Sono circa 850 mila i lavoratori domestici regolari in Italia tra colf, badanti e baby sitter a fronte di un totale calcolato dall’ISTAT di circa 1,6 milioni di addetti, di cui almeno 750 mila, secondo le stime, sono in nero e non regolarizzati. Parliamo di un settore del mercato del lavoro che svolge un ruolo decisivo dal punto di vista sociale, ma anche economico con circa 20 miliardi di incidenza sul Pil, e che con opportune politiche di sviluppo, entro il 2030 potrebbero arrivare secondo l’ILO, (in Italia) a 1,4 milioni di occupati regolari. La forza lavoro complessiva del settore domestico pesa oltre il 9 per cento degli oltre 23 milioni di occupati. Nel mondo, si calcola, sono circa 70 milioni, per il 73% donne. Se teniamo conto dei fenomeni demografici in Italia, in cui si calcola che entro il 2050 la popolazione anziana over 75 passerà dall’11% della popolazione (del 2016) al 23% nel 2050, è facile intuire che ci sarà una domanda crescente di lavoro domestico più in generale con una crescita più marcata nella sua componente di assistenza.
Il lavoro irregolare: altri dati. Una ricerca dell’associazione delle famiglie di lavoro domestico parla addirittura di 2 milioni di lavoratori domestici in Italia con una componente irregolare e in nero di circa il 60% sul totale, ossia 1,2 milioni, con una presenza femminile preponderante dell’88,3%, un’età media di 48 anni e per il 73,1% svolto da cittadini stranieri con un trend di crescita di italiani negli ultimi anni.
L’impatto del Covid 19. Il lavoratori domestici secondo le stime dell’ILO sono tra le categorie più colpite dal punto di vista occupazionale dalla pandemia rispetto ad altri lavoratori con un forte ridimensionamento delle ore lavorate e dei salari. Nel secondo trimestre 2020 ha subito riduzioni di occupati che variano in Europa dal 5 la 20%. In particolare sono stati colpiti le donne e i migranti che rappresentano la fetta preponderante di questi lavoratori.
Le piattaforme di lavoro digitale nel settore del lavoro domestico in 10 anni sono cresciute a livello internazionale di otto volte passando da 28 del 2010 a 224 del 2020, segno che il loro ruolo sta diventando sempre più importante, così come indicato nell’ultimo rapporto dell’ILO sull’argomento. Sempre dal 2010, in dieci anni c’è stato nel mondo una riduzione del 16,3% dei lavoratori domestici senza nessuna tutela e regolarizzazione del rapporto di lavoro.
Nasce Orienta Family. Con l’obiettivodi regolarizzare il mercato del lavoro domestico e di favorire un percorso di ricerca, selezione e gestione amministrativa regolare del settore nasce Orienta Family, la divisone di Orienta dedicata a questo specifico mercato del lavoro. L’iniziativa prevede l’applicazione del contratto nazionale di categoria che disciplina il settore domestico nell’ambito di tutte le professioni e mansioni riconducibili al lavoro domestico puntando su una serie di servizi di incentivo per le famiglie.
“La sfida lanciata da Orienta Family è favorire la regolarizzazione del lavoro domestico in Italia puntando sui servizi a valore aggiunto. Una delle leve che spinge molte famiglie a regolarizzare i rapporti di lavoro domestico con noi è l’attività di informazione che offriamo mostrando i grandi vantaggi del Ccnl domestico – spiega Monica Archibugi, responsabile Orienta Family –. L’economicità dei contributi, la flessibilità del tempo indeterminato, l’assicurazione sul lavoro per il lavoratore, la disoccupazione per il lavoratore dopo il licenziamento e molto altro. Abbiamo iniziato questo progetto grazie al focus sul baby-sitting con il portale lecicogne.net ed ora abbiamo ampliato i servizi di Orienta quali ricerca e selezione, contrattualizzazione, amministrazione contabile, gestione dei pagamenti, alle famiglie italiane, ma presto europee. I dati ci confortano – chiosa Archibugi – in questo senso e ci confermano che offrire un’assistenza ampia alle famiglie nella gestione del rapporto di lavoro domestico è un forte incentivo alla regolarizzazione. In un anno abbiamo registrato una crescita del 30% dei rapporti di lavoro regolari tramite la nostra piattaforma e grazie a questo tipo di servizi. Non solo, ma anche la leva del welfare aziendale può essere un valido strumento di incentivo all’emersione del lavoro nero in questo ambito”.