Nuovo confronto a Roma, tra governo e sindacati sul tema pensioni e in particolare sulla flessibilità in uscita (una volta esaurita la sperimentazione di quota 100). La proposta unitaria presentata da Cgil, Cisl e Uil prevede il pensionamento flessibile a partire dai 62 anni; la possibilità di lasciare il lavoro al raggiungimento di 41 anni di contributi, a qualsiasi età; lo stop all’automatismo dell’aumento dell’età di vecchiaia legato alla speranza di vita.
I sindacati chiedono anche misure in favore dei lavori gravosi e per chi ha svolto lavori di cura: tra le proposte in tal senso c’è quella di un anno di anticipo contributivo alle donne, per ogni figlio avuto. Cgil, Cisl e Uil chiedono inoltre di mantenere le tutele previste per le categorie protette con l’Ape sociale.
L’esecutivo invece sta studiando un’alternativa al ricalcolo con il metodo contributivo e propone una pensione anticipata ma con una penale: attualmente andare in pensione anticipatamente -con il ricalcolo dell’assegno in base ai contributi versati- comporta un taglio di un terzo della pensione lorda, un quinto di quella netta. Una proposta che i sindacati definiscono “inaccettabile”.
L’ultima proposta dell’esecutivo invece prevede la possibilità d’andare in pensione anticipatamente con una penalità del 6% per tre anni: chi vuole andare in pensione anticipata, ad esempio a 64 anni, con 36 o 38 di contributi, ha una penalità da pagare che è comunque più conveniente del ricalcolo: per i tre anni di anticipo si paga il 6% anziché il 30%. Cosa che fa dire al sottosegretario all’economia Paolo Baretta “potrebbe essere una strada”.