Con l’occupazione in crescita, aumenta la voglia di cambiare lavoro. Spinti dalle nuove opportunità che offre il mercato, dalla concorrenzialità crescente delle imprese nel trattenere i giovani o nel reclutare le professionalità introvabili, ma anche desiderosi di un cambiamento che porti ad una maggiore soddisfazione professionale o ad un migliore equilibrio vita-lavoro, i lavoratori italiani si muovono molto più di prima tra un’occupazione e l’altra. L’accentuata mobilità interna al mercato e il fenomeno delle dimissioni volontarie, in aumento negli ultimi 4 anni, vedranno da questo mese oltre 3 milioni di occupati alla ricerca di un nuovo impiego. È quanto emerge dall’ultima indagine della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro dal titolo “Ritorno al lavoro: per 3 milioni parte la ricerca di una nuova occupazione”, pubblicata oggi.
Come negli anni passati, settembre, insieme a dicembre, è il mese in cui si concentra il maggior numero di dimissioni volontarie: nel 2022 sono stati 121.756 gli occupati a tempo indeterminato che si sono dimessi al rientro dalla pausa estiva (circa il 10% del totale delle dimissioni avvenute durante l’anno). Il 2022, in particolare, è stato l’anno record delle dimissioni: 1.255.000 lavoratori a tempo indeterminato hanno lasciato il proprio impiego (+9,7% rispetto al 2021, +24% rispetto al 2019). Se si considerano, poi, i lavoratori a termine e stagionali, il numero arriva a 2.156.000 (+13,3% rispetto al 2021, +27,8% rispetto al 2019). Con riferimento ai settori più interessati dal fenomeno, la ricerca evidenzia come su 100 dimissioni di lavoratori a tempo indeterminato, la quota maggiore si è avuta nel commercio e nei servizi turistici (33,8% del totale) e nel comparto manifatturiero (25%).
In generale, rispetto a 4 anni fa, i settori protagonisti dell’incremento più consistente sono quelli che hanno conosciuto una più alta crescita occupazionale: le costruzioni (+48,4%), i servizi di informazione e comunicazione (+37,5%), la sanità e l’istruzione (+35,8%). A ben vedere, però, la tendenza a dimettersi s’inserisce nella più ampia voglia di cambiamento di lavoro degli italiani.
Secondo un’indagine realizzata a giugno scorso dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, in collaborazione con l’Istituto Piepoli, il 6% dei lavoratori interpellati ha cambiato occupazione negli ultimi due anni; a questi si aggiunge un 13% che sta cercando attivamente un altro impiego. C’è poi un 26% che, pur non avendo ancora agito concretamente, desidera un cambiamento professionale. La diffusa mobilità raggiunge tra i giovani la sua acme: il 13% di loro, infatti, ha cambiato lavoro, mentre il 15% è attivamente alla ricerca di una nuova occupazione. A spiegare il fenomeno, soprattutto la mancata soddisfazione per la situazione professionale precedente. Non a caso, il 41% di chi ha cambiato lavoro negli ultimi due anni (o si accinge a farlo) dichiara che a guidarlo verso questa scelta è stato soprattutto lo scontento per l’attuale condizione. Seguono, ma molto distanziate, la necessità, derivante dalla scadenza di un contratto o da un licenziamento (18%), e la voglia di un cambiamento di vita capace di favorire un ruolo diverso del lavoro nella propria esistenza (16%). Il 12%, infine, fa riferimento al presentarsi di nuove opportunità, mentre solo il 6% alla paura di perdere l’attuale impiego.
Cosa ricercano nel nuovo lavoro? In primis, un miglioramento retributivo (39%), che non significa meri aumenti salariali ma anche diverse e migliori forme di welfare e benefits. Poi, un migliore equilibrio lavoro-vita privata (30%), il desiderio di riscoprire motivazioni e nuovi stimoli (21%), un migliore clima aziendale (20%) e prospettive di crescita e carriera (20%).