La riforma del Reddito di cittadinanza paventata dalĀ sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, prevede cheĀ si perda il sussidio anche rifiutando una sola offerta congrua di lavoro, oggi il limite ĆØ di due. Ma cosa si intende per offerta congrua? Attualmente sonoĀ tre i fattori che vengono considerati: laĀ coerenza tra lāofferta di lavoro e le esperienze e competenze maturate; laĀ distanza del luogo di lavoro dal domicilio e tempi di trasferimento mediante mezzi di trasporto pubblico; laĀ durata della fruizione del beneficio.Ā āRispetto alla distanza del luogo di lavoro- spiega il ministero del Lavoro- ĆØ congrua unāofferta entro 80 chilometri di distanza dalla residenza del beneficiario o comunque raggiungibile in cento minuti con i mezzi di trasporto pubbliciā, questo se si tratta di una prima offerta. Se, invece, si tratta di una seconda offerta puĆ² essere ācollocata ovunque nel territorio italianoā.
āIn caso di rinnovo del beneficio- continua il ministero- ĆØ congrua unāofferta in qualsiasi parte del territorio italiano, anche nel caso di prima offerta. In caso di rapporto di lavoro a tempo determinato o a tempo parziale, lāofferta ĆØ congrua quando il luogo di lavoro non dista piĆ¹ di ottanta chilometri di distanza dalla residenza del beneficiario o ĆØ comunque raggiungibile nel limite temporale massimo di cento minuti con i mezzi di trasporto pubblici, in caso sia di prima sia di seconda offertaā.
Se, perĆ², nel nucleo familiare sono presenti persone con disabilitĆ i conti cambiano: la distanza non puĆ² eccedere i 100 chilometri dalla residenza del beneficiario. CosƬ come se nel nucleo familiare sono presenti figli minori āanche qualora i genitori siano legalmente separati- precisa il ministero- non operano le disposizioni previste in caso di rinnovo del beneficio. Queste particolari deroghe operano solo nei primi ventiquattro mesi dallāinizio della fruizione del beneficio, anche in caso di rinnovoā.
Illavoro c’ĆØ, mancano i lavoratori
E mentre il dibattito sul reddito di cittadinanza si riaccende, i numeri raccontano di una crescente difficoltĆ da parte delle imprese a trovare i profili di cui hanno bisogno. Da qui ai prossimi quattro anni, infatti, cāĆØ il rischio che le aziende non riescano a rintracciare i profili necessari per la propria attivitĆ e cheĀ a fronte di un fabbisogno di circa 4,3 milioni di lavoratoriĀ (rapporto previsivo di Unioncamere Excelsior sui fabbisogni occupazionali a medio termine 2022-2026),Ā vadano in fumo 1 milione e 350mila ricerche di personale per assenza di candidati. A dirlo ĆØ lāindagine āIl lavoro che cāĆØ, i lavoratori che non ci sonoā, pubblicata a giugno dalla Fondazione Studi Consulenti del lavoro che evidenzia come si registri oggi āuna significativa riduzione della platea di persone interessate a lavorare che non ha precedenti nella storia piĆ¹ recenteā.
La difficoltĆ delle imprese a trovare i profili di cui hanno bisogno non ĆØ ācircoscritta solo ad alcune professioni generiche e a bassa qualificazioneā, precisa lāindagine.
Non solo cuochi…
Per quanto a fare scalpore āsia soprattutto la carenza diĀ cuochi e camerieriĀ (50.548 gli irreperibili nel mese di giugno), questi rappresentano una quota importante (23%) di un fenomeno che ĆØ perĆ² molto diffuso tra altri profili:Ā operai specializzati nellāediliziaĀ (16.073);Ā conduttori di mezzi di trasportoĀ (15.072),Ā tecnici dellāingegneriaĀ (12.922)- spiega la Fondazione Studi- Peraltro, il carattere delle assunzioni legate al periodo estivo, con alta incidenza della filiera turistica, rischia di dare una visione alterata di un deficit di offerta molto piĆ¹ strutturale di quanto non fosse pochi anni faā.
Complessivamente, a giugno 2022, su quasi 560mila entrate previste, 219mila (39,2%) risultavano di difficile reperimento. Nello stesso mese del 2019, questo valore si attestava al 25,6%. Ma perchĆ© questa difficoltĆ di reperimento?Ā Nel 23,7% dei casi ĆØ dovuta alla carenza di canditati (era il 12,2% del 2019) mentre la quota di aziende che associa la difficoltĆ di reperimento alla preparazione inadeguata degli stessi ĆØ rimasta pressochĆ© simile (11% circa).
Se ĆØ ādifficile sintetizzare i tanti fattori che determinano un fenomeno molto complesso, variabile a seconda dei profili interessati, e che risente anche di elementi congiunturali importanti- spiega lāindagine della Fondazione Studi Consulenti del lavoro- vi ĆØ innanzitutto unĀ fattore demografico non trascurabile, ossia che tra il 2018 e il 2021 la popolazione in etĆ da lavoro, dai 15 ai 64 anni, si ĆØ ridotta di misura, con una perdita di 636mila residenti. Non solo, al calo demografico si ĆØ aggiunta una ricomposizione interna di tale fetta di popolazione: si ĆØ ridotta la componente attiva di chi ha un lavoro e lo cerca (-831mila per un decremento del 3,3%) e, di contro, ĆØ aumentato il numero di quanti non cercano lavoro o sono scoraggiati a farlo (+194mila, per un incremento delā1,5%). Si tratta di un dato importante, che certifica un fenomeno piĆ¹ generale di allontanamento dal lavoro, prodotto da cause diverseā dicono i Consulenti del lavoro- tra cui ilĀ rifiuto di lavori a bassa remunerazione, laĀ crescita di forme di lavoro irregolare, lāaumento del numero dei percettori di sussidi pubblici avvenuta durante la pandemiaĀ o, piĆ¹ semplicemente, una revisione delle prioritĆ di vita nel dopo pandemia, che ha portato ad una visione diversa del lavoro nella vita delle personeā.
Mismatch tra domanda e offerta
Ad essere chiamato in causa ĆØ anche loĀ storico mismatch esistente nel nostro Paese tra offerta e domanda di formazione, che secondo i Consulenti interviene nello spiegare la difficoltĆ di reperimento dei profili piĆ¹ specializzati. Secondo lāIndagine Unioncamere di previsione dei fabbisogni occupazionali e professionali a medio termine, a partire dal 2022, il mercato del lavoro italiano potrebbe avere bisogno in media ogni anno di circa 238mila laureati e 335mila diplomati secondari, corrispondenti allāincirca ai due terzi del fabbisogno occupazionale complessivo. A questi si aggiungerebbero circa 130mila diplomati delle scuole di formazione professionale.
āA tutti i livelli considerati, dallāuniversitario alla formazione professionale- evidenzia lāindagine della Fondazione Studi- la non adeguata programmazione dellāofferta formativa rischia, negli anni a venire, di creare criticitĆ rilevanti nei percorsi di crescita occupazionali nel Paese, soprattutto con riferimento ai profili che necessitano di una formazione specialistica, e che risultano anche quelli piĆ¹ difficilmente sostituibiliā.
– Agenzia DiRE –