Si dice che la differenza tra Instagram e Facebook sia nel messaggio, nell’obiettivo. ‘I wanna be’ contro ‘I wanna see’. Ovvero: come ‘vorrei essere’ contro quello che ‘vorrei vedere’. Ed è tutta qui la differenza tra il disinnamoramento di molti utenti per la prima creatura di Mark Zuckerberg e il predominante successo dell’applicazione d’immagini, che oggi conta 200 milioni di utenti.
“Non si tratta solo d’immagini, ma di fotografie con didascalie che danno il senso allo scatto. Non è un’applicazione per professionisti, ma per tutti”. A dirlo Orazio Spoto che è docente di Instagram communication all’interno di corsi on line e di progetti formativi, ma soprattutto è segretario dell’associazione Instagramers e founder della community di Milano. Ecco cosa ci ha raccontato a proposito del ‘fare business’ attraverso un’applicazione, apparentemente nata solo per il divertimento e il tempo libero.
Cos’è Igersitalia – Instagrammers Italia è la community del nostro Paese per gli appassionati di Instagram. Fa parte della rete mondiale di Instagramers, fondata da Philippe Gonzalez nel gennaio 2011 a Madrid, che oggi conta circa 300 gruppi. In Italia il network è nato un anno fa come associazione senza scopo di lucro, finalizzata alla conoscenza e diffusione di Instagram e della mobile photography attraverso eventi e challenge. In particolare vengono organizzate più attività possibili sul territorio attraverso incontri fotografici di gruppo (instameet e instawalk) allo scopo di “migliorare costantemente il livello e la qualità delle foto condivise”, come ci racconta Orazio Spoto. “Tutto questo per creare una vera community, di persone che si conoscono off line”.
La rete degli Instagrammer più influenti – Ma come si entra in questa community? “Si può iniziare intanto – mi spiega Spoto – seguendo il nostro account su Instagram (@igersitalia) e poi mettendo alle proprie immagini l’hashtag di riferimento, rispetto al luogo dove ci si trova. Come per esempio @igersmilano e tanti altri”. La community monitora i ‘migliori utenti’ sulla piazza, non tanto in base a quanti follower hanno, quanto alla qualità dello scatto e alla pertinenza. Insomma, esiste un “database” in cui sono raccolti gli utenti che meglio parlano e raccontano di cibo, vestiti e viaggi, per esempio. “Poi – continua Spoto – succede che diverse aziende ci contattano per promuovere un progetto o organizzare meeting con gli ‘influencer’ più forti di Instagram e noi contattiamo i profili più idonei”.
Può capitare allora che il museo più importante di una città resti aperto di notte per ospitare solo Instagrammer, unici autorizzati a scattare immagini ai quadri altrimenti protetti da una stretta security. Oppure può capitare che l’ente del turismo olandese inviti 15 utenti italiani nel proprio paese per una vacanza, in modo tale che gli Instagrammer italiani possano raccogliere le migliori cartoline digitali di quel paese per poi postarle nel loro profilo.
“E’ un mondo ancora nuovo, che diverse aziende stanno scoprendo solo ora. Adesso si capisce quanto conta la ‘voce’ degli utenti della rete, quanto conta il passaparola on-line. Sono sempre più i brand che vogliono farsi pubblicità in questo modo”.
Gli imprenditori del futuro studiano Instagram – Non è un caso quindi che Spoto sia stato chiamato dalla European School of Economics (Ese) di Milano per un evento dal titolo ‘#Dramstagram Day’, l’8 aprile scorso in concomitanza con il Fuori Salone, in cui si è parlato di Social Media, Instagram, Marketing, Moda, Innovazione e Tecnologie Indossabili. “Gli studenti, imprenditori, responsabili marketing e commerciale, ma anche i designer del domani, sono sempre più curiosi di capire le dinamiche di un’applicazione che permette di avere successo e quindi fare business”.
Per saperne di più – www.uniese.it, about.me/oraziospoto
Fare business e lavorare con Instagram: oggi si può
La pubblicità punta sul passaparola online e la Rete si organizza in community di mobile photography.
articolo precedente