C’è chi il cinema lo ama, riconoscendo in esso uno dei maggiori fenomeni culturali del XIX secolo, e chi lo vede come un semplice passatempo, seppure piacevole, uno strumento di divertimento o di svago. Ma quanti sanno cosa si nasconde dietro la realizzazione di un film? Quante e quali sono le professioni del mondo cinematografico?
Figura emblematica della cinematografia è, senza ombra di dubbio, lo sceneggiatore. Per comprendere quale sia l’importanza di tale ruolo, bisogna prima di tutto capire cos’è una sceneggiatura. Lo script è il punto fondamentale di un’opera, il primo passo verso la realizzazione di una pellicola. È il corpo della storia, comprensivo di dialoghi, descrizione dei personaggi, ambienti, azioni e movimenti, nonché l’insieme delle sequenze, delle inquadrature e della successione delle scene. Il percorso di scrittura di un film parte dalla stesura del soggetto, ovvero il nucleo centrale della struttura narrativa. “Bisogna dare una sintesi di un’idea, un clima, uno stile di ciò che verrà poi portato sullo schermo” precisa Stefano Rulli, importante firma del panorama cinematografico italiano, da qualche mese Presidente del Centro Sperimentale di Cinematografia (www.fondazionecsc.it).
La scaletta – In una seconda fase, si passa alla scaletta, la costruzione per punti dell’intreccio, per poi approdare al trattamento, definito anche soggetto allargato, cioè il racconto in prosa dell’intera storia. Ma, oltre ad una buona struttura, uno script dev’essere principalmente convincente ed incisivo. “La sceneggiatura è efficace quando riesce a comunicarti delle emozioni attraverso la relazione tra i personaggi, senza far dichiarare loro i propri sentimenti. Si devono percepire vedendoli in azione, nel rapporto, nel racconto. È la cosa più auspicabile, ma anche la più difficile da raccontare. Credo che il centro sia sempre la capacità di relazionare un personaggio con gli altri in maniera originale”.
Negli ultimi anni si è assistito ad un’evoluzione digitale che ha coinvolto le tecniche e il linguaggio del cinema, il che ha inevitabilmente portato dei cambiamenti anche a livello di scrittura. Sono nate nuove convenzioni narrative e nuovi strumenti espressivi, ma, come fa notare Rulli, non sempre si conoscono gli effetti e la portata che tale innovazione può avere. “Ancora non riusciamo a capire bene tutte le potenzialità di questa rivoluzione tecnologica in atto. C’è una sottoutilizzazione delle componenti legate a questo sviluppo come, per esempio, tutto ciò che comporta la possibilità di lavorare le immagini. Alcune immagini sono proprio costruite a posteriori. Ci sono scene di massa assolutamente impensabili una volta o proprie di un cinema costoso, ora invece realizzabili. Con queste nuove possibilità tecniche – spiega Rulli – , c’è la capacità di ideare cose che una volta era inutile pensare o scrivere poiché difficili da mettere in atto. Per questo, anche lo sceneggiatore deve conoscere le nuove potenzialità della tecnologia. Penso che nella sua formazione debbano rientrare nuovi elementi”.
Come diventare sceneggiatore – Lo sceneggiatore, in qualità di libero professionista, collabora al progetto con regista e produttore. Proprio per la presenza nello script di dettagli in merito a luci, angoli di ripresa e sequenze filmiche, lo “scrittore del cinema” deve avere una preparazione tecnica adeguata. Non esiste, però, un percorso formativo univoco, un iter preciso da seguire. Le strade possono essere molteplici. Spesso gli sceneggiatori hanno conseguito una laurea in materie umanistiche.
In molte città italiane, come Firenze, Torino e Bologna, sono attivi i corsi di laurea del DAMS (Discipline dell’Arte, delle Musica e dello Spettacolo). Altri Atenei hanno invece inaugurato dei Master di specializzazione in materie artistiche, come quello di “Scritture per il cinema. Sceneggiatura e Critica” presso l’Università di Udine.
L’istruzione accademica non è però strettamente necessaria, è sufficiente la frequenza di percorsi di formazione specifici post-diploma. Nella Capitale, per esempio, ha sede la Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia, di cui fanno parte la Scuola Nazionale di Cinema, con sedi distaccate in Piemonte, Lombardia, Sicilia ed Abruzzo, e la Cineteca Nazionale, uno dei più importanti archivi cinematografici esistenti. L’ente organizza corsi dedicati a coloro che vogliono intraprendere una delle numerosi professioni nel mondo della settima arte, il tutto previo superamento di un concorso annuale di ammissione. Ma oltre a formare i giovani, l’istituto sta cercando di potenziare maggiormente l’inserimento dei diplomati in ambiti professionali, dando agli allievi la possibilità di sperimentare concretamente ciò che hanno appreso negli anni precedenti.
“Stiamo cercando di mettere in cantiere delle occasioni, delle opportunità, per cui questi ragazzi possano entrare già da subito in contatto con il mondo del lavoro e del mercato, per capirne anche le dinamiche e farsi conoscere. Uno dei progetti che abbiamo realizzato, è un’iniziativa per cui gli allievi dell’ultimo anno hanno potuto presentare i propri spunti, quasi soggetti, a Rai Cinema. Quello migliore – spiega il Presidente – riceverà un finanziamento per lo sviluppo della sceneggiatura.
Formazione e lavoro – Ci sono delle occasioni, e sempre più ne vorremmo sviluppare, per mettere in contatto i ragazzi alla fine della loro formazione con il mondo del lavoro. Anche perché questa è un po’ la differenza tra il Centro Sperimentale di Cinematografia e una Scuola Nazionale di Cinema. La scuola ha il compito di formare, mentre il Centro, oltre che la scuola in sé, ha anche la Cineteca Nazionale ed una rivista. Ha anche il compito di aprire un lavoro di ricerca e di riflessione sulle nuove tendenze e potenzialità del linguaggio cinetelevisivo e, dall’altro, di poter permettere un rapporto e delle esperienze di tipo lavorativo”.
Il bravo sceneggiatore – Oltre ad un bagaglio di studi alle spalle, qual è la qualità principale che un aspirante sceneggiatore deve avere? “La capacità di trovare un linguaggio per esprimere le proprie emozioni. Credo che ogni persona abbia delle grandi emozioni da poter raccontare, dei momenti della propria vita che abbiano un senso che valga la pena di comunicare agli altri. Lo sceneggiatore è quello che riesce a trovare il linguaggio per esprimerle e coinvolgere anche gli altri. Spesso ci si preoccupa di cercare l’idea da un milione di dollari, quell’idea che gli altri non hanno, particolarmente originale, invece, parlo per esperienza personale, la cosa più difficile da trovare è uno sguardo”.
“Come nel film di Nanni Moretti Caro Diario – chiosa Rulli – che si conclude con lui che beve un bicchiere d’acqua. Ecco, quella è una scena geniale del cinema perché nella sua semplicità ha un grande senso, un significato diverso. Non è un semplice bere un bicchiere d’acqua, ma è ritrovare un contatto con la vita, con ciò che è primario. Io penso che uno sceneggiatore debba tenere conto di questa capacità di comunicare al pubblico un nuovo sguardo sulle cose che lo spettatore già conosce. Questo ci permette di fare un cinema semplice è straordinario allo stesso tempo, perché ciò che è particolarmente innovativo è lo sguardo che metti a disposizione dello spettatore”.