Con la sentenza n. 12884 del 9 giugno 2014, la Corte di Cassazione ha affermato il principio secondo cui la mancanza dei titoli professionali necessari per l’esercizio di una professione, non integra giusta causa di licenziamento del lavoratore che ricopra il relativo ruolo, qualora questi non abbia falsamente attestato il possesso dei requisiti richiesti.
La pronuncia della Suprema Corte trae origine dall’impugnazione della sentenza della Corte d’Appello di Torino, che aveva confermato quanto stabilito dal Tribunale in accoglimento delle domanda avanzata dalla ricorrente, volta ad ottenere la declaratoria di illegittimità del licenziamento per giusta causa intimato dalla datrice di lavoro, una casa di cura privata.
In estrema sintesi, la lavoratrice veniva licenziata per i seguenti motivi: (i) in primis la mancanza del titolo di infermiera professionale per lo svolgimento delle mansioni di capo sala; (ii) errori nella compilazione e nel controllo del registro di carico e scarico medicinali; (iii) conflitto di interessi a causa del ruolo di dipendente della casa a di cura e di consigliere di amministrazione di una cooperativa che operava per la casa di cura stessa.
La Corte territoriale incentrava la disamina della vicenda sul primo dei motivi indicati, essendo gli altri due ictu oculi privi di rilevanza. Ed infatti, con riferimento al secondo motivo, la responsabilità in ordine all’esatta compilazione e tenuta del registro competeva al dirigente medico e al direttore sanitario e non alla lavoratrice licenziata; con riferimento al terzo motivo si trattava di carica onoraria.
Relativamente al primo motivo di licenziamento, la società aveva contestato alla lavoratrice di non essere in possesso dei titoli necessari per lo svolgimento delle mansioni di capo sala di reparto non pediatrico della casa di cura, per cui era richiesto il titolo di infermiera professionale. La dipendente era, infatti, in possesso del titolo di vigilatrice di infanzia, idoneo allo svolgimento del ruolo di capo sala unicamente in un reparto pediatrico.
Sotto tale profilo la Corte ha rilevato che nessun illecito poteva essere imputato alla lavoratrice in quanto, pur in assenza del diploma di infermiera professionale, l’assunzione come caposala e il successivo svolgimento delle sole mansioni amministrative connesse a tale qualifica, non era circostanza tale da integrare giusta causa di licenziamento in assenza di false attestazioni della lavoratrice circa il possesso dei titoli professionali ed anzi in presenza dell’esatta conoscenza dei fatti da parte del datore di lavoro, fin da epoca anteriore all’assunzione.
Avverso la sentenza della Corte d’Appello, la casa di cura proponeva ricorso per cassazione lamentando la violazione dell’articolo 137 del regio decreto n. 1265 del 1934, normativa che prescrive, per l’assunzione dell’incarico di caposala, di essere in possesso del diploma di infermiera professionale. Sulla base di ciò, emergendo dunque una differenza rispetto al titolo richiesto e quello di vigilatrice d’infanzia posseduto dalla lavoratrice, limitato all’assistenza dei soli minori, il datore di lavoro lamentava che la Corte d’Appello non avesse adeguatamente valutato la gravità della circostanza in esame.
La casa di cura eccepiva altresì che il colpevole o doloso esercizio della mansione di caposala – con la consapevolezza di non possedere il titolo – costituiva di per sé un illecito, rilevando che la legge, allorché sanziona l’esercizio abusivo di una professione, non richiede affatto né la spendita dell’abilitazione, né il verificarsi di un danno, ma soltanto il mero esercizio dell’attività in mancanza dei categorici requisiti di legge. La Corte di Cassazione, confermando quanto statuito nei precedenti gradi di giudizio, affermava l’infondatezza dei predetti rilievi, dichiarando, in primis, che la dipendente avesse ricoperto il ruolo di capo sala solo svolgendo mansioni di tipo amministrativo e non infermieristico.
La Suprema Corte, dunque, non riteneva censurabile quanto affermato dalla Corte d’Appello, secondo cui non sussisteva alcun illecito nei confronti del datore di lavoro, atteso che l’assunzione come capo sala e lo svolgimento delle sole mansioni amministrative protrattosi per sei anni, nonché l’assenza di false attestazioni ed anzi la conoscenza da parte del datore di lavoro dei titoli professionali posseduti, sono circostanze tali da escludere la sussistenza di un fatto idoneo a giustificare il licenziamento. Alla luce di ciò, veniva dunque confermata l’illegittimità del licenziamento intimato alla lavoratrice.