Il contratto di ricollocazione come nuovo istituto giuridico per affrontare la crisi occupazionale: a lanciarlo attraverso la proposta di un progetto sperimentale è stata la Regione Lombardia e sull’argomento esiste già un bozza di disegno di legge in fase di discussione e perfezionamento su cui il 10 ottobre scorso il Senato ha impegnato il Governo con un ordine del giorno a firma di senatori di Scelta Civica, Partito Democratico e anche di Südtiroler Volkspartei.
Lo strumento è stato ideato al fine di coniugare il trattamento di disoccupazione o di mobilità con un servizio di assistenza intensiva nella ricerca della nuova occupazione. Il contratto verrebbe, infatti, stipulato tra la persona in cerca di impiego e una delle agenzie fornitrici di servizi nel mercato del lavoro accreditate dalla Regione. Sarebbe poi la Regione a finanziare il costo del servizio di outplacement, che risulta così gratuito per il cittadino, mettendo a disposizione dei cosiddetti voucher.
Ma come funzionerebbe esattamente il contratto? Nel momento della stipula il soggetto interessato verrebbe affiancato da un tutor di agenzia che avrebbe il compito di assisterlo nella ricerca di una nuova occupazione il più possibile vicina alle sue capacità e alle sue esigenze. Il tutor controllerebbe però anche la disponibilità effettiva della persona nel processo di ricollocazione riservandosi di segnalare rifiuti ingiustificati di un’iniziativa o di un posto di lavoro. La contestazione comporterebbe prima il dimezzamento poi l’interruzione dell’indennità di disoccupazione. In questo modo si risolverebbe così anche il problema di chi prolunga senza reali motivazioni lo stato di disoccupazione.
Come incentivare invece il lavoro dell’agenzia? L’entità del voucher sarebbe differenziata al secondo del grado di collocabilità di ciascuna persona, anche al fine di non sfavorire i casi più difficili. Inoltre il voucher sarebbe articolato in una quota fissa e una quota riscattabile soltanto a placing avvenuto.
Al contratto di ricollocazione può partecipare anche l’impresa che ha licenziato il soggetto impegnandosi a pagare un trattamento complementare di disoccupazione. La stessa cosa vale per l’Amministrazione Pubblica che ha licenziato o non ha rinnovato un contratto e che potrebbe però impegnarsi nel versamento, attraverso l’Inps, del trattamento complementare.
Per quanto riguarda l’attivazione del progetto lo Stato si limiterebbe a mettere a disposizione delle Regioni la possibilità di sperimentarlo. Sarebbe poi una scelta dei singoli enti regionali attivarlo o meno attraverso una delibera di giunta e mettere a disposizione i voucher offrendo la possibilità ai disoccupati di stipulare il contratto.
Come spiegato dal senatore Pietro Ichino di Lista Civica attraverso le pagine del suo sito personale, le risorse a sostegno della sperimentazione si potrebbero reperire dal Fondo Sociale Europeo di cui l’Italia sfrutta solo il 40% dei contributi proprio per la mancanza di progetti che soddisfino i requisiti, o ancora dai fondi per lo Youth Guarantee, programma europeo dedicato all’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro.
Inoltre il contratto di ricollocazione si porrebbe quale strumento di politica attiva accanto a quelli di politica passiva offerti finora e costati allo stato, nel 2010, 20 miliardi di euro. Per finanziare il servizio sarebbero sufficienti risorse inferiori rispetto alla spesa affrontata finora. Si legge ancora infatti: “Tenere il lavoratori in Cassa integrazione per anni costa molto di più che inserirli nel giro di sei mesi nel grande flusso delle assunzioni considerando che nel 2012, in Italia, nonostante la crisi nera, sono stati stipulati un milione e mezzo di contratti di lavoro a tempo indeterminato”.