“Abbiamo fatto una marchionnata”. Una battuta sulla bocca degli addetti ai lavori che evoca operazioni finanziarie avventurose, scorpori, fusioni, ritocchi dei dati contabili, piani che nascondono obiettivi non dichiarati. Operazioni che strizzano l’occhio agli investitori facendo solo gli interessi della proprietà e non di lavoratori e territorio. Marchionne non è stato, ovviamente, privo di meriti, eppure i suoi limiti sono evidenti. Se tutti i manager ne seguissero passivamente l’esempio, probabilmente diventerebbero semplici esecutori della volontà di investitori e azionisti, quando invece dovrebbero porsi interrogativi, essere curiosi osservatori, ma soprattutto farsi guidare dalla propria visione del mondo, competenza ed etica, per trovare così uno stile di conduzione personale e unico. In questo scritto pregno di attualità e dell’esperienza sul campo dell’autore, Francesco Varanini propone una riflessione sull’eredità culturale di uno dei manager italiani più influenti degli ultimi decenni. Perché Marchionne è stato senza dubbio un caso esemplare, per molti anche un modello da seguire, ma di certo non il migliore dei manager possibili.
Francesco Varanini. E’ stato manager, amministratore delegato e imprenditore, ed è attualmente presidente di Assoetica. Etnografo e ricercatore sociale di formazione, si occupa di processi di cambiamento legati all’innovazione tecnologica. Nel 1999 ha ideato e diretto il primo master in Italia dedicato all’e-business e alla cultura digitale. Ha insegnato Informatica umanistica all’Università di Pisa. L’attività di docente e consulente si nutre del parallelo impegno come critico letterario. Con Edizioni Guerini ha pubblicato Le parole del manager, Contro il management, Macchine per pensare e Le cinque leggi bronzee dell’era digitale.