Formazione ibrida e sincrona, con tanta voglia di tornare in presenza. Forte l’accento su new management skill, personal development e leadership, accanto alla ripresa delle competenze tecniche che necessitano di aggiornamenti.
Il reperimento di fondi per finanziare la formazione e la ricerca di nuovi contenuti e modalità formative sono tra le principali attività a valore aggiunto cui la funzione HR vorrebbe dedicare maggiore attenzione.
Sono i primi dati della Survey “Training modalities & outsourcing trends” realizzata da Cegos Italia, parte di Cegos Group, che per il 7° anno consecutivo è stato inserito nella Top20 Learning Services Company 2022 di Training Industry. La ricerca è stata condotta su un campione di addetti HR di 230 aziende sul territorio nazionale, di cui il 50% nel Centro Nord e il 40% con un numero di dipendenti compreso tra i 101 e i 500.
La pandemia ha reso le organizzazioni più consapevoli dei rischi e dei danni che alcuni gap formativi possono generare, tanto che rispetto al 2020 il 18% in più delle imprese ritiene la formazione ancora più strategica (49% dei rispondenti vs 31% del 2020); inoltre, sono in calo le aziende che hanno deciso di sospenderla rispetto alla rilevazione precedente (7% vs 10% del 2020).
Per garantire efficacia ed efficienza, si preferisce un apprendimento ibrido, con alternanza e mescolanza di metodologie che tengano in considerazione esigenze, time management, effort ed engagement. La responsabilità della formazione è sempre più equamente distribuita tra azienda e lavoratori (entrambe le voci hanno ottenuto il voto più alto, 3,76 in una scala da 1 a 5).
“La crisi sanitaria ha rafforzato l’importanza di formare le persone e la convinzione che lavorare in emergenza non sia una soluzione sostenibile per incrementare le performance; al tempo stesso il lavoratore assume un ruolo sempre più centrale nel proprio processo di crescita professionale – commenta Emanuele Castellani, CEO di Cegos Italia & Cegos APAC –. Per affrontare i cambiamenti in atto, possedere competenze trasversali è imprescindibile, tanto che oggi le soft skill sono diventate vere e proprie power skill per qualunque ruolo; ma la responsabilità di accrescerle è appunto condivisa tra azienda e singolo lavoratore. Dopo aver fatto forzatamente ricorso al digitale, le aziende ne confermano il valore, pur sentendo il bisogno di coinvolgere le persone anche in presenza, ancor meglio se con percorsi in hybrid learning”.
Gli intervistati si dichiarano piuttosto soddisfatti della formazione digitale utilizzata dal 2021 rispetto agli obiettivi perseguiti con una preferenza importante nella scelta di soluzioni sincrone, webinar (88%) e virtual classroom (78%), in grado di garantire scambi e interazioni.
Il face to face rimane la modalità più utilizzata (81%) e apprezzata con la più alta soddisfazione per le aziende (55%).Quasi 3 rispondenti su 4 hanno usufruito di video e moduli e-learning; il 60% non ha mai utilizzato, invece, podcast o sessioni di micro-learning.
Le soft skill si confermano un bagaglio di competenze essenziali e trasversali per top management e collaboratori (4,19 punti in media in una scala da 1 a 5 di importanza); rinnovato interesse per le hard skill (4,17), messe in stand-by dalla crisi sanitaria e probabilmente non più aggiornate per i cambiamenti sopraggiunti. Le E-skill – competenze tecnico-scientifiche e digitali – raggiungono un punteggio di 3,93 su 5, seguite dalle Green skill – competenze in eco-sostenibilità – a 3,42, seppur con crescente interesse.
New management skill (57%), Personal development (54%) e Diffusione della leadership (47%) sono i contenuti ritenuti più urgenti, seguiti da Sostenibilità e inclusione al 36%. Un terzo delle aziende continuerà ad investire in Remote working e collaboration a sostegno delle politiche di agile working sempre più diffuse.
Passando agli aspetti gestionali della formazione in azienda, il 30% dei rispondenti afferma di non riuscire a gestire le proprie priorità e anche chi ci riesce ammette di non farlo sempre in maniera ottimale, probabilmente a causa di sovraccarico di attività e/o sottodimensionamento.
Potendosi concentrare sulle attività ad alto valore aggiunto, gli addetti HR hanno indicato il Reperimento di fondi per la formazione, l’Approfondimento di nuovi contenuti e modalità formative e la Pianificazione della formazione, rispettivamente al primo, secondo e terzo posto.
Consulenza sulla formazione finanziata e Pianificazione dei calendari – attività che richiedono per la loro natura in continua evoluzione elevato presidio ed effort – sono al contempo le attività su cui le aziende vorrebbero concentrarsi e quelle che vorrebbero dare in outsourcing (valori intorno a 2,29 in una scala di efficienza da 1 a 5), pur non raggiungendo singolarmente punteggi elevati.
“La pandemia ha fatto emergere lacune latenti e indebolito alcune aziende, accrescendo l’esigenza di colmare i gap anche grazie ai sostegni disponibili offerti dagli esperti del settore – conclude Castellani. I dati espressi dal campione non ci sorprendono; per avere un impatto rilevante è necessario pensare ad un insieme di attività integrate. Il mercato dell’outsourcing è relativamente giovane in Italia, non c’è ancora piena consapevolezza delle potenzialità. Ci sono, quindi, spazi di crescita e come player possiamo e dobbiamo lavorare per educare alle opportunità dell’esternalizzazione, attraverso il supporto di operatori capaci e in grado di permettere agli HR di concentrarsi sulle attività core.”
Nota stampa Cegos Italia.