Labitalia – ‘Franchising: motore di imprenditorialità’ è il titolo scelto per la prima assemblea pubblica di Assofranchising e nona conferenza nazionale del franchising, organizzata da Assofranchising in collaborazione con Confcommercio-Imprese per l’Italia e Indis-Unioncamere, che si è svolta nei giorni scorsi a Roma, presso il Centro Congressi Confcommercio e ha fatto il punto sullo stato attuale del franchising italiano.
Il presidente di Assofranchising, Graziano Fiorelli, ha sottolineato come il franchising “rappresenti un’opzione di avviamento all’impresa per vari profili tipologici, e specificamente: donne, giovani, ex manager, ex dipendenti che hanno voglia di avviare una attività in proprio ma, in mercati così competitivi, preferiscono farlo in condizioni di maggior sicurezza, con una struttura e una organizzazione, il franchisor appunto, che ti prende per mano e ti accompagna lungo tutto il percorso di formazione, di crescita e di gestione della attività” e come esso risulti essere “una vera e propria partnership fra il franchisor e il franchisee, una formula distributiva che consente anche al piccolo-medio operatore commerciale che vuole restare proprietario del suo punto vendita di agire efficacemente sul mercato, integrato in un sistema a rete che gli fornisce gli strumenti per poter operare in modo competitivo”.
Sulla stessa lunghezza d’onda, l’intervento di Francesco Rivolta, direttore generale di Confcommercio-Imprese per l’Italia: “Il franchising è un settore che nonostante la crisi ha tenuto, un comparto vitale e trainante della nostra economia che esporta il modello italiano di franchising. Sostenere e promuovere il franchising significa contribuire alla diffusione di un’idea manageriale e favorire la competitività delle imprese. Mettere i piccoli sistemi in rete significa poter competere in un mercato globale”.
Durante il suo intervento, il segretario generale di Assofranchising, Italo Bussoli, ha poi sottolineato come ”il franchising in Italia ha ancora amplissimi margini di crescita”. “In Francia e in Germania esso incide per il 14% e oltre sul totale del commercio, in Italia solo il 6,8%. Se poi guardiamo agli Stati Uniti, Paese di nascita del Franchising, scopriamo come la percentuale d’incidenza raggiunge il 38%”, ha ricordato.
E in un mercato con i principali parametri della crescita bloccati, o addirittura con segno negativo, il franchising ha saputo sostanzialmente tenere le posizioni nel difficile quinquennio 2009-2013, registrando anche particolari spunti positivi come per l’export dei format in franchising italiani, sia per numero di punti vendita, sia per numero di insegne franchisor. In Italia, infatti, il settore ha tenuto, e lo dimostra, evidenziando nel quinquennio 2009-2013, una serie di segni ‘più’: +5,5% il giro d’affari, +4,6% gli addetti occupati nei punti vendita, +14,2% il numero di franchisor (segno questo che, nonostante la crisi generalizzata, il franchising continua a generare nuove iniziative), sostanzialmente invariato il numero dei punti vendita.
Nel 2013 sono oltre 51.000 i punti vendita franchising in Italia e danno lavoro a più di 187.000 addetti che contribuiscono a un giro di affari di oltre 23 miliardi di euro. Il primato dei negozi in franchising spetta alla Lombardia con ben 8.509 punti vendita, seguita da Lazio, 6.208 e Piemonte 4.296; in quarta e quinta posizione rispettivamente Sicilia 4.284, e Campania 4.247, fanalino di coda la Valle d’Aosta con 144 negozi. E’ il settore dei servizi che attira più di tutti gli imprenditori del franchising con i suoi 24.349 punti vendita nel 2013 rappresentando il 47,6% del totale, seguito dal comparto dei negozi di articoli alla persona che nel 2013, rispetto all’anno precedente, si sono arricchiti di 300 punti vendita passando da 12.253 a 12.585.
Il 26% degli imprenditori franchising, i cosiddetti franchisee, hanno un‘età compresa tra i 25 e 35 anni, il 57% tra 36 e 45, e il 38% del totale dei punti vendita sono di imprenditrici donne. Solamente le agenzie immobiliari hanno comportato una perdita di fatturato di 119.973.800 euro, di 695 punti vendita in franchising e 1.823 addetti occupati. A seguito di questi dati, si evidenzia come senza tale eccezionale e specifica perdita concentrata in un solo settore, il giro d’affari avrebbe avuto un incremento di +1,6%, una ridotta perdita del numero di punti vendita (-0,8%) e un aumento degli addetti occupati (+1,1%).