LabItalia – Italiane di nascita ma internazionali per passione; piccole ma con tanta voglia di crescere; pronte a scommettere sul futuro anche mettendo mano al portafoglio. Sono alcune delle caratteristiche delle oltre 3mila start up innovative italiane che emergono dall’indagine promossa da Unioncamere e ministero del Lavoro e realizzata da Swg. L’analisi descrive un microcosmo giovane, dinamico, che rischia in proprio. Tre su 4, infatti, hanno la ferma intenzione di accrescere il proprio personale nel corso del 2015. Lo cercano, però, di profilo altamente qualificato, prevalentemente con formazione ingegneristica e scientifica, e già sanno che, in 6 casi su 10, avranno enormi difficoltà a trovare la persona giusta.
Per continuare a stare sul mercato e svilupparsi sono consapevoli di non poter smettere di innovare: l’88% delle start up ha già deciso di mettere in campo nuovi investimenti entro la fine del 2015, essenzialmente per la realizzazione di nuovi prodotti o servizi a elevato contenuto tecnologico. Ma per portare a compimento questa intenzione hanno bisogno di denaro.
E questo rappresenta senza dubbio uno scoglio per la gran parte di queste imprese, che già al loro avvio hanno segnalato, tra le principali difficoltà incontrate, proprio la mancanza di capitale necessario (35%) e la difficoltà di ottenere credito dalle banche (31%), oltre, però, a una eccessiva lentezza e complessità delle procedure amministrative (42%). Quindi, fra quelle che, superata la fase di avvio, intendono investire in nuovi e funzionali prodotti e servizi per reggere le richieste del mercato, 4 su 10 hanno già deciso di avvalersi di risorse proprie, circa un terzo invece confida prevalentemente nei finanziamenti pubblici, il 27% nell’ingresso nel proprio capitale di business angel o società di venture capital, un altro 26% punta sui prestiti bancari e il 24% è pronto ad aprire l’impresa a nuovi soci. Solo il 14% invece proverebbe a farsi finanziare da altre ‘persone’ attraverso un sistema di crowdfounding.
Questo accade anche perché si tratta di iniziative imprenditoriali per le quali non c’è certo bisogno di grandi capitali, quantomeno in fase di avvio: 6 su 10 hanno dato vita alla propria idea di impresa avvalendosi di un finanziamento iniziale di massimo 50mila euro e nel 2014 il 40% ha fatturato 25mila euro, il 15% 26-50mila euro e un ulteriore 25% tra i 51 e i 250mila euro. Ciononostante, l’orizzonte di riferimento commerciale delle startup innovative risulta relativamente ampio. Il 23% è attivo principalmente sul mercato internazionale (si sfiora però un terzo del totale nel caso delle start-up manifatturiere) e il 34% su tutto il territorio nazionale, mentre, all’opposto, appare contenuta (30%) la quota delle start-up che si muovono soprattutto sul mercato ‘di prossimità’ (provinciale o regionale).
Pur riconoscendo il permanere di difficoltà oggettive nel sistema economico italiano, le start up continuano quindi a rappresentare un importante elemento di innovazione e a possedere un significativo potenziale occupazionale, che, per essere pienamente sfruttato, ha però bisogno di un accesso più diretto ed efficace alle leve finanziarie (pubbliche e private) necessarie per consentire il salto di qualità e la loro stabilizzazione sul mercato.