Cresce la pressione sul lavoro. E’ quanto emerge da un recente sondaggio effettuato da SWG, l’azienda italiana che realizza sondaggi e ricerche di mercato, su un campione rappresentativo nazionale di 1.000 soggetti maggiorenni.
Lo sviluppo tecnologico attuale, riducendo i tempi per eseguire molte mansioni, ha portato principalmente a svolgere più mansioni e aumentare il carico di lavoro (54%), seguito da un 23%, secondo cui la tecnologia porta ad avere più tempo per migliorare la qualità delle mansioni svolte. Per il 15% lo sviluppo tecnologico porta ad avere più tempo libero da impiegare come meglio si crede. L’8% non sa.
A tal proposito abbiamo chiesto il parere di Gianluca Nardone, Hr Director di Fater. Per Nardone la tecnologia oltre a “semplificare i processi (produttivi e di management), arricchisce l’area di competenza delle persone e la eleva. Ad esempio – continua l’Hr Director – in produzione il lavoro è evoluto da una attività più “fisica e manuale” ad una gestione degli impianti e dei processi produttivi, con un incremento della professionalità individuale. Al tempo stesso – prosegue – considerando anche il lavoro più impiegatizio, la tecnologia semplifica mansioni ripetitive e offre alle persone l’opportunità di dedicarsi ad attività a più alto valore aggiunto, maggiormente professionalizzanti, incrementando altresì la produttività individuale”. Per il direttore del personale, inoltre, la tecnologia “ha creato nuovi profili – spiega. – Pensiamo solo a come è mutata la comunicazione delle aziende verso i consumatori con una significativa quota di bdg allocata alla comunicazione digitale”. In riferimento ai dati sopra riportati, Nardone afferma “Io credo che nel medio periodo, il 23% che oggi trova la tecnologia uno strumento positivo, perché libera anche tempo, andrà crescendo, abbandonando quindi una visione obsoleta della prestazione lavorativa legata solo a parametri quantitativi, incrementando invece l’attenzione su qualità e capacità di generare valore”.
Secondo il Segretario della Cgil Milano, Massimo Bonini, invece, “la tecnologia nasce per ottimizzare il lavoro e migliorare le prestazioni ma, al tempo stesso, aumenta la mole di lavoro a carico del dipendente”. Per questo, sottolinea Bonini “bisogna controllare le condizioni e mediare su riposo compensativo e, nel caso dello smart working, va contrattato e garantito anche il diritto alla disconnessione”. Per il segretario sindacale i dati sopra riportati non mentono, tuttavia, non si dice contrario alle nuove tecnologie bensì spiega la necessità di contrattazioni specifiche da valutare in base al settore. Inoltre, continua Bonini, se è vero che la tecnologia aumenta la produttività, “il vantaggio deve esserci anche per il lavoratore che dovrebbe vedersi aumentato il salario. Questo – sottolinea – purtroppo oggi non sta avvenendo. Come sindacato abbiamo creato un osservatorio volto a monitorare il cambiamento del lavoro con l’avvento della digitalizzazione ma, il passo immediatamente successivo è quello di mediare con le aziende affinché avviino un processo di partecipazione dei lavoratori nelle scelte dell’azienda. In questo modo – conclude Bonini – il dipendente ha la possibilità di valutare i pro e i contro delle decisioni arrivando a cercare, insieme al datore di lavoro, soluzioni adeguate ad eventuali situazioni che la tecnologia può creare”.