Al liceo creava gioielli per hobby e, quando è venuto il momento di scegliere l’università, ha deciso con la sua famiglia (complice soprattutto la zia archeologa) che era la strada giusta da intraprendere. Un diploma allo Ied di Roma in Design del Gioiello, i corsi estivi alla Central Saint Martins (l’Università delle Arti di Londra), quelli di modellazione 3D presso il Learning Institute di Massoni (storica gioielleria romana) e un anno di stage alla Nanis (una prestigiosa oreficeria in provincia di Vicenza) hanno contribuito a formare, negli anni, la sua creatività. Oggi Livia Lazzari (nella foto) produce una linea tutta sua, la Voodoo Jewels, che viene distribuita internazionalmente.
Il brand concept – La preziosità di un gioiello non deve per forza derivare dall’uso di materiale nobili e costosi, anzi, la sua unicità risiede nella capacità creativa e produttiva di chi lo ha pensato e poi realizzato a mano: è questa l’idea che permea le collezioni di Livia. Il gioiello assume un carattere urbano, forte e ribelle, è la soddisfazione di un desiderio, un’emozione immediata. “Sono molto istintiva quando creo e generalmente il primo pezzo che immagino è un anello. Mi ispiro al rapporto dell’uomo con la natura e cerco di sviluppare un oggetto materico usando argento, bronzo, pietre naturali e semi-preziose”. Le collezioni, due all’anno, nascono da una combinazione di atmosfere tribali, leggende lontane, rituali sciamanici e oggetti voodoo che rappresentano il legame tra la dimensione umana e la realtà terrena con gli spiriti della natura e un mondo incantato.
Il successo passo dopo passo – “Ho sempre gestito la mia linea come un fashion brand slegandola dal mondo della gioielleria. Cambio lo stile delle mie collezioni, rimanendo sempre fedele però al concept di base”.Affiancata da un agente che ha creduto in lei, nel tempo Livia conquista uno spazio sui giornali (tra tutti Vogue.it), un posto alla sfilate di moda di Parigi e nei negozi di tutto il mondo, dal Libano all’Australia: “Il mio consiglio è quello di non seguire percorsi standard una volta usciti dall’università, di non pensare che un master garantirà di sicuro un’occupazione. Bisogna girare molto, crearsi tanti contatti. Io sono stata fortunata, ma la fortuna me la sono andata a cercare”.