Milano – La domanda che molti si pongono è cosa succederà dopo la fine dell’emergenza del cosiddetto smart working? Si diffonderà sempre di più questo modello di organizzazione del lavoro da remoto che hanno sperimentato milioni di dipendenti e professionisti, seppur in un contesto forzato, oppure si tornerà sostanzialmente alla situazione pre-Covid? L’Aidp, l’associazione dei direttori del personale, ha lanciato una survey tra i direttori del personale sul tema e i dati emersi confermano un quadro in grande evoluzione. La fase del lockdown ha innescato un meccanismo di accelerazione della riorganizzazione del lavoro secondo i principi del lavoro agile.
La survey. Oltre il 68% del campione ha dichiarato che prolungherà le attività di smart working anche nella fase di ritorno ad una “nuova normalità”. Circa il 30%, inoltre, farà nuovi interventi organizzativi ispirarti ai principi del lavoro agile. Per il 58% lo smart working proseguirà anche nel 2021 mentre per il 26% finirà tra novembre e dicembre 2020. Rispetto al numero di dipendenti coinvolti per circa il 58% dei rispondenti il lavoro da remoto riguarderà un percentuale sul totale che oscilla tra il 50 e oltre il 90% della forza lavoro. Per oltre il 70% delle aziende saranno mediamente utilizzati tra i 2 e i 3 giorni a settimana per le attività in lavoro agile. Tra i maggiori vantaggi riscontrati: risparmio di tempo e costi di spostamento per i lavoratori (69%); maggiore soddisfazione dei dipendenti e miglioramento della vita in termini di work-life balance (64%); aumento della responsabilità individuale (46%). Per contro, gli svantaggi maggiormente rilavati sono la perdita delle relazioni sociali (62%), la mancanza di separazione tra ambiente domestico e ambiente lavorativo (32%); rischio di un sovraccarico di lavoro (21%). Cresce anche l’altra componente del lavoro smart, ossia la formazione a distanza: lo smart learning, indicata da oltre il 17% dei direttori del personale. Oltre la forte accelerazione sullo smart working e lo smart learning, l’altro tema di rilievo emerso è la salute. Quasi il 60% dei rispondenti ha riprogettato l’organizzazione del lavoro secondo le norme aggiornate di tutela della salute e della sicurezza nell’ottica di una costante prevenzione dal virus.
“L’emergenza epidemica ha creato le condizioni, temporanee e forzate, per una sorta di sperimentazione di massa del lavoro da casa, che è cosa diversa dal concetto di smart working, come tutti sappiamo – spiega Isabella Covili Faggioli, Presidente Aidp -. Ne siamo tutti consapevoli e tuttavia la questione oggi è un’altra: cosa rimarrà dell’emergency working, così com’è stato definito da molti, dopo la fine dell’emergenza e come questa condizione parziale del lavoro da remoto si trasformerà in autentico smart working? Su queste domande di fondo la nostra indagine tra i direttori del personale ha evidenziato due trend fondamentali: il post covid vedrà una crescita sostenuta dello smart working come strumento strutturale dell’organizzazione del lavoro con percentuali superiori rispetto a prima; nella valutazione tra rischi e opportunità quest’ultime hanno una percezione molto elevata rispetto alle criticità che pur ci sono. Si apre, così, una nuova fase di ripensamento del futuro del lavoro in cui bisognerà ben bilanciare le opportunità con gli svantaggi e soprattutto sarà necessario uno spirito collaborativo tra le parti che eviti la polarizzazione del confronto”.