Segnatevi in agenda il 30 aprile. Sarà una sera speciale, la Notte del lavoro narrato. Cosa vuol dire? Significa che, contemporaneamente, a partire dalle 20.30, tante donne e tanti uomini in tutta Italia parleranno di lavoro e lo faranno leggendo, cantando, suonando, disegnando, recitando, o anche solo ascoltando. E tutto sarà partecipato e condiviso da tutti, a partire “dal basso” fino a raggiungere la rete, fino a diventare un documentario collettivo.
Il lavoro ben fatto – L’iniziativa nasce da un lavoro di ricerca di due napoletani, Alessio Strazzullo e Vincenzo Moretti, rispettivamente giornalista/videomaker e sociologo. “Tre anni fa abbiamo iniziato, appoggiati da Fondazione Ahref e Fondazione Giuseppe Di Vittorio, a cercare storie in tutto il Paese che raccontassero un particolare tipo di approccio al lavoro, quello che nasce dalla passione e che quindi viene svolto al meglio – spiega Alessio – Il nostro motto è un detto della provincia di Salerno che abbiamo ritrovato in tante botteghe artigiane della zona, ovvero Ciò che va quasi bene, non va bene”.
Dal progetto Le vie del Lavoro, che ha permesso ai due professionisti di raccogliere in modo partecipato circa 400 storie sulla piattaforma Timu della Ahref, Alessio realizza un documentario (La tela e il ciliegio), Vincenzo un libro (Testa, mani e cuore-Ediesse), poi l’idea: perché non organizzare un evento nazionale sul tema? “Abbiamo coinvolto le persone con cui eravamo già in contatto e ognuno si è organizzato in modo autonomo per creare dei contenuti raccontando il lavoro sul proprio territorio”. Finora alla Notte del lavoro narrato hanno aderito in 70 tra biblioteche, circoli Arci, scuole, università (come quella di Salerno con la sua web radio), librerie (a Milano la Libreria Utopia), istituzioni, associazioni e anche qualche azienda: “Sulla nostra piattaforma ci sarà una diretta streaming di quello che accadrà quella sera in varie parti d’Italia e tutto (foto, video, pensieri, parole) verrà condiviso sui social network tramite l’hashtag #lavoronarrato”.
Storie di passione – Quella diAntonio, un artigiano ebanista di 90 anni che, attraverso il suo lavoro “in una bottega senza spazio e senza tempo” a Castel San Giorgio (Salerno), trasmette il senso dell’accuratezza e della dedizione, è una delle storie che ha colpito di più gli autori. Alessio l’ha raccontata nel suo documentario insieme a quella di Jacopo, un ragazzo di 20 anni, un artigiano del web che si occupa della trasposizione digitale delle aziende: “Volevo trovare i punti in contatto tra due personaggi così diversi – spiega – e uno di questi è stata la passione per il lavoro”. Ma di storie così ce ne sono tante altre. Per esempio, a Ponticelli (Napoli), c’è una scuola, l’Istituto Comprensivo 70 Marino Santa Rosa, che sta portando avanti un progetto dove i ragazzi i intervistano i genitori sulla loro professione creando un contatto tra due generazioni.
A Caselle In Pittari, nel Cilento, arrivano ragazzi da tutta Italia per fare scuola in un campo di grano, riscoprire l’arte di lavorare la terra e ricominciare da lì. “Vorremmo portare il lavoro al centro della discussione, non solo in quella serata, e farlo in maniera condivisa. L’idea è quella di raccogliere tutti i contributi in un altro documentario, questa volta collettivo, con l’obiettivo di superare gli ultimi vent’anni di narrazione del lavoro, di cambiare direzione, spostando l’attenzione dai concetti di possesso, denaro, successo a tutti i costi, a quelli di competenza, passione, di un lavoro ben fatto che, certo è una forma di sostentamento, ma che esiste a prescindere dai soldi che ti fa guadagnare”.