In Italia la popolazione aziendale invecchia e la vita del lavoratore si allunga. Se nel 2013 si contavano 17 milioni di individui over 50, si prevede che saranno 22,5 milioni nel 2033. Cambiano le fasi della vita e del lavoro, con le soglie anagrafiche di entrata e uscita dal mondo del lavoro slittate avanti di circa 10/15 anni: se a metà del secolo scorso una persona si affacciava al lavoro tra i 15 e i 18 anni per poi uscirne entro i 60, oggi si tende a entrare nel mercato del lavoro fra i 25-30 anni per uscirne verso i 65/70. Gli occupati over 50 sono aumentati di 1,6 milioni tra il 2004 e il 2012, anche se è cresciuta anche la disoccupazione per questa fascia di età (6%). Di fronte a questo processo irreversibile, destinato a cambiare in modo permanente le caratteristiche della società, le imprese sono chiamate a progettare interventi per favorire l’invecchiamento attivo, garantendo una buona occupazione ai lavoratori in età adulta.
In che modo? Da un lato, valorizzando le capacità e le competenze dei lavoratori maturi offrendo loro una qualità migliore della vita lavorativa, dall’altro potenziando la capacità delle azienda stessa di gestire al proprio interno il tema dell’età. Come dimostrano le esperienze di successo delle grandi aziende che hanno avviato percorsi di age management, sono necessari formazione continua, modifiche dell’orario di lavoro, cura della salute e del benessere delle persone, innovazione organizzativa, ricollocazione delle persone in mansioni più adatte all’età e all’esperienza maturata, formule flessibili di transizione verso la pensione e diverse altre prassi organizzative. Utilizzando però un approccio unitario che risponda sempre ad un disegno complessivo.
Sono i risultati della ricerca “Over 50: istruzioni e strumenti per una corretta valorizzazione dei lavoratori più maturi” realizzata da Randstad, secondo operatore al mondo nei servizi per le risorse umane, e curato da Mario Vavassori, Professore Aggiunto Mip-Politecnico di Milano, che è stata presentato questa mattina nel convegno tenutosi a Milano, Palazzo Marino, a cui hanno partecipato Marco Ceresa, Amministratore Delegato di Randstad Italia, Fabio Costantini, Chief Operations Officer di Randstad HR Solutions, Chiara Bisconti, Assessora al Benessere, Qualità della vita, Sport e tempo libero, Risorse umane, Tutela degli animali, Verde, Servizi generali del Comune di Milano, e il Prof. Tiziano Treu, già Senatore della Repubblica e Ministro del lavoro, insieme ai responsabili HR di importanti realtà aziendali.
Randstad ha costituito un Osservatorio permanente sull’Active Ageing diretto dal Prof. Treu, la cui attività è iniziata nel 2013 con la pubblicazione dello studio “Over 50 – come cambiano le età della vita lavorativa e il mercato del lavoro in Italia” e proseguita con un focus su sei imprese (Abb, Axa Assicurazioni, Bosch, Gruppo Reale Mutua, Philips, STMicroelettronics) che hanno mostrato esempi di buone pratiche di age management. Dopo la presentazione dei casi e la discussione in incontri con 700 HR Director di medie e grandi aziende, Randstad Italia ha formalizzato un modello di analisi e messo a punto un kit operativo di percorsi d’innovazione sul tema dell’organizzazione e del lavoro per le persone in età adulta, che le aziende possono applicare a seconda delle proprie necessità.
“I lavoratori over 50 in Italia oggi costituiscono un’importante risorsa non soltanto nella dimensione delle relazioni familiari e sociali, ma anche nel mondo produttivo. Eppure sono identificati spesso come un peso, perché non in grado di esprimere alto potenziale e volontà di partecipazione al lavoro – afferma Fabio Costantini, Chief Operations Officer di Randstad HR Solutions -. La gestione delle risorse più mature da parte delle aziende deve rinnovarsi profondamente e aprire la strada a una nuova cultura dell’invecchiamento attivo e a nuove pratiche di valorizzazione delle figure anziane. Un impegno che purtroppo non trova grande sostegno nella legislazione del lavoro, più attenta al tema dell’età sotto il profilo previdenziale che alla flessibilità del lavoro. Il nostro obiettivo è di aiutare le aziende e assistere i lavoratori nel trovare una buona occupazione, ma contemporaneamente influenzare positivamente i legislatori e le parti coinvolte. Servono nuovi interventi della politica, insieme al coraggio delle nostre imprese. Il nostro progetto vede, in questa seconda fase, un importante passaggio: il concretizzarsi dell’analisi presentata a fine 2013 in un vero e proprio manuale corredato di istruzioni per l’uso”.
L’approccio più indicato per affrontare questa sfida da parte delle imprese è quello unitario: “Un approccio comprensivo, allargato e personalizzato è l’orizzonte ottimale per affrontare il passaggio storico verso un mondo del lavoro in grado di valorizzare la platea sempre più numerosa dei lavoratori in età adulta – spiega Tiziano Treu, Professore Emerito Università Cattolica di Milano e coordinatore dell’Osservatorio Active Ageing di Randstad -. I punti chiave su cui agire sono la flessibilità della partecipazione al lavoro tramite una rimodulazione degli orari e delle mansioni, l’approccio più morbido nella finestra di pensionamento, la valorizzazione delle competenze attraverso politiche retributive personalizzate e una considerazione costante dei livelli di competenza e conoscenza, da migliorare attraverso la formazione continua. Non sono ricette impossibili e l’azienda non deve fare tutto subito, può perseguire obiettivi parziali con interventi progressivi. L’importante è che abbia predefinito un disegno complessivo da realizzare nel medio periodo in sinergia con la direzione d’impresa”.
Prendendo spunto dalle storie di successo e dalla valutazione delle riorganizzazioni realizzate da grandi imprese italiane, l’Osservatorio Active Ageing Randstad ha delineato alcuni consigli generali per pianificare politiche d’intervento sull’invecchiamento attivo:
- Flessibilità interna. La fatica va ridotta al crescere dell’età, lavorando sulla flessibilità interna, superando le attuali rigidità a cominciare da un cambiamento dell’orario e delle mansioni di lavoro, per facilitare le figure più anziane. Più che a livello legislativo sarebbe auspicabile, tuttavia, che questo accadesse attraverso contratti collettivi, soprattutto a livello aziendale;
- Clima di partecipazione. E’ necessario lavorare sul clima interno, sulle relazioni e sulle motivazioni, affrontando percorsi di riorganizzazione nel rispetto delle condizioni e aspirazioni individuali. Servono progetti di medio e lungo periodo, personalizzati o affrontati all’interno di piccoli gruppi. I casi di studio raccontano grande disponibilità verso cambiamenti di mansione e di orario di chi si avvicinando all’età del pensionamento e può assumere il ruolo di mentor o di tutor ai più giovani.
- Pianificazione del percorso di fuoriuscita. Sono fondamentali scelte flessibili e sicure per “ammorbidire” il passaggio verso la quiescenza. Con la Riforma Fornero si è avuto un innalzamento forzoso di sei anni dell’età pensionabile. Sarebbe utile un periodo più esteso di anni – magari tre o quattro – in cui effettuare un’eventuale riduzione del monte ore di lavoro o in cui decidere quando lasciare il lavoro. In queste condizioni, ciascuno potrebbe davvero pianificare un graduale avvicinamento alla pensione.
- Politiche retributive. È necessario affrontare in modo innovativo politiche di compensation, da sempre centrate solo sull’anzianità. I premi di produzione, gli incentivi e i benefit dovrebbero essere correlati alle diverse qualità del lavoratore e alle situazioni personali. Uno stipendio ben costruito dovrebbe stimolare il contributo di ciascuno secondo le potenzialità in grado di esprimere.
- Formazione continua. La formazione continua non dovrebbe mancare mai durante l’arco della vita di un lavoratore perché ne rinforza la capacità produttiva e ne migliora l’employability, favorendo anche la crescita del potere d’offerta sulla domanda di figure qualificate.
Il decalogo per l’Age Management – Il modello creato da Randstad per analizzare le best practice in tema di age management può diventare uno strumento di auto-assessment per le aziende che vogliono avviarsi verso un riassetto organizzativo allo scopo di diventare più “age-friendly” e gestire in modo efficace l’invecchiamento del personale.
Questo modello prevede quattro fasi. La prima è quella di Mapping, che permette all’azienda di conoscere la propria popolazione aziendale con l’analisi di dati quantitativi su composizione anagrafica e performance dei dipendenti, oppure con un questionario qualitativo che indaghi più a fondo l’opinione dei dipendenti, o ancora attraverso Focus Group che permettano di ottenere risultati più articolati e qualificati. Prosegue con l’attività di Planning, la pianificazione degli interventi su misura in base a quanto emerso dalla fase precedente. Si passa poi all’Action, l’intervento vero e proprio, su cui Randstad ha predisposto uno specifico toolkit:
- Cooperazione tra le generazioni – è necessario incentivare in modo sistematico e costante la cooperazione intergenerazionale, che costituisce un arricchimento per la cultura d’impresa, ha ritorni positivi sull’immagine dell’azienda e migliora la competitività. Vanno pensati anche spazi in azienda per favorire l’interazione informale tra generazioni.
- Job-redesign – è necessario ripensare l’organizzazione creando un ambiente più favorevole ai lavoratori senior, ridisegnando i lavori che richiedono un alto livello di sforzo fisico o forte ripetitività.
- Ambiente di lavoro flessibile – si può introdurre flessibilità su tempi, luoghi e modalità di lavoro con l’obiettivo di migliorare bilanciamento tra vita privata e lavoro. Per rendere il tempo di lavoro flessibile esistono tre opzioni principali: orari flessibili, part-time o job sharing. Per i luoghi di lavoro, le tecnologie digitali e la diffusione dei dispositivi mobili rendono possibile svolgere la propria attività senza necessariamente essere sempre presenti in azienda.
- Programmi di benessere psicofisico – L’engagement e la produttività degli over 50 possono essere incentivati con programmi mirati a preservare e accrescere il benessere psicofisico, a partire da interventi per l’ergonomia e il sostegno alla sfera psicologica.
- Performance & career management – Il monitoraggio delle prestazioni lavorative può aiutare ad associare il rendimento al sistema premiante.
- Fair employement: politiche di fair employement garantiscono pari opportunità nei processi di recruiting e selezione per individuare i candidati più adatti a prescindere dall’età. Contenuti e mezzi di diffusione degli annunci di lavoro devono essere adeguati all’età e ai candidati più anziani.
- Re-employment: la possibilità per i dipendenti in età pensionabile di mantenere il proprio posto all’interno dell’organizzazione aiuta le imprese a non disperdere il know-how dei lavoratori anziani, impiegandoli come consulenti di alto livello.
- Politiche di retribuzione variabile: un ripensamento del sistema retributivo permette di passare dalla “seniority pay” alla “merit pay” definendo un efficace sistema di performance management per distinguere meritevoli da low performer.
- Piani pensionistici e previdenziali: dal punto di vista previdenziale, le opzioni principali con cui si possono trattenere le persone nel mondo del lavoro sono due, i piani di lavoro part-time dopo la pensione e di retention dopo l’età pensionabile.
L’ultimo step del modello predisposto dall’Osservatorio Randstad sull’Age Management prevede il check-up delle azioni intraprese con un monitoraggio della situazione in atto, della distanza dagli obiettivi da raggiungere e delle modalità di prosecuzione. Non si può parlare di Over 50 senza citare l’outplacement: a un mercato del lavoro che cambia servono sistemi evoluti di ricollocazione. Lo studio Randstad mostra quanto le forme flessibili e gli interventi di Outplacement di Randstad possano essere efficaci presentando quattro storie personali di reinserimento nel mercato di lavoratori over 50 che hanno perso il posto di lavoro.