Un tipico bar milanese alle otto del mattino sembra un’orgia consumistica, segno di grande abbondanza e di consumo sfrenato. Un baccanale di gusti, un vero schiaffo alla povertà. Ma è davvero così?
Usando una metafora comune, come il rito del caffè mattutino, il libro “Il Teorema del Caffè“, edito da GuerriniNext e scritto da Paolo Iacci, una vita da direttore del personale in diverse grandi aziende, propone un percorso attraverso l’inferno della crisi, i paradossi e le contraddizioni di un popolo arguto, capace di performance eccezionali ma incapace spesso di approdare ad una normalità sostenibile, un popolo che sa essere grande ma anche piccolo e meschino.
Le imprese, e le persone, devono fare di più e meglio con meno risorse. Il Teorema del Caffè spiega perché e come fare. “Dal nostro individualismo può nascere la consapevolezza e la possibilità della rielaborazione di un nuovo senso collettivo. Così, nella società civile, e così pure nelle imprese e nelle organizzazioni pubbliche”. (Dalla prefazione del professor Giovanni Costa).
L’eventuale mancanza di risorse non preclude la possibilità che queste ritornino disponibili in futuro. Non sono un ostacolo all’emergere di nuovi bisogni o attese. La crisi incrementa la competitività e quindi anche di fronte ad una diminuzione della domanda si assiste ad un’offerta più ricca, più diversificata e quindi più promettente. Nulla è perduto. Anzi. Ma che centra il caffè con la crisi e su come uscirne? Per saperlo non vi resta che leggere il Teorema del Caffè.
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