(Labitalia) – Se fino a qualche anno fa l’Europa aveva paura dell’idraulico polacco, simbolo di un’invasione di manodopera a basso costo proveniente dai Paesi dell’Est europeo, oggi la stessa Europa è alla ricerca del carpentiere digitale, l’operaio 2.0 che sa utilizzare le nuove tecnologie prima ancora che i vecchi arnesi di lavoro. E’ quanto emerge dal rapporto ‘Professioni e lavoro nel 21° secolo’, curato dal think tank Glocus e presentato a Roma questa estate con interventi, tra gli altri, del capo di gabinetto del ministero della Pubblica istruzione, Luigi Fiorentino, del presidente dei giovani imprenditori di Confindustria, Jacopo Morelli, del sociologo Domenico De Masi, del senatore Pietro Ichino, del presidente dell’Isfol, Pietro Antonio Varesi, e del sottosegretario al Welfare, Carlo Dell’Aringa.
In Europa, la domanda di lavoro nel prossimo triennio sarà concentrata soprattutto sull’istruzione e la formazione, radicalmente trasformati dalla rivoluzione digitale degli ultimi anni. Entro il 2015, si prevede che ci saranno circa 900mila posti di lavoro vacanti a causa della scarsità di figure professionali dell’Information and Communication Technology. Il carpentiere digitale, dunque.
Ma non solo. Mancano all’appello: progettisti di sistemi informatici, consulenti di software, analisti e sviluppatori di applicazioni, esperti di usabilità e accessibilità, medici e operatori sanitari specializzati nell’assistenza domestica grazie alla domotica, ingegneri esperti nella tecnologie a basso impatto ambientale, esperti di sicurezza dei sistemi. Una rivoluzione che sta abbracciando anche il comparto manifatturiero italiano, il secondo in Europa per esportazioni dopo la Germania, che soffre le carenze di figure altamente specializzate.
Sono le nuove professioni create dall’economia digitale e di cui l’Italia è carente. Basta pensare che l’Internet economy italiana contribuisce alla formazione del Pil nella misura di appena il 2%, circa 32 miliardi di euro (studio McKinsey) rispetto alla media europea del 4% con picchi del 7% in paesi come Germania e Nord Europa. Se raggiungessimo la media europea, è come se avessimo ogni anno 4 finanziarie italiane. “L’unico modo per uscire da una situazione che vede il tasso di disoccupazione giovanile italiano al 40,5% – si legge nel Rapporto – è quello di riallineare l’offerta di lavoro alla domanda del mercato, riformando alla base il sistema dell’istruzione e della formazione. Non basta, dunque, una politica degli incentivi per le assunzioni, ma servono degli interventi volti a preparare i lavoratori a un mercato ormai cambiato”.
Per questo, Glocus propone, accanto a una prioritaria riforma del diritto del lavoro e all’introduzione della formula contrattuale della ‘flexsecurity’, anche una profonda riorganizzazione dell’istruzione, a partire già dai cicli della prima infanzia, importando modelli che hanno registrato successi negli altri paesi: dal sistema dei tirocini in Germania alla digitalizzazione della didattica universitaria.
“Noi partiamo in ritardo – ha spiegato la presidente di Glocus, Linda Lanzillotta – perché abbiamo di fatto mancato l’obiettivo che l’Europa si era data per il 2000/2010. L’agenda di Lisbona ci diceva di puntare tutto sulla formazione, sulla ricerca, sull’innovazione. Per quanto riguarda l’Italia, sappiamo com’è andata: nell’ultimo quindicennio il settore dell’education è stato il più definanziato del bilancio pubblico a vantaggio dei settori della previdenza e della sanità”. In particolare, i consumi pubblici per le spese sanitarie italiane dal 1980 al 2009 sono aumentati dal 29,7% al 33,8%, mentre l’istruzione ha visto scendere la quota dal 25,7% al 20%. “Abbiamo speso per gli anziani anche le risorse che dovevano costruire il futuro per i giovani – ha concluso Lanzillotta – ora dovremmo restituirgliene almeno una parte”.
In Europa mancano 900mila addetti e professionsiti Ict
Presentato Rapporto Glocus sulle professioni più ricercate nel 21° secolo.
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