutamente random e sconosciuti perfino agli organizzatori: magari verranno lasciate su una panchina, su un treno o su un aereo, e potranno incrociare altre persone e altre storie che mai si sarebbero potute legare, se non attraverso questa idea romantica e un po’ folle.
Ma c’è di più: in parallelo al percorso delle copie cartacee ci sarà quello su web e social network. Attraverso un Qr code presente su ogni singola copia ci si potrà collegare al sito del progetto, www.whitebookofjob.com e ai canali social (per il momento Facebook e Twitter). Digitando l’hashtag generale (#whitebokofjob) o quello di ogni singola copia (#wbj001, 002 e così via) si potrà segnalare la proprietà temporanea dell’opera, geolocalizzandosi e taggandosi, o magari facendo un selfie con il libro stesso, prima di passare il testimone in questa azione di crossing assolutamente gratuita e spontanea. «Certo, abbiamo naturalmente messo in conto che non tutte le copie potrebbero tornare indietro – sottolinea Verrastro – ma in questa incognita c’è tutta l’imprevedibilità di un viaggio un po’ randagio che questa esperienza vuole rappresentare».
E alla fine cosa succederà? Non ci sarà una vera fine, perché la restituzione dei libri avvierà la fase due del progetto, che potrà tradursi in serate di reading collettivi, installazioni dei libri come opere d’arte contemporanea, digitalizzazione delle microstorie più belle e altre idee che gli stessi “collaborativi” potranno suggerire. Perché il viaggio continui e si arricchisca di nuove storie, e nuovi incroci.
Per richiedere una copia o interagire con il progetto: [email protected].
Per info, approfondimenti, interviste e contatti: Stefano Saladino [email protected].