Alla prova del lockdown, una impresa su quattro è arrivata, almeno in parte, preparata: il 24,6% delle imprese italiane, infatti, ha investito nell’adozione di sistemi di smart working per innovare il proprio modello organizzativo aziendale tra il 2015 al 2019. Il dato, che emerge dal bollettino annuale del Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal, è cresciuto rispetto al 2018 (23,5%) e segue un trend di incremento consistente, destinato probabilmente a conoscere una ulteriore impennata nel prossimo futuro.
I dati. Non tutti i settori, ovviamente, si sono potuti adattare all’introduzione del lavoro agile nella stessa maniera. L’ambito più ricettivo è quello delle Public utilities (luce, acqua, gas) in cui il 34,7% delle imprese ha dichiarato di aver investito in smart working, a seguire quello dei Servizi (25,5%), l’Industria (22,5%) e fanalino di coda, come facilmente immaginabile, le Costruzioni (19,9%). All’interno del mondo dei servizi, hanno investito in smart working il 50,9% delle imprese di Servizi informatici e delle telecomunicazioni, il 48,8% delle imprese di Servizi finanziari e assicurativi, e il 40,3% dei Servizi avanzati di supporto alle imprese. A questa modalità di lavoro a distanza hanno invece guardato solo il 15,7% delle imprese dei Servizi culturali, sportivi e altri servizi alle persone e il 17,9% dei Servizi di alloggio e ristorazione e servizi turistici.
Le modalità organizzative. Nel sistema industriale, sul lavoro agile – spiega Unioncamere – hanno puntato il 33,3% delle Industrie elettriche, elettroniche, ottiche e medicali, il 32,8% per le Industrie chimiche, farmaceutiche e petrolifere e il 29,6% delle Industrie di fabbricazione macchinari. Il Mezzogiorno è l’area del Paese in cui maggiormente le imprese hanno puntato sul lavoro a distanza, un’opportunità offerta dalla tecnologia per colmare altri gap strutturali. A favore di questa modalità organizzativa hanno investito il 27,1% delle imprese meridionali. A seguire il Nord Ovest, con il 24,1%, il Nord Est con il 23,5%, quindi il Centro con il 23%.
L’innovazione. A fare la differenza, però, è soprattutto è la classe dimensionale delle imprese. L’innovazione del lavoro agile – rileva Unioncamere – riguarda infatti il 53,1% delle aziende con più di 500 dipendenti, il 50,3% delle aziende tra i 250 e i 499 dipendenti e il 41,8% delle aziende tra i 50 e i 249 dipendenti. La percentuale scende per le imprese più piccole. Infatti, si notano investimenti in smart working solo per il 31,1% delle imprese tra i 10 e i 49 dipendenti, e per il 21,3% di quelle tra 1 e 9 dipendenti. Lo smart working è però solo una delle possibili modalità organizzative e dei nuovi modelli di business che stanno adottando le nostre imprese messi a disposizione dalla trasformazione digitale.
Investire sul digital marketing. Excelsior mostra infatti che nel 2019 ben il 36,9% delle imprese (contro il 35,4% del 2018) ha dichiarato di aver investito in attività di digital marketing. Al primo posto il settore dei servizi (39,3%), al secondo quello delle Public utilities al 37,3%, poi al 31,2% il settore dell’Industria e il 25,5% in quello delle Costruzioni. Dal punto di vista territoriale si nota una sostanziale omogeneità tra tutte le aree del paese in cui spiccano sia il Nord Est con il 37,5%, sia il Sud e le isole con il 37,3%. A seguire il Nord Ovest con il 36,9% e il Centro con il 35,8%.
Le imprese più grandi hanno un tasso maggiore di investimenti in digital marketing: l’innovazione riguarda infatti il 70,5% delle aziende con più di 500 dipendenti, il 68,3% delle aziende tra i 250 e i 499 dipendenti e il 58,5% delle aziende tra i 50 e i 249 dipendenti. La percentuale – conclude Unioncamere – scende per le imprese più piccole. Infatti, sui canali di promozione e vendita online hanno puntato un buon 44% delle imprese tra i 10 e i 49 dipendenti e il 33% di quelle tra 1 e 9 dipendenti.