Nell’ultimo anno chi non ha avuto a che fare con colleghi via Zoom o Teams, a volte ininterrottamente per 8 ore al giorno? Il lavoro da remoto è diventato tutto ad un tratto il mezzo fondamentale di business continuity, le dinamiche di team d’improvviso solo virtuali e la collaborazione a distanza essenziale.
“Sebbene per la maggior parte delle persone adattarsi a un modo di lavorare quasi del tutto nuovo non sia stato semplice, è anche vero che è avvenuto piuttosto rapidamente. Ora, però, si apre la sfida della stabilizzazione di questa modalità, in un contesto generale che per le imprese resta ancora incerto. Anzi, secondo un nuovo acronimo lo si potrebbe definire BANI (Brittle, Anxious, Non-linear, Incomprehensible): fragile, preoccupante, non lineare, incomprensibile – commenta Emanuele Castellani, CEO di Cegos Italy & Cegos Apac –. Come affrontarlo, dunque? Occorre certamente trovare un nuovo equilibro, ma anche continuare a far leva sulle soft skill, soprattutto adottando pienamente la forma mentis dell’agire agile, che alimenta la remote collaboration, competenza ormai imprescindibile. È necessario agire sul bisogno di prossimità degli individui tramite maggiore interazione, vicinanza e scambio, anche se necessariamente da remoto. Le politiche di diversity e CSR poi, devono andare nella direzione dell’inclusione anche in un ambiente ibrido (in presenza o da remoto, sincrono o asincrono)”.
Cegos Italia, parte del Gruppo Cegos tra i principali player del Learning & Development, suggerisce cinque ambiti di attenzione più uno per affrontare al meglio, dopo un anno di sperimentazione, la remote collaboration tra persone, spesso distanti non solo fisicamente, ma magari diverse anche per provenienza e background culturale:
- Alla base occorrono gestione e ottimizzazione del tempo, una pianificazione attenta delle attività e regole di interazione nel team come elementi di importanza strategica, sia in termini di produttività che di mantenimento del benessere personale di ogni membro. Sono aspetti in capo al coordinatore, prima di tutto, ma ogni singolo componente deve esserne consapevole, soprattutto per gestire i propri “ladri di tempo”, molto più pericolosi in una dimensione come quella virtuale già di per sé a rischio dilatazione.
- Il team deve passare dall’interazione,magari inizialmente un po’ forzosa, all’integrazione, non solo secondo obiettivi e procedure comuni, azioni coordinate e complementari in base a precise responsabilità, ma soprattutto attraverso la condivisione dei propri bisogni ed esigenze e una reale conoscenza reciproca in occasioni in presenza, da calendarizzare e prevedere periodicamente. Questo aiuta a costruire anche la vision di gruppo per sentire davvero proprio il progetto assegnato.
- L’efficacia del team passa poi da tre elementi cruciali: la fiducia,quella vera che deve scaturire ed evolvere dalla swift trust con cui si avvia spesso la collaborazione iniziale per assolvere al compito,la capacità di comunicazione e la coesione tra i membri. È di particolare importanza la comunicazione non verbale, da verificare con costanza in incontri video per comprendere gli stati d’animo delle persone. Utili anche le chiamate informali a coppie, da variare a turno, e un blog con cui tenere il team sempre informato e coeso.
- È essenziale, inoltre, evitare la dispersione di energia e lo stress lavoro correlato. Non avendo uno spazio fisico di contenimento, tutto il team deve essere reso partecipe degli eventi in corso, anche se riguardano e coinvolgono solo alcuni membri, deve sviluppare una propria identità e un forte senso di appartenenza. Sarebbe per esempio utile utilizzare uno spazio virtuale (chat Teams, WhatsApp, …) in cui avere conversazioni anche informali che aiutano a mantenere il gruppo unito.
- È necessario continuare a pensare anche ai momenti fondamentali di hiring e di on boarding per la salute e la produttività organizzativa. Devono essere riprogettati per garantire un percorso al contempo coinvolgente e in grado di favorire il commitment e il coinvolgimento nella comunità lavorativa anche a distanza.
- In ultimo, ma non per importanza, il corretto utilizzo di tool uniformi e ad accesso democratico, scegliendo accuratamente fra quelli sincroni e asincroni, così come fra strumenti di comunicazione e di condivisione quelli più comodi per lavorare bene. Ricordarsi, in generale, meno chat e più meeting: una buona riunione è sicuramente time saving, evita fiumi di messaggi, telefonate ed e-mail, è un mezzo efficace per reviews periodiche, avanzamento lavori e scambio di feedback. È fondamentale per i manager pianificare le riunioni necessarie e per i collaboratori allenarsi ad essere efficaci e focalizzati sull’essenziale da trasferire e condividere.
“Nel nuovo hybrid context le relazioni, in realtà, si svilupperanno su un piano nuovo, detto phygital, ovvero di fusione tra lavoro in presenza e lavoro digitale; il remote working dovrà diventare distance working da concepire, però, in una dimensione evolutiva di nuovi modi di vivere la socialità e il mondo dell’ufficio e gli strumenti aziendali saranno volti all’insegna del rispetto del worklife-balance individuale per evitare i rischi del lavoro iperconnesso – conclude Castellani –. In poche parole, sarà cruciale mantenere un’alta attenzione all’ascolto dell’altro ed educare all’ascolto stesso a beneficio del team, di tutta l’organizzazione, dei clienti e del business in generale”.
Infine, naturalmente, da non trascurare l’opportunità di un training iniziale per tutti sulle modalità di lavoro e sull’uso degli strumenti, oltre all’affiancamento virtuale di qualche giorno con un collega che abbia la capacità di insegnare e accogliere i nuovi membri del team.
Nota stampa Cegos.