Milano, 27 maggio 2015 – La “Digital Transformation” sta investendo tutti i settori, anche quelli tradizionali o lontani dal mondo della tecnologia, costringendo a ripensare velocemente modelli di business e processi aziendali. Per questo oggi le aziende italiane sono alla ricerca di “Digital Capabilities”, nuove professionalità e competenze in grado di interpretare al meglio le nuove opportunità e condurre il cambiamento. Nel 2015 le organizzazioni inseriranno a questo scopo in particolare profili di eCRM & Profiling Manager (17%), Digital Marketing Manager (14%) e Chief Innovation Officer (14%), non senza difficoltà a reperirli all’interno della popolazione aziendale o sul mercato. Tra tutti i digital job, il più introvabile è il Chief Digital Officer (per il 44% delle aziende), seguitodal Chief Innovation Officer e dal Data Scientist. Ma per guidare l’azienda verso la trasformazione digitale le organizzazioni sono chiamate anche a ripensare in chiave digitale le tradizionali soft skill, le capacità relazionali e comportamentali che consentono di utilizzare il digitale per migliorare produttività e qualità delle attività svolte.
In questo scenario la Direzione HR stessa delle aziende è chiamata a trasformarsi usando nuovi strumenti digitali e nuove competenze per ripensare il proprio modo di operare. Nel 29% delle aziende il budget ICT dedicato alla Direzione HR nel 2015 aumenterà nel 2015 rispetto all’anno precedente. E il 47% dei Direttori HR inserirà nuove professionalità e competenze per ripensare in logica digitale i processi di gestione e sviluppo delle risorse umane. Si trasforma così anche il processo di Talent Management: HR Analytics, Social Network professionali e sistemi di Performance management sono gli strumenti ritenuti più efficaci dalle aziende per attrarre o sviluppare internamente le nuove competenze digitali .
È quanto emerge dalla ricerca 2015 dell’Osservatorio HR Innovation Practice della School of Management del Politecnico di Milano (www.osservatori.net), presentata questa mattina al convegno “HR Digital Leadership: nuove competenze e professionalità per guidare la trasformazione digitale”, che ha coinvolto oltre 100 direttori HR di medio-grandi aziende italiane in un’analisi empirica attraverso survey e casi di studio.
“Per la sua pervasività la Digital Transformation non è più soltanto una questione tecnologica o di visione strategica, ma una sfida che coinvolge tutto il capitale umano – afferma Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio HR Innovation Practice -. Impone di sviluppare in ogni area aziendale nuove competenze e professionalità in grado di interpretare al meglio le nuove opportunità e guidare il cambiamento Data Scientist, Social media manager, ecommerce manager, digital Strategist sono solo alcune delle nuove professionalità, sempre più richieste in ogni settore e al tempo stesso ancora ambigue e difficili da formare internamente e reperire sul mercato del lavoro”.
“In questo contesto – aggiunge Emanuele Madini, responsabile della ricerca dell’Osservatorio HR Innovation Practice – la direzione HR da un lato deve assumere un ruolo di leadership per guidare le linee di business nel riconoscere e sviluppare le nuove competenze e professionalità, dall’altro deve ripensare profondamente i propri processi per renderli adeguati alle nuove esigenze. Il digitale infatti sta trasformando la gestione delle risorse umane: cambia alla radice il concetto stesso di spazio e tempo di lavoro, creando i presupposti per forme di organizzazione del lavoro più agili che consentono di recuperare flessibilità e produttività, ma che al tempo stesso richiedono di ripensare regole e modelli di leadership e di diffondere una nuova cultura e nuove skill.”
Le nuove competenze per la trasformazione digitale – Le aree aziendali che più richiedono nuove professionalità e competenze per la trasformazione digitale sono il Marketing (48%), l’IT (47%) e la Direzione risorse umane stessa (47%). Ma anche il Legale, la Qualità la Sicurezza e gli Acquisti sentono questa necessità. La figura professionale maggiormente introdotta nelle aziende nel corso del 2015 a questo scopo è l’eCRM & Profiling Manager: il 17% delle aziende del campione se ne doterà per migliorare l’efficacia della relazione con la clientela attraverso il Customer Relationship Management. Segue il Digital Marketing Manager, introdotto dal 14%, figura che ha il compito di gestire e ottimizzare le interazioni digitali con consumatori e prospect attraverso i canali social, web e mobile, nel rispetto degli obiettivi di vendita e di marketing e coerentemente con la brand reputation dell’azienda. Stessa percentuale (14%) per il Chief Innovation Officer, che propone modelli innovativi per il business dell’impresa per sfruttare al meglio la rivoluzione digitale.
Per reperire questi profili, nella maggioranza dei casi si ricorre allo sviluppo interno – individuando quelle persone che se adeguatamente formate possono assumere le conoscenze tecniche necessarie per rispondere agli obiettivi di business – piuttosto che la ricerca esterna. Un indicatore della difficoltà di reperimento di molti digital job profile. Tra tutte la figure, la più complessa da reperire sul mercato esterno (per il 44% del campione) è il Chief Digital Officer, il ruolo che ha il compito di sovrintendere e coordinare le figure dei canali digitali. Seguono (difficile da reperire per entrambi secondo il 32% delle aziende) il già citato Chief Innovation Officer eil Data Scientist, che ha il compito di leggere i trend socio-culturali, individuare, aggregare ed elaborare fonti di dati, interpretare le informazioni raccolte e darne una traduzione a livello di impatti di business.
Nascono le “Digital Soft Skill” – Guidare l’azienda verso la trasformazione digitale, da un punto di vista del capitale umano vuol dire anche ripensare in chiave digitale le tradizionali soft skill, elementi differenzianti che le organizzazioni tengono sempre più in considerazione anche in fase di recruiting. “Le Digital Soft Skill sono competenze trasversali lette alla luce dell’evoluzione digitale – precisa Mariano Corso -, capacità soft di tipo relazionale e comportamentale che consentono alle persone di utilizzare efficacemente i nuovi strumenti digitali per migliorare produttività e qualità delle attività lavorative svolte”.
L’ambito tra le Digital Soft Skill più presente all’interno delle organizzazioni è quello della Digital Awareness: nel 70% delle aziende le persone possiedono già una capacità medio-alta di preservare la confidenzialità dei dati e delle informazioni scambiati in base agli strumenti utilizzati e ai contesti, nel 62% sono capaci di utilizzare in modo corretto e bilanciato gli strumenti digitali evitando problemi di salute, ad esempio mantenendo una corretta posizione ergonomica di lavoro, squilibri nella relazione lavoro-vita privata. L’ambito su cui invece le organizzazioni sono più indietro è la Virtual Communication: solo il 35% del campione ritiene che i propri dipendenti possiedano capacità adeguate per comunicare e collaborare virtualmente utilizzando in modo efficace i diversi strumenti digitali.
Il settore dei Servizi è quello più maturo dal punto di vista delle Digital Soft Skill, in particolare, le aziende appartenenti ai settori ICT, Consulenza, Media e Telco mostrano livelli di maturità maggiori soprattutto negli ambiti Knowledge Networking e Creativity. Per sviluppare e introdurre le diverse tipologie di Digital Soft Skills all’interno delle organizzazioni l’approccio più diffuso tra le aziende è quello di utilizzare corsi di formazione spot (nel 67% dei casi), seguito da attività di comunicazione e sensibilizzazione, come iniziative sulla Intranet, corner point in azienda, campagne di comunicazione, innovation lecture con personalità rilevanti su queste tematiche (52%). Circa un’impresa su cinque ha iniziato a valutare le Digital Soft Skills anche in sede di selezione dei candidati.
Cambia il Talent Management – La Direzione HR stessa è chiamata a usare le nuove tecnologie per ripensare il proprio modo di operare introducendo nuovi strumenti digitali e nuovi competenze. La consapevolezza si evince dal trend degli investimenti in innovazione digitale dei processi HR: per il 29% delle aziende il budget ICT dedicato alla Direzione HR è destinato ad aumentare nel 2015 rispetto all’anno precedente e di questi ben il 12% prevede un incremento superiore al 20%. Ma i Direttori HR sanno selezionare e sfruttare appieno gli strumenti e le logiche del digitale? Ancora non del tutto. Quasi 2 aziende su 3 del campione dichiarano un livello alto o medio-alto di conoscenza dei tool a supporto della ricerca e selezione del personale. Hanno competenze digitali sui sistemi a supporto dei processi di amministrazione e budget del personale (55%), formazione (53%) e valutazione delle performance (50%), anche se su questi ultimi due, circa un terzo sottolinea la necessità di migliorare la conoscenza. La Direzione HR si dichiara indietro nei processi di gestione della conoscenza e sviluppo della collaborazione e poi di analisi delle metriche HR, sui quali emerge la volontà di colmare il gap nei prossimi anni rispettivamente nel 40% e nel 52% del campione.
“Per assumere un ruolo di Leadership nel percorso di trasformazione digitale le Direzioni HR devono innanzitutto trasformare se stesse – dichiara Emanuele Madini -, sviluppando al proprio interno nuove competenze, professionalità e strumenti per un ripensamento digitale dei loro processi e servizi. Dalla ricerca emergono questo scopo tre priorità: allineare la strategia della Direzione HR con quella industriale, promuovere e diffondere a tutti i livelli dell’organizzazione una nuova cultura digitale, utilizzare il digitale per ridisegnare i processi di Talent Management”.
A questo proposito, attraverso le nuove tecnologie la Direzione HR può trasformare in ottica digitale l’intero processo di Talent Management allineandosi meglio ai piani strategici aziendali e riuscendo ad attrarre o sviluppare internamente le nuove competenze digitali con maggior successo. Gli strumenti di Talent Management con l’impatto più rilevante (per il 38% delle aziende) sono gli HR Analytics, utilizzati per analizzare i gap di competenze delle persone, e i Social Network professionali (sempre 38%),strumento di recruitment per avere a disposizione un pool di potenziali candidati molto più ampio. Seguono i sistemi di performance management (particolarmente efficaci per il 29% delle organizzazioni), sistemi che consentono di definire e misurare i risultati di ciascuno per valorizzare chi si è distinto e affrontare le criticità emerse attraverso sistemi integrati che rendano più efficace e robusto il processo di performance review.
HR Innovation Award – Maxi Zoo, Eni, Amadori, Banca Mediolanum, Sirti, Saipem e Luxottica sono i vincitori dell’HR Innovation Award 2015. Il premio, assegnato dall’Osservatorio HR Innovation Practice, ha lo scopo di creare occasioni di conoscenza e condivisione dei progetti che si distinguono per capacità di utilizzo delle tecnologie digitali come leva di innovazione e miglioramento dei processi di gestione delle Risorse Umane. “L’obiettivo dell’HR Innovation Award – spiega Mariano Corso – è di generare un meccanismo virtuoso di condivisione, diffusione e valorizzazione delle esperienze di eccellenza all’interno delle Direzioni HR identificando e promuovendo possibili approcci e metodologie per favorire i processi di trasformazione digitale”.
Maxi Zoo ha vinto l’HR Innovation Award nella categoria “Amministrazione del personale” grazie al percorso di digitalizzazione dei processi amministrativi volto a incrementare l’efficienza del sistema di gestione dei payroll e di reporting, che ha ottimizzato la gestione dei dipendenti a livello internazionale. Eni ha ritirato il premio nella categoria “HR Transformation” per il progetto che ha uniformato le informazioni del personale tra i diversi paesi: ha fornito una vista complessiva e unica del dipendente, un quadro di sintesi dei fenomeni gestionali, organizzativi e di sviluppo integrato con una soluzione in cloud per la gestione dei processi di internal job posting e di reclutamento e selezione esterna. Nella categoria “Formazione e sviluppo” i premiati sono due. Amadori per il progetto “Apprendi e Riprendi”: progettazione ed erogazione di un programma di formazione in modalità e-learning rivolto alla forza commerciale che ha consentito la riattivazione di oltre 300 clienti. E Banca Mediolanum per il ridisegno dei sistemi a supporto delle aree di formazione, reclutamento, organizzazione di eventi formativi interni e di marketing con i clienti, che ha consentito un aumento di efficacia ed efficienza del processo di formazione e sviluppo. Sirti ha vinto l’HR Innovation Award nella categoria “Talent Management” grazie al progetto “Performance Journey”, che ha potenziato e orientato le competenze e i comportamenti chiave verso un modello manageriale distintivo, semplificando il processo di valutazione e abilitando nuove modalità di coaching e training personalizzato rispetto alle esigenze di flessibilità di spazio e tempo delle persone.
Saipem è stata premiata per “Knowledge & Community Management” grazie al progetto “Collaboration for Change”, che ha esteso e semplificato il processo di gestione e condivisione della conoscenza tacita e delle Lesson Learned aziendali attraverso iniziative di Knowledge & Community Management.
Le aziende a caccia di nuove competenze digitali
eCRM & Profiling Manager, Digital Marketing Manager e Chief Innovation Officer sono le figure più richieste, il Chief Digital Officer è il profilo più difficile da reperire sul mercato. Si ripensano anche le tradizionali soft skill in chiave digitale.
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