Abbandoniamo toni politically correct e, per amore di verità, diciamo le cose come stanno: la qualifica di pubblico dipendente è diventata sinonimo di inefficienza, malversazione, abusi e pratiche scorrette di qualunque genere e tipo.
L’ultimo scandalo finito sulle prime pagine dei giornali d’Italia è del 18 luglio e riguarda l’Ospedale Cardarelli di Napoli – il più grande complesso ospedaliero del sud, uno dei maggiori del paese -, ove sono stati notificati ben 61 avvisi di garanzia dalla Procura della Repubblica cittadina nei confronti di altrettanti dipendenti, fra cui due medici e un sindacalista (!), per aver attestato falsamente la presenza in servizio in un numero svariato di occasioni.
La più classica e odiosa delle condotte illecite, perché si riflette in maniera diretta sull’utenza deprimendo il servizio pubblico e il funzionamento della struttura sanitaria: in pratica, i dipendenti timbravano il cartellino e poi omettevano di recarsi in reparto, oppure restavano a casa e facevano timbrare il cartellino ad altri, in alcuni casi, a quanto si apprende, finanche dalla figlia di uno di loro, un’adolescente di dodici anni (!!!). Sessantuno lavoratori su oltre tre milioni impieganti nella PA rappresentano un numero irrisorio per mettere sul banco degli imputati l’intera categoria, eppure è un fatto che ogni articolo di giornale che riporti notizie di carattere negativo impatti la categoria che, come sempre succede al tempo dei social, diventa immediatamente bersaglio del malcontento collettivo e delle solerti attenzioni della politica, pronta ad intervenire con nuove norme repressive, sponsorizzate dai partiti di qualunque orientamento e colore.
L’ultimo intervento è avvenuto con l’approvazione, a firma del Ministro Giulia Buongiorno, della Legge n. 56 del 19 Giugno 2019, entrata in vigore il 7 Luglio, recante “Interventi per la concretezza delle azioni delle pubbliche amministrazioni e la prevenzione dell’assenteismo”, che ha introdotto – le ennesime – importanti novità in tema di misure per il contrasto dell’assenteismo nella Pubblica Amministrazione.
Cosa significa. Il sistema fino ad oggi utilizzato è basato sull’utilizzo di una card elettronica (badge) che viene fornita al dipendente e che lo stesso utilizza timbrando su un’apposita macchina marcatempo l’ingresso al lavoro e l’uscita dal servizio. Già con la riforma del Testo Unico sul pubblico impiego (da ultimo rimaneggiato dall’ex Ministro Madia con il D.lgs. n. 118/2017) è stata introdotta nell’ordinamento la sanzione del licenziamento disciplinare per giusta causa per il dipendente pubblico che attesta falsamente la propria presenza in servizio “mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento o con altre modalità fraudolente” (art. 55 quater del d.lgs. n. 165/2001).
Ma il sistema della timbratura del cartellino si è rivelato uno strumento inidoneo a contrastare il fenomeno, sempre più frequente, delle truffe perpetrate dai dipendenti infedeli che falsamente attestavano la loro presenza in servizio, uscendo dal lavoro senza comunicarlo ovvero facendo attestare la presenza da colleghi compiacenti. Ed allora, nell’intento di porre finalmente fine a tale malcostume, il Governo ha previsto l’introduzione, ai fini del controllo dell’osservanza dell’orario di lavoro del personale impiegato nelle PA, di sistemi di verifica biometrica dell’identità e di videosorveglianza degli accessi, in sostituzione dei diversi sistemi di rilevazione automatica attualmente in uso. Le modalità di trattamento dei dati biometrici del personale sono poi demandate ad un successivo decreto del Presidente del C.d.M., previo parere del Garante per la Privacy, in ordine al rispetto delle norme oggi vigenti sulla protezione dei dati personali (GDPR), in conformità anche al Testo Unico sulla Privacy come modificato dal d.lgs. n. 101/2018.
La misura promette di essere risolutiva, e tuttavia l’indomani dell’entrata in vigore il Garante per la Privacy, pur confermando la necessità di reprimere i fenomeni di assenteismo illecito, ha commentato negativamente il provvedimento del Governo ritenendolo sproporzionato ed eccessivo, in quanto obbliga una platea di oltre tre milioni di dipendenti pubblici al controllo dei propri dati biometrici, che sono sensibili e godono di una tutela rafforzata. In realtà, già nel 2014 l’Autority aveva dettato le linee guida in materia di riconoscimento biometrico allegandole al provvedimento del 12.11.2014, richiedendo il tassativo rispetto dei principi liceità, necessità, finalità e proporzionalità nel trattamento dei dati, ed imponendo il rispetto di adempimenti imprescindibili come la diffusione di adeguata informativa, la notifica del trattamento al Garante medesimo e l’obbligo di verifica preliminare.
La nuova riforma pare proprio non voglia subire intralci in materia di privacy e procedere spedita alla sua attuazione, così che si è previsto (all’art. 2 della l. n. 56/2019) a monte il rispetto dei principi di proporzionalità, non eccedenza e gradualità, già sanciti dall’articolo 5, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, ed è richiesto il previo parere del Garante Privacy. Non resta allora che attendere l’emanazione del decreto presidenziale ed apprezzare nella pratica l’implementazione degli strumenti di controllo biometrico così che il fenomeno dei furbetti del cartellino possa giungere alla sua conclusione, a beneficio del buon funzionamento della PA e delle case dello stato, che sono le prime a venir lese da simili condotte illecite e illegittime.
Per concludere dicendo sempre le cose come stanno, sarebbe opportuno ammettere che i “furbetti” del cartellino sono solo una parte – quella più visibile ed evidente – del problema, che invece è il mancato controllo da parte dei superiori e della struttura organizzativa. Se 61 lavoratori hanno attestato la loro presenza in servizio, eppure erano assenti dal lavoro, com’è possibile che nessun responsabile li abbia notati e non abbia rilevato la mancanza “delle sue persone” in reparto la mattina stessa? Anche per l’omesso controllo sono previste sanzioni disciplinari gravissime, che è obbligo dei dirigenti delle strutture pubbliche applicare.
Scritto da Avv.to Alessandro Paone, Partner LabLaw