Il complicato tema del lavoro occupa sempre un posto di primo rilievo sulle pagine dei quotidiani nazionali e negli spazi dei telegiornali. A volte, sempre più spesso in questo periodo, l’occupazione s’intreccia con tragici episodi di cronaca. Si tratta di morti sul lavoro: ma non parliamo solo di attività usuranti, di sfruttamento in fabbrica o d’incidenti nei cantieri.
Parliamo anche di lavori impiegatizi che portano a trascorrere talmente tanto tempo in ufficio che i dipendenti, stagisti o collaboratori, non riescono più a sopportare fisicamente lo stress e crollano. In Cina e Giappone già dagli anni ’70 è stato coniato un termine per questo tipo di decesso, che sfortunatamente – a causa della contrazione attuale – ora interessa anche i paesi occidentali.
Stakanovisti cinesi – Si presenta con un documento falso alle porte di una delle fabbriche più famose del Paese, che produce pezzi elettronici che verranno montati sui più nuovi e costosi modelli di smartphone. Per lui, quattordici anni ma maggiorenne sulla carta, può essere una svolta.
E’ iniziata così la storia di Liu Fuzong, il dipendente-bambino della fabbrica di prodotti elettronici, che ha sconvolto l’Italia e non solo, proprio sotto Natale quando quei cellulari di ultima generazione che lui produceva venivano regalati ai suoi coetanei europei e americani. Ha lavorato per giorni dodici ore per turno con due brevi pause per il pranzo, poi dopo settimane senza mai fermarsi, è stato trovato morto nel suo letto del dormitorio dell’azienda. Le autorità non hanno però voluto offrire maggiori indicazioni e la sua morte è stata risarcita con poco più di 12mila euro.
Nella fabbrica cinese dove lavorava Liu Fuzong, secondo l’organizzazione americana China Labor Watch, gli straordinari erano all’ordine del giorno, anche di decine d’ore. Il ragazzo, che proveniva da una famiglia povera della zona rurale cinese, era stato assunto grazie a un documento falso, nel quale c’era scritto che aveva diciotto anni. Senza troppi controlli da parte dell’azienda (che è stata multata dalle autorità per questo), è stato assunto e messo alla catena di montaggio. Con lui lavoravano anche molti studenti, parecchi dei quali sotto i sedici anni, nonostante sia vietato dalla legge. Tutti provenienti dalla provincia meridionale del Sichuan, tutti messi a produrre pezzi elettronici.
Fuori dalle fabbriche, negli uffici – Secondo le stime ufficiali, in Cina si contano 600mila morti all’anno per troppo lavoro, in prevalenza colletti bianchi impiegati nelle grandi città. Esiste anche, come abbiamo accennato, un termine coniato appositamente per parlare di questi decessi: ‘guolaosi’, che descrive con altre parole un fenomeno noto già da molti anni in Giappone con il termine karoshi, nient’altro che due facce della stessa triste medaglia. Il termine indica esattamente le morti dei lavoratori di grandi aziende, per lo più dovute a ictus, infarti o suicidi, dopo aver lavorato oltre il limite.
Il primo caso di karoshi in Giappone è stato segnalato nel 1969 con la morte di un operaio di 29 anni nel reparto di trasporto di un giornale giapponese. Ma l’espansione economica recente delle multinazionali giapponesi ha esportato anche la nozione di karoshi verso paesi come Cina, Corea e Taiwan.
Indonesia – Ci sono anche storie molto più vicine a noi di quanto possiamo immaginare. Come per esempio ci racconta la vicenda di Mita Diran, che aveva 27 anni e lavorava a Giacarta in un’agenzia pubblicitaria. Mita andava fiera dei suoi eccessi lavorativi e – sicuramente – ne sottovalutava i pericoli. Il suo ultimo tweet, postato a fine dicembre, diceva: “Trenta ore di lavoro e sto ancora andando forte”. Poco dopo Mita è deceduta e le ragioni specifiche sono ancora da appurare, ma certo l’overdose di lavoro ha giocato la sua parte. È collassata al ristorante, dopo una sessione lavorativa infinita, ed è subito entrata in coma. Da lì a poco la morte.
Sulla sua bacheca altri status, che ora suonano davvero amari. “Sono otto giorni consecutivi che chiudo io l’ufficio”, oppure “Finalmente sono rientrata a casa prima della mezzanotte: è la prima volta in tre settimane”. Secondo i medici del Pertamina Central Hospital la causa del decesso è stato “un attacco cardiaco e ictus cerebrale in seguito a lavoro senza fine e all’assunzione continuativa di caffé e drink energetici”.
Londra – Una concausa molto simile a quella accertata dai medici di Londra che qualche mese fa si sono occupati dell’autopsia di Moritz Erhardt, studente tedesco di 21 anni morto dopo aver lavorato per 72 ore consecutive in una filiale della Bank of America. Sembra che il giovane stagista fosse affetto da epilessia. E’ stato trovato morto nella sua doccia, quando gli mancava solo una settimana alla fine del tirocinio. Secondo molti a lui vicino aveva lavorato intensamente per soddisfare le pesanti richieste dei propri datori di lavoro, nella speranza di un’assunzione.
Dove sono i diritti? – Nel timore costante di essere sostituiti o lasciati a casa da un momento all’altro, sono molti i giovani, chiamati per breve tempo dalle aziende in qualità di stagisti o collaboratori, che assecondano i superiori, facendo straordinari folli non retribuiti per spirito di sacrificio. Voi cosa ne pensate?