(Labitalia) – Incoraggiante, deciso, onesto e di grande esperienza. Ma, allo stesso tempo, aperto e amichevole. Sono queste le principali caratteristiche che dovrebbe possedere il capo ideale, secondo un recente sondaggio condotto a livello internazionale da Hays Response. La più giovane divisione del gruppo Hays ha intervistato circa 1.000 professionisti appartenenti a quelli che gli anglofoni hanno ribattezzato ‘Y generation’ (giovani nati tra il 1983 e il 1995), per tratteggiare l’identikit del capoufficio ideale.
Va subito fatta una premessa: rispetto alle precedenti generazioni – afferma Carlos Soave, managing director di Hays Italia – i lavoratori della ‘Y Generation’ stanno sperimentando una maggiore flessibilità, dovuta a contratti temporanei e a occupazioni spesso precarie. Cambiando lavoro anche un due o tre di volte in pochi anni, è più facile per i giovani imbattersi in stili manageriali diversi e avere una percezione più chiara di quale sia l’approccio migliore in fatto di leadership”.
Il primo aspetto che emerge dalla ricerca è proprio l’inefficacia dei tradizionali modelli direzionali. “Basta quindi con le figure dominati e autoritarie. Per la ‘Y Generation’, un’eccessiva dose di potere è controproducente e non ottiene l’effetto sperato: un tiranno dietro la scrivania alimenta un clima pesante in ufficio, inibisce la creatività e la spontaneità nei rapporti e, a lungo andare, compromette le performance dei lavoratori”, continua Soave.
Il capo ideale, secondo l’indagine Hays Response, deve essere un mentore per il 51% degli intervistati, una figura di riferimento in grado non solo di spronare e ispirare i colleghi (47%), ma anche di supportarli nelle eventuali scelte che si troveranno ad affrontare durante la loro crescita lavorativa e professionale (47%). Onestà (44%) ed esperienza (42%) sono altri importanti valori intrinsecamente legati al ruolo del capo.
“Il 34% dei rappresentati della ‘Y Generation’ – continua Soave – ritiene, inoltre, che il capo ideale debba essere capace di sintonizzarsi e ascoltare le proprie risorse, fornendo loro continui feedback, senza però intaccare l’autonomia decisionale del singolo lavoratore”.
Il 30% del campione immagina il proprio boss ideale come una figura degna di fiducia, con cui discutere non solo questioni lavorative, ma anche di problemi o esperienze personali, mentre per il 16% il capo deve essere un vero e proprio amico a cui rivolgersi nei momenti del bisogno (non solo lavorativo). Infine, solo 1 intervistato su 10 (10%), vorrebbe che il proprio capo fosse una figura in grado di ‘solamente’ di organizzare priorità e assegnamenti lavorativi per l’ufficio.