Il lavoro in somministrazione viene indicato da più parti come modello di flessibilità positiva. Alla luce del recente rinnovo del contratto nazionale di settore, abbiamo chiesto a Rosario Rasizza, amministratore delegato di Openjobmetis, una delle principali Agenzie per il lavoro italiane, nonché presidente di Assosomm, la seconda associazione delle Agenzie per il lavoro in Italia, di spiegarci il ruolo che la “flessibilità tutelata” può ricoprire per rinnovare il nostro mercato del lavoro.
Qual è lo stato di salute della somministrazione in Italia dopo il quinquennio di crisi che abbiamo alle spalle?
Il settore della somministrazione è ciclico. Questo vuol dire che siamo uno dei pochi comparti in Italia che è direttamente proporzionale al mondo dell’economia reale. Se questa cresce anche noi cresciamo, al contrario seguiamo l’andamento negativo. Per rispondere alla sua domanda, quindi, il settore ha risentito della crisi come gran parte dell’economia italiana in questi ultimi anni. Nel 2009 la somministrazione ha avuto una contrazione del 40 per cento. Adesso, tuttavia, i segnali di ripresa e di crescita sono evidenti. Nell’ultimo semestre c’è stato un incremento della somministrazione dell’8 per cento e nel 2013 siamo cresciuti del 4,5 per cento rispetto all’anno prima. L’economia reale si sta muovendo e di conseguenza anche noi cresciamo. Possiamo dire che la somministrazione è una sorta di termometro molto realistico dello stato di salute della nostra economia. Quando le produzioni stentano i primi a saltare sono i dipendenti con contratti flessibili e con la stessa logica, quando le produzioni ripartono i primi ad essere assunti sono dipendenti con contratti a tempo che permettono alla aziende un impegno non troppo vincolante in una fase, seppur di ripresa, ancora incerta.
Lo scorso febbraio è stato rinnovato il CCNL della somministrazione. Quali sono le principali novità? Revisione dell’automatismo di stabilizzazione, un nuovo contratto come il cosiddetto MOG, poi?
Il rinnovo del contratto nazionale della somministrazione va nella direzione di una ulteriore e maggiore tutela del lavoratore. In particolare vorrei sottolineare tre importanti novità. La prima è l’introduzione del MOG: si tratta di nuova tipologia di rapporto di lavoro, inquadrabile come part-time più flessibile. L’orario di lavoro, infatti, non è calibrato sulla settimana indicando le giornate e le ore lavorative, ma viene previsto un minimo di ore lavorabili nel mese che deve essere comunque garantito alla risorsa (anche se non effettivamente lavorate). E’ stato introdotto in particolari settori nei quali storicamente sono presenti molti lavoratori in nero, nel tentativo di regolarizzare tali rapporti. Secondo, l’eliminazione dell’obbligo di stabilizzazione. Le Agenzie per il lavoro avevano introdotto per libera scelta l’obbligo della stabilizzazione dei lavoratori somministrati al raggiungimento di determinati limiti di anzianità lavorativa. E’ stato tolto l’obbligo e inserito un sistema premiante per raggiungere l’obiettivo della stabilizzazione, a mio avviso più efficace. Terzo punto, la modifica del riconoscimento delle festività. In occasione delle festività natalizie, per garantire anche ai somministrati le retribuzioni di tali festività, è stato introdotto un sistema di “garanzia” tramite il quale, anche in mancanza di copertura contrattuale, il lavoratore percepisce la retribuzione delle stesse.
Un aspetto innovativo indicato nel nuovo contratto è il ruolo che le APL possono giocare in rinnovate politiche attive del lavoro, al fianco dei Centri per l’impiego pubblici. In che modo è possibile realizzare questa integrazione e cosa vi aspettate?
C’è una differenza sostanziale che vorrei sottolineare e che ci distingue dai Centri per l’impiego pubblici. Noi tutte le mattine “battiamo” il territorio con la volontà precisa di collocare i nostri profili. Questo è il nostro impegno costante e incessante. Spiace dirlo, ma è il contrario di quello che fanno i centri pubblici, che magari saranno pure bravi a scrivere un curriculum ma sono “inadeguati” a trovare lavoro alle persone e sviluppare un’efficace attività di incontro tra domanda e offerta di lavoro. Non a caso, i dati a riguardo parlano da soli: solo il 4 per cento dell’intermediazione di manodopera del nostro Paese passa dai Centri per l’Impiego a fronte di una forza lavoro di circa 10 mila dipendenti, la più grande agenzia che abbiamo! Ad un incontro con l’ex ministro del lavoro Giovannini, mi chiese quale fosse la principale differenza tra le Agenzie per il lavoro e i Centri per l’Impiego e risposi così: “l’automobile”. La metafora mi sembra chiara. Ai centri per l’impiego serve un amministratore delegato, per intenderci una figura manageriale che faccia camminare la macchina.
Ciò detto considero molto positivamente il ruolo che le Agenzie possono svolgere nelle politiche attive del lavoro e la tendenza che si sta affermando verso lo sviluppo di un sistema premiale misto, pubblico e privato, che premia con un riconoscimento economico la struttura che raggiunge il risultato, ossia la collocazione del disoccupato e della persona in cerca di lavoro. E’ un sistema meritocratico e efficiente. Ci sono già esempi in questo senso molto positivi come la Dote Lavoro in Lombardia e Veneto e il recente contratto di ricollocazione introdotto, in via sperimentale, nell’ultima legge di stabilità e ispirato alla stessa logica.
Spesso il modello di lavoro in somministrazione viene indicato come esempio di flessibilità tutelata in contrapposizione alla precarietà. Perché la somministrazione è un modello positivo di flessibilità?
Partirei dalle origini per rispondere a questa domanda. Il legislatore ad inizio anni ’90 quando introdusse questa forma contrattuale individuò il principio di “parità contributiva”. In altre parole i lavoratori in somministrazione avrebbero goduto dello stesso livello retributivo e delle stesse garanzie e tutele dei lavoratori dipendenti previste dal contratto nazionale applicato dall’azienda utilizzatrice. Nessuna disparità di trattamento, quindi, tra dipendenti e somministrati. Anzi alle tutele previste dal contratto nazionale applicato dall’azienda in cui il lavoratore in somministrazione è collocato, si aggiungono le tutele previste dal contratto nazionale della somministrazione che prevede ulteriori garanzie legate alla formazione, all’accesso al credito e a forme di sostegno al reddito. Per questo parliamo di flessibilità positiva.
La precarietà, invece, è da un’altra parte. Non riguarda certamente la somministrazione ed è presente soprattutto nell’ambito delle false partite Iva e dei falsi collaboratori a progetto. Parliamo dell’utilizzo improprio di forme contrattuali tipiche del lavoro autonomo a fronte di mansioni, invece, tipicamente da dipendente. Quello è il luogo della precarietà e dell’illegalità. Su questi ambiti dovrebbe concentrarsi l’attività del Ministro del lavoro.
Come valorizzare ulteriormente il lavoro in somministrazione nel nostro Paese? Quali misure bisognerebbe prendere, per esempio nel Jobs Act in discussione?
Partirei dall’abolizione di quando previsto dalla legge Fornero in tema di somministrazione e giudico molto positivamente, invece, la scelta dell’attuale Governo di togliere l’indicazione obbligatoria della “casualità” sia per i contratti a termine che per quelli in somministrazione. In questo modo ridimensioniamo anche il lavoro degli avvocati e della magistratura del lavoro. Poi, abolirei tutte quelle forme spurie di flessibilità partendo dalle finte collaborazioni e dalle finte partite Iva.
Cambierei, inoltre, il piano garanzia giovani in piano garanzia lavoro. Perché oggi l’urgenza del lavoro riguarda tutte le fasce di età e coloro che perdono il lavoro sopra i 40 anni sono in condizioni di difficoltà pari se non superiori a quelle dei più giovani. Infine, avanzo un’altra proposta. La totale detassazione delle nuove assunzioni per le aziende che decidono di mantenere inalterato il loro organico per i prossimi 24 mesi. In questo modo si rilancerebbe il mercato del lavoro e i consumi interni. La tassazione del lavoro va rivista. Il lavoro non è un bene di lusso e non può essere tassato come se fosse un diamante.