Il seguente post è scritto da Joscelin Cooper, una consulente e scrittrice che sarebbe felice di lavorare con aziende che hanno prospettive e atteggiamento sano verso l’equilibrio tra lavoro/vita. Spende molto del suo tempo a fare climbing e all’aria aperta.
Recentemente ho avuto un colloquio con una grande compagnia tecnologica globale. L’intervistatrice ha sentito la necessità di dirmi che mi dovevo aspettare di lavorare minimo 55-60 ore a settimana. Lei non voleva incoraggiare nessuna assunzione di 40 ore a settimana.
Non avevo nessuna presunzione che esistesse una settimana del genere. Abbiamo scherzato dell’inesistenza di un “unicorno professionale” cioè consapevole del fatto che difficilmente la settimana dura 40 ore lavorative nel mondo del lavoro del settore IT. E abbiamo riso sulle persone che pretendono di lasciare il lavoro dopo una giornata di sole 8 ore.
Poco tempo fa mi è stato offerto di lavorare a stretto contatto con l’ufficio del CEO (l’amministratore delegato, ndr) per una società tecnologica di altissimo profilo. Parlando con i collaboratori del CEO, mi ha colpito il tono di riverenza e di sincera ammirazione che provavano per i loro leader e il loro status “reperibilità continua a qualsiasi ora”. L’Assistente dell’amministratore delegato ha ammesso timidamente che non immagina nessun altro modo di essere se non a disposizione completa del capo per ogni evenienza professionale. Invece il Capo dello staff ha allegramente raccontato di come avesse cominciato ad apprezzare il pendolarismo di oltre due ore che lo portava spesso a tornare a casa a tarda sera.
Qualsiasi discussione sull’equilibrio tra lavoro e vita personale è stata trattata come qualcosa di inesistente. Crogiolarsi nelle grazie del CEO, a quanto pare è valsa la pena, per un incessante e continuo sacrificio della vita personale. Si potrebbe pensare che “55 ore, non siano nulla”. E che non sei l’unica. Anche io ho lavorato per 70 ore a settimana e mi sono svegliata nel cuore della notte per seguire il lancio di prodotti internazionali o partecipare a incontri con colleghi oltreoceano. Non mi sentivo pressata dalle lunghe ore, perché il ritmo frenetico mi manteneva sempre attiva.
Le maratone lavorative di molte ore fanno parte del DNA della Silicon Valley. L’azione, l’eccitazione, e l’intensità della cultura delle start-up ma soprattutto la gran parte delle novità tecnologiche, mi attira e attirano anche molti altri in questo settore. Il problema è che questa tipologia di lavoro favorisce i giovani, soprattutto uomini, a svantaggio delle donne ambiziose e che magari vogliono anche i figli.
Un recente articolo, Judith Warner sul Magazine del New York Times ha intervistato diverse donne, ex dirigenti, che una decina di anni fa scelsero di diventare madri a tempo pieno, nonostante la loro professionalità fosse altamente richiesta in quel periodo. Dall’articolo di Warner si possono trarre qualche conclusione: il punto centrale è che ancora ci si dibatte sul 1% o 2% di donne che hanno la possibilità di non lavorare. Quando in realtà la maggior parte delle donne, anche di classe medio-alte, ben istruite, non possono permettersi di non lavorare. Inoltre Warner afferma che donne e uomini vogliono un impegnativo e appagante lavoro, ma anche cercare di bilanciare un’identità professionale con gli impegni personali, le loro relazioni e i bambini. Donne e uomini inoltre devono affrontare le loro differenze sul lavoro, che spesso portano a iniquità professionali e riuscire a raggiungere un livello di flessibilità nella loro vita lavorativa.
Silicon Valley ama sventolare i manifesti del pensiero delle donne pseudo-femministe, che guardano dall’alto sprezzanti e suscitano elogio per la loro scelta di dedicarsi completamente al lavoro. La nomina di Marissa Mayer come CEO di Yahoo mentre era incinta di sei mesi era stato annunciato come un segnale di progresso del post-femminismo, mentre la sua scelta di tornare al lavoro dopo due settimane dal parto è stata duramente criticata. Invece di Sheryl Sandberg (attualmente direttore operativo di Facebook) si è ammirato e si è deriso per il suo incitare le donne a farsi avanti nel mondo del lavoro con il libro “Lean In”.
Entrambe le donne hanno indiscutibilmente favorito il progresso per la parità delle donne nella leadership aziendale e non solo. Ma la loro capacità di persuasione e di voce in capitolo deriva dallo standard sociale sovraumano e irraggiungibile che sono riuscite a costruirsi. Hanno raggiunto una fusione perfetta tra lavoro e identità personali perchè possono permettersi il lusso dell’assistenza all’infanzia per i loro figlio, hanno facoltosi coniugi e conoscenze. Insomma, vantaggi non disponibili per la maggior parte delle donne.
Katherine Losse, ex dipendente di Facebook e scrittrice, ha dato una delle risposte più provocatorie al libro di Sandberg – Non si dovrebbe spiegare alle donne come avere tutto, ma rispondere alle persone che chiedono, perchè abbiamo creato una società dove il lavoro e diventato una religione e la vita privata qualcosa di “spremuto” cioè oppresso e vissuto con il conta gocce?
Mi identifico nella filosofia di lavoro della Silicon Valley e allo stesso tempo sono colpevole sia perchè vivo questa realtà e perchè poi ipocritamente la elevo per rendermi più importante, informale, irriverente, unica e dirompente nel modo di lavorare rispetto agli altri settori o parti del paese.
La verità è che il sessismo, la gerarchia, e i costumi sociali radicati, prevalgono qui come altrove. Solo che qua sono vestiti di T-shirt e scarpe da ginnastica costose, e le differenze si attenuano momentaneamente quando si gioca a Guitar Hero nella Break room.
Per essere veramente “innovativi ”, le donne (e gli uomini) in Valley dovrebbero fare un passo alla volta per disintossicarsi dalla dipendenza dal lavoro. Non fissare appuntamenti dopo le 18.00, limitare il lavoro serale a 20 minuti per il controllo delle e-mail dopo la cena. Fare una passeggiata a pranzo. Sostenere politiche aziendali più flessibili sul lavoro a distanza, o per il lavoro part-time. Smettere di cercare di avere tutto.
La cultura lavorativa sarà modificata soltanto quando un gruppo consistente di persone prenderanno posizione, per dimostrare che si può essere votati alla carriera, ma allo stesso tempo avere una sostanziale e ricca vita privata che è divisa dall’ambiente dell’ufficio.
di Joscelin Cooper, pubblicato su Forbes.uk
Traduzione a cura di Hu Yu Li
Ecco perché la filosofia del lavoro della Silicon Valley ci sta uccidendo
Un articolo di Joscelin Cooper pubblicato su Forbes che stronca il mito della carriera a tutti costi e punta il dito sul modello sessista dell’organizzazione del lavoro delle aziende digital.
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