Dopo l’entrata in vigore (a partire dal 21 marzo scorso) delle disposizioni del Decreto Legge n. 34/2014 che attende la conversione in legge prevista entro il prossimo 20 maggio, la formazione, caratteristica peculiare del rapporto di apprendistato, continua ad apparire il vero scoglio sul quale sembra misurarsi non solo l’effettiva attivazione dei contratti di lavoro da parte delle aziende ma anche l’intervento del legislatore. Già a pochi mesi dall’emanazione delle Linee Guida approvate definitivamente in Conferenza Stato Regioni il 20 febbraio 2014, finalizzate a delineare alcuni principi di base, validi su tutto il territorio nazionale, per l’accesso da parte dell’azienda alla formazione di tipo trasversale in materia di apprendistato professionalizzante (quello previsto dall’art. 4 del D.Lgs. n. 167/2011 e rivolto ai giovani di età compresa tra i diciotto e i ventinove anni per l’acquisizione di competenze specialistiche attraverso lo svolgimento dell’attività lavorativa in tutti i settori di attività, pubblici o privati), il legislatore torna infatti ad occuparsi del contratto di apprendistato e lo fa attraverso lo strumento del provvedimento d’urgenza ossia del decreto legge. Viene quindi sottolineata, con la scelta di tale strumento legislativo, l’importanza di un intervento avente l’obiettivo di semplificare ulteriormente alcune procedure ovvero formalità legate a tale tipologia di contratto al fine di incentivarne l’adozione eliminando (o correggendo) alcuni passaggi della disciplina di riferimento interpretati ancora come un ostacolo per la effettiva messa in pratica di tale forma di contratto.
In realtà, come testimoniato dai primi commentatori della riforma e da chi da anni si occupa di questa materia (si vedano gli approfondimenti pubblicati sul sito www.ADAPT.it dal prof. Michele Tiraboschi e l’area dedicata fareapprendistato.it soprattutto con riguardo alle novità in materia di stabilizzazione degli apprendisti), gli interventi effettuati dal legislatore – gli ultimi di una serie di piccoli aggiustamenti che si susseguono da tre anni (da quando cioè è stato approvato ed è entrato in vigore il D.lgs. 14 settembre 2011, n. 167 recante il TU in materia di apprendistato) – seppure eclatanti, sul piano degli obiettivi di semplificazione, potrebbero non apparire tuttavia così significativi quale mezzo per incentivare le aziende a stipulare contratti di apprendistato. Il recente rapporto di monitoraggio ISFOL sull’apprendistato pubblicato ad Aprile 2014 (fermo tuttavia alle rilevazioni effettuate fino a tutto il 2012) fornisce dati non particolarmente entusiasmanti sui rapporti di apprendistato attivati presso le diverse regioni italiane.
Il vero scoglio sembra essere proprio la formazione o meglio, la volontà di investire su una risorsa priva di competenze professionali da far crescere on the job e da trattenere poi in azienda una volta concluso il percorso di formazione. Molte aziende italiane hanno una necessità attuale e immediata di lavoratori già specializzati, mentre l’investimento nella formazione di risorse inquadrabili con contratto di apprendistato richiede programmi e pianificazioni che necessitano di un orizzonte temporale molto più ampio. Un orizzonte temporale di due o tre anni che in molti casi le aziende, soprattutto di piccola dimensione, non hanno con la conseguenza che il ricorso al contratto di apprendistato non viene considerato come un’opzione effettivamente attuabile.
Per tale ragione, gli interventi previsti dal legislatore, seppure rilevanti sotto il profilo della semplificazione, scontano – come tutti i correttivi degli ultimi anni – la persistente resistenza verso una tipologia di contratto che pur avendo grandi potenzialità proprio sul piano della formazione professionale e quale veicolo per assicurare alle nuove generazioni la base per lo sviluppo di quelle competenze forti e impegnative che dovranno costruirsi in tutto l’arco della vita lavorativa, non sembra ancora essere percepita come tale dalle aziende.
Eppure sarebbe un ottimo strumento per costruire quelle competenze di base fondamentali per consentire alle nuove generazioni di colmare attraverso l’esperienza lavorativa le carenze di un sistema formativo ancora insufficiente per l’ingresso al lavoro. Da questo punto di vista un fattore significativo per la formazione spicca tra quelli registrati dal citato rapporto ISFOL: “(…) alcuni sistemi regionali si stanno orientando ad offrire una pluralità di servizi a supporto delle imprese. Affidati agli Enti di formazione e agli Enti bilaterali tali servizi riguardano: assistenza per la progettazione del piano formativo individuale, supporto per l’erogazione della formazione in azienda, attività di consulenza per il monitoraggio, valutazione e attestazione della formazione erogata, affiancamento per la gestione degli adempimenti amministrativi/contrattuali connessi all’attivazione del contratto di apprendistato, bilancio delle competenze”.
Tra i correttivi previsti dal legislatore in materia di apprendistato nel decreto legge che è al momento in fase di conversione, spiccano proprio le modalità di semplificazione previste per l’attuazione degli obblighi di formazione che caratterizzano questo contratto:
- Da un lato viene ridimensionato l’obbligo della forma scritta per il piano formativo. Ciò significa che un piano formativo comunque dovrà essere previsto e inserito anche se in forma sintetica nel contratto individuale di lavoro. Tale elemento risulta infatti indispensabile anche ai fini della registrazione della formazione effettuata, ma sarà un fattore che potrà risultare più semplificato, essendo prevista la possibilità di ricorrere anche ai moduli e ai formulari predisposti dalla contrattazione collettiva. Ciò consentirà, soprattutto nelle realtà di più piccola dimensione, di superare le difficoltà connesse con la materiale predisposizione del piano.
- Dall’altro, viene rivisto il sistema di integrazione della formazione erogata dall’azienda con quella fornita dalle strutture pubbliche accreditate. I datori di lavoro che non hanno la possibilità di assicurare la formazione di tipo trasversale dovendo necessariamente ricorrere all’offerta formativa pubblica, non saranno più tenuti ad integrare la formazione interna on the job con l’offerta formativa pubblica (con riguardo al contratto di apprendistato professionalizzante) qualora la Regione di riferimento (in cui ha sede l’azienda) non provveda nel termine di 45 giorni dalla instaurazione del rapporto di lavoro, a comunicare al datore di lavoro le modalità di fruizione dell’offerta formativa pubblica. E’ chiaro che le Regioni più “virtuose” nell’adempimento di quest’obbligo saranno quelle più in grado di fornire assistenza diretta alle aziende, in chiave di sviluppo di servizi come evidenziato dall’ISFOL e per la crescita del personale inserito con contratto di apprendistato.
Avv. Paola Salazar