Anche in un contesto socio-economico come l’attuale, in Italia esiste una buona quantità di occasioni di lavoro inutilizzate. Veri e propri “giacimenti di lavoro” che sarebbero in grado di aumentare l’occupazione, ma che risultano inaccessibili se non attraverso le reti professionali, parentali o amicali. E così, alla carenza di competenze denunciata dalle imprese di diversi settori economici, si abbina un forte squilibrio fra domanda e offerta di istruzione.
Lo ha spiegato Pietro Ichino, Senatore della Repubblica, docente ordinario di Diritto del Lavoro, avvocato e giornalista intervenendo all’incontro “Le nuove vite professionali nell’attuale contesto socio-economico” organizzato ieri sera a Torino da Randstad, secondo player al mondo nel mercato di servizi per le risorse umane, a cui hanno partecipato Marco Ceresa, Amministratore Delegato Randstad Italia, Fabio Costantini, Chief Operations Officer HR Solutions Randstad Italia, e Gabriella Lusvarghi, Senior Advisor Outplacement Randstad Italia.
Se in Svezia il 40% degli adolescenti dichiara di prevedere un lavoro contenente attività manuale, in Italia dà la stessa risposta solo il 5%, anche se tra i 117mila profili scoperti richiesti dalle aziende italiane in tutti i settori (Rapporto Excelsior, 2011) dominano in particolare le attività manuali. Nel nostro Paese, inoltre, mancano all’appello 19.700 laureati in Ingegneria, 14.600 in Economia-statistica, 7.800 in medicina, 3.800 in Giurisprudenza, ma nel contempo si registra un surplus di 15.100 laureati in Scienze Politiche, 10.200 in lettere, 7.000 in Lingue, 4.400 in Psicologia.
Per trovare il lavoro che c’è (ma non si vede) – è la tesi di Pietro Ichino – è importante ridurre il gap tra domanda e offerta, migliorando l’orientamento scolastico e professionale, offrendo buoni servizi nel mercato del lavoro. A questo scopo è necessario garantire ai lavoratori una riqualificazione professionale in funzione delle carenze espresse dalle imprese, con una formazione mirata ai reali sbocchi professionali. Servono inoltre validi strumenti di Outplacement, per accompagnare i lavoratori in uscita dalle aziende nella ricerca di nuove opportunità professionali.
Il ruolo dell’Outplacement
“In un mercato del lavoro che a tutti gli effetti prevede l’avvio di una nuova stagione lavorativa, si possono individuare 4 diverse ‘stagioni professionali’, a cui corrispondono altrettante sfide – spiega Fabio Costantini, Chief Operations Officer HR Solutions Randstad Italia -. Il ciclo iniziale, dai 15 ai 30 anni, presenta la sfida dell’induction e del training alla carriera; il ciclo dello sviluppo, dai 30 ai 45 anni, lo sviluppo di carriera; il ciclo della raccolta/maturità, dai 45 ai 60 anni, la continuità di carriera; infine il ciclo della seniority dai 60 ai 75”.
Per ciascuna stagione professionale Randstad mette a disposizione un’offerta di servizi ad hoc che prevedono la centralità dell’individuo e l’attenzione per le organizzazioni delle aziende. E’ in tale ottica che Randstad propone il concetto delle quattro stagioni professionali a cui associa servizi sempre più complementari: dalla somministrazione all’orientamento di studenti e lavoratori, dalla Ricerca e Selezione all’Outplacement, dal Training alla consulenza per i processi Hr (Full Hrs), e così via.
“L’esperienza dell’Outplacement in particolare può portare ad un nuovo benessere organizzativo offrendo agli individui appartenenti al quarto ciclo professionale formazione e trasferimento di competenze – prosegue Costantini – Randstad offre per la transizione di carriera un ‘pacchetto’ di servizi che prevede consulenza, autovalutazione, riqualificazione e formazione, con il nuovo approccio dell’Outplacement.Net. Per tutti i candidati proponiamo anche interventi di Outplacement 2.0, l’approccio per gestire online la comunicazione personale e sviluppare autonomamente il proprio network sulla rete, insieme ad un’offerta di consulenze personalizzate e posizioni disponibili. Analizziamo le esigenze del mercato locale, offriamo un matching tra domanda e offerta, attiviamo piani di formazione e riqualificazione professionale”.
Downsizing o rightsizing
La risposta alla crisi messa in atto da molte organizzazioni in questi mesi è stata spesso limitata al ridimensionamento attraverso il downsizing, una leva che consente di recuperare margini nel breve ma che spesso fallisce i suoi intenti per la perdita di capitale umano con l’uscita delle migliori risorse e la demoralizzazione del personale rimasto in servizio.
“Il downsizing genera stress e depressione tra gli individui usciti dalle organizzazioni, sensi di colpa e bassa produttività tra quelli rimasti in servizio – conclude Fabio Costantini – Rischia di generare per le organizzazioni perdita di know how, di produttività e di innovazione, oltre ad un alto carico di lavoro per i sopravvissuti. In un contesto di forte crisi economica, le aziende devono optare per strategie e tattiche alla ricerca del rigthsizing, la giusta dimensione, avendo a supporto servizi e soluzioni adeguate che garantiscano benessere organizzativo, con un focus specifico sulle persone e sui loro cicli di vita professionali”.
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