“Il costume dev’essere ciò che non noti, deve rappresentare la seconda pelle del personaggio!”. A parlare è Giovanna Arena, assistente del maestro Piero Tosi e Tutor presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. “Non dev’essere qualcosa che attiri l’attenzione su di sé, che faccia pensare “Guarda che bel costume. Deve sembrare naturale!”.
Figura professionale qualificata, in cui senso estetico, creatività, precisione e volontà di approfondimento convivono, il costumista non è solo colui che veste i personaggi di una storia, limitandosi a realizzare i bozzetti degli abiti di scena. Il suo lavoro va al di là dello scegliere le stoffe, gli accessori e il maquillage. È colui che crea i personaggi, che li costruisce attraverso uno studio approfondito sia in relazione all’epoca sia in funzione della fisicità dell’attore. “Il costumista è quella figura che, in accordo con la chiave visiva scelta con il regista, trasforma l’attore in personaggio attraverso il trucco, l’acconciatura, il costume e gli accessori – spiega Arena – L’obiettivo è quello di rendere credibile il personaggio. Deve sembrare vero e il costume deve risultare naturale, suo”.
Per questo motivo, la scelta degli attori da parte del regista è fondamentale per la credibilità di un personaggio, “Nel caso di un film d’epoca, ad esempio, le fisicità scelte devono ricalcare i canoni del periodo storico da ricostruire perché, come testimoniano la pittura e le foto, il corpo e la fisionomia cambiano circa ogni dieci anni. Su questa scelta poggia il progetto del costumista che può ringiovanire, invecchiare, abbassare di tono, in sintesi trasformare l’attore in personaggio. Bisognerà quindi scegliere delle fisicità adeguate, dei tratti somatici idonei. In tal senso, l’attore dovrà essere al servizio del personaggio”.
Per poter progettare e realizzare i costumi in coerenza con il contesto storico e il tema della sceneggiatura, oltre a buone doti artistiche, non sempre necessarie, “È fondamentale avere il dono della lettura di ciò che si vede. Ci sono casi in cui, pur non sapendo disegnare, si riesce ad essere dei bravi costumisti”, è indispensabile una preparazione storico-culturale. Attraverso una ricerca di informazioni ed uno studio dettagliato delle varie componenti del periodo preso in esame, il costumista deve provvedere ad una prima raffigurazione degli abiti e degli accessori, per poi definire le caratteristiche tecniche ed estetiche dei costumi in relazione all’epoca e al particolare momento storico, senza sottovalutare la psicologia del personaggio. “Con l’ausilio di una dettagliata documentazione, si parte dalla moda dell’epoca, quella realmente adottata dalla gente per strada, dalle varianti e dalla specificità dei luoghi in cui è ambientata la storia. Ogni posto, dal punto di vista del costume, è una realtà diversa. Così facendo, si arriva ad indagare sempre più intorno alle caratteristiche del personaggio: età, ceto sociale, professione, psicologia, per ottenere un risultato che non denunci la ricostruzione, ma che appaia autentico, reale”.
Dovendo, però, attenersi ad una realtà ben definita con una precisa espressione del periodo storico, non si corre il rischio di limitare la fantasia? “La realtà, se saputa osservare profondamente, contiene tutto e molto più della fantasia – asserisce Arena – Per comprendere appieno un volto, una forma, un’espressione di un costume, bisogna sempre cercare la verità nella realtà. Poi si può anche interpretarla liberamente, si può partire ed andare oltre, ma è fondamentale una base culturale perché solo così avrai alle spalle uno spessore che, anche quando non lo riconosci, lo senti, lo percepisci. Spesso, infatti, l’idea per un personaggio ce la fornisce la realtà stessa, ma è indispensabile un occhio attento, una curiosità, un amore per l’essere umano e la sua espressione”.
Non esiste un iter formativo standard per diventare professionisti del costume. Istituti d’arte, scuole di moda e design sembrano rappresentare la via preferenziale per accedere a tale professione. Ma, come ci spiega la stessa Giovanna Arena, non sempre una provenienza artistica è sinonimo di competenza. “Spesso selezioniamo allievi provenienti dall’Accademia delle Belle Arti o con una laurea breve in lettere indirizzo artistico o di storia dell’arte. L’attitudine personale, però, non è necessariamente legata ad un percorso scolastico, ma ad una predisposizione propria del singolo, ad un interesse spiccato per tutte le espressioni visive. Ci sono stati allievi che, pur provenienti da un classico, disegnavano molto meglio di quelli di un artistico. La differenza la fa la persona”.
Ogni anno il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma (www.fondazionecsc.it) seleziona sei allievi per il settore del costume. Questo consente di elaborare e sviluppare un percorso approfondito, articolato in tre fasi: progettazione originale del costume, seminario di taglio e seminario di trucco ed acconciatura. “Il corso di costume del CSC è uno dei pochi realmente indirizzati a formare dei costumisti. Parlo per esperienza personale, adesso insegno qui come tutor, ma ho frequentato la Scuola anni fa in qualità di allieva – confessa – L’Istituto fornisce una preparazione reale. Basti pensare che il coordinatore è Piero Tosi, una persona che insegna a lavorare sul campo a testa alta. Qui il percorso non è teorico o lontano da quella che è la realtà del set; il corso, infatti, ha una carattere eminentemente pratico. Nei tre anni di studi i ragazzi cominciano già la loro gavetta”.
Quello del costumista è un mestiere che s’impara prevalentemente sul campo, bisogna saper rubare con gli occhi, ma non solo. “Ci vuole una persona appassionata, con uno sguardo costantemente in crescita e con una forte volontà di approfondimento perché fare il costumista vuol dire ricominciare sempre tutto da capo. E poi bisogna avere coraggio: una grande voglia di fare questo lavoro”.