Come è possibile sapere se un’idea può trasformarsi concretamente in un’impresa? Stefano Gangli (nella foto), direttore creativo dell’agenzia di comunicazione SignDesign, prova a dare una risposta – o meglio, più risposte – nel suo libro dal titolo Fare impresa è un lavoro creativo (Narcissus).
E l’autore, per offrire i suoi consigli all’autore, parte da uno sguardo dall’alto, che cerca di abbracciare il panorama italiano delle imprese: da aziende in crisi, a nuove realtà imprenditoriali, come le startup innovative, passando per il tessuto delle PMI e delle microimprese, sottolineando il ruolo che rivestono all’interno del Paese (e senza dimenticarsi di ricordare che spesso, purtroppo, si trovano nella condizione di essere le vittime del mercato che hanno contribuito a costruire).
“Fare l’imprenditore non vuol dire dirigere una grande industria”: è questo uno dei primi aspetti su cui Stefano vuole mettere l’accento, puntando i riflettori sulla differenza tra imprenditore e manager, e focalizzandosi sul primo. “L’imprenditore – scrive – è qualcuno che gestisce un’impresa e che, di solito, corrisponde anche allo stesso proprietario dell’azienda, se non proprio al fondatore. Parliamo di qualcuno che gestisce un patrimonio che è suo e per il quale a volte arriva a penalizzare anche il proprio utile pur di mantenere solida l’impresa che glielo procura”. Dedizione e fedeltà alla propria impresa, quindi: il primo dipendente di un imprenditore, infatti, è proprio la sua creatura, l’azienda stessa, alla quale, successivamente, andranno ad aggiungersi altri dipendenti, le risorse umane.
Crisi o alibi? – L’autore, proseguendo nel viaggio e indagando cosa significa possedere e sviluppare un’idea imprenditoriale – in modo totalmente onesto, senza scadere in trucchi per scavalcare alcuni obblighi fiscali –, non può lasciare in un angolo l’argomento “crisi”, che rimbalza giornalmente sui media e che, secondo Stefano, rappresenta un concetto spesso (ma non sempre) adottato come alibi da diverse aziende. Ed è qui che introduce la tematica di “mercato nuovo” (“non migliore – afferma – ma nuovo”): sfruttare le opportunità della rete, dei nuovi media, della tecnologia può rappresentare, ad esempio, un valore aggiunto, che deve essere colto e potenziato, per avere la possibilità di aprire nuove strade e di esplorare anche nuovi mercati.
La creatività prima di tutto – E in che modo questo percorso può essere possibile, nel migliore modo? Una delle modalità sembra essere legata al concetto chiave di prendere in considerazione l’importanza della creatività: “Non è forse un creativo quell’imprenditore che intuisce, sviluppa e investe sull’innovazione della propria impresa? E non è creativo quello che affina un’idea a tal punto da renderla un’occasione imprenditoriale?”. La creatività, però, da sola, non basta e per dare forma e corpo a un’idea, a un progetto, è necessario che questa venga messa alla prova, senza risparmiarsi: deve attraversare un processo, un crash-test capace di provarne la validità, mettendo in evidenza le sue caratteristiche funzionali.
8 mosse vincenti – L’autore, dopo aver chiarito gli ingredienti fondamentali che contraddistinguono una buona idea, offre al lettore anche una serie di spunti e consigli, che riassume in otto mosse e che riguardano l’importanza degli investimenti (e del saperli cercare e chiedere alle persine giuste), della comunicazione e del saper rivestire il ruolo di spettatori della propria idea, cercando di prendere in considerazione anche gli aspetti psicologici del proprio target di riferimento. Inoltre, Stefano spiega come la tendenza a replicare la stessa idea da un settore di mercato a un altro può rappresentare un fallimento annunciato e una via da evitare. Infine, lo sguardo viene puntato sulla dinamica del tempo e sul suo valore: cercare di capire come e in quali aspetti investirlo, è un’operazione complessa, che richiede una visione strategica e che, se viene a mancare, può portare a dei rischi da non sottovalutare.
Come non è da sottovalutare il suggerimento che si infila nelle ultime pagine del libro: “Diventare imprenditori è un lavoro da professionisti, qualsiasi sia l’idea che stiamo trasformando in un’impresa”.